Metti una domenica con … Uto Ughi al Festival di Collestrada

PERUGIA – Mica male: una domenica con il maestro Uto Ughi ad ascoltarlo parlare del suo ultimo disco, “Note d’Europa“, e anche del libro “Quel diavolo di un trillo” in cui racconta interessantissime cose della sua vita. L’occasione ce la dà domani, domenica 12 maggio, il Festival di Collestrada, diretto da Maurizio Mastrini. Uto Ughi sarà intervistato alle 5 del pomeriggio da Angelo Angelastro, già caporedattore del Tg1.
 

La copertina del disco: Note d’Europa

 
Il libro autobiografico: “Quel diavolo di un trillo”

In realtà Ughi è di casa in Umbria, a partire dal suo impegno a fianco di Laura Musella nel progetto “Omaggio all’Umbria“. Ce lo ricordiamo protagonista del sensazionale concerto, per la verità furono due, alla Piana di Castelluccio con migliaia di persone ad ascoltare le sue “Quattro stagioni” che intramezzava con lezioni sulle modalità interpretative che dava alla composizione di Vivaldi.

E poi alla Cascata delle Marmore, sempre per Omaggio all’Umbria, con un finale di concerto mozzafiato in cui le acque tornarono a scorrere fragorose dopo che il maestro… aveva messo dentro la custodia il prezioso Stradivari.

E ancora il primo maggio dello scorso anno a Cascia per un concerto assieme all’inseparabile Filarmonica di Roma dedicato alle popolazioni colpite dal sisma. Ricordo che lo intervistai proprio in quell’occasione per Gruppo Corriere.

Mi ha colpito molto sapere dei danni terribili a Cascia, Norcia e Castelluccio – mi confessò – Con questa terra ho un legame particolare. Oltre al progetto di Laura Musella, andavo in Umbria quando Alba Buitoni era presidente degli Amici della musica di Perugia. Una grande mecenate e scopritrice di talenti. Ha iniziato a invitarmi che avevo appena 16 anni”.

Gli chiesi anche dei tanti luoghi magici in cui aveva suonato in Umbria e se c’era un posto dove avrebbe voluto suonare. “L’Eremo delle carceri ad Assisi – mi disse senza esitare -, dove San Francesco predicava agli uccelli. Non potrebbe accogliere tanta gente ma ci sarebbe un’atmosfera unica. Suonerei Vivaldi che ha saputo trasportare gli echi della poesia della natura nelle sue composizioni”.

Ci fu anche la possibilità di parlare della sua infanzia da bambino prodigio che peraltro ritorna nel suo libro. “Si sentiva tanta musica in famiglia. Mio padre Bruno era avvocato e suonava il violino per diletto. Invitava – raccontò – sempre musicisti a casa. La domenica invece di guardare la tv ascoltavamo Beethoven e Schubert. Vengo da una famiglia per metà austriaca e a Vienna si sentiva suonare la musica da camera ovunque dalla mattina alla sera”.
Poi gli domandai della grande tradizione della liuteria italiana e delle diverse sonorità dei violini e del perché lo Stradivari è uno strumento così unico. “La grande scuola di liuteria di Cremona era formata da Amati, Stradivari e Guarneri: i loro strumenti avevano voci irripetibili per personalità e qualità. Lo Stradivari – spiegò Ughi – ha un timbro mediterraneo, chiaro, solare; Guarneri più brunito. Uno è più soprano, l’altro baritono; personalità di suono diverse che si sposano a seconda degli autori”.

E infine la domanda inevitabile: suonare Paganini è proprio così difficile? “Ha raggiunto un culmine di virtuosismo e di possibilità strumentali vertiginose che nessun altro autore prima aveva toccato. I Capricci hanno una cantabilità tale da far assumere allo strumento una voce umana. La difficoltà di Paganini non sta nell’eseguire la sequenza di note con la massima velocità, seppure oggi c’è questo pallino. La musica non è atletica leggera ma pensiero, sensibilità, vibrazione interiore: Paganini univa tutto questo”.

E Uto Ughi ce lo ha magistralmente restituito. Dunque, bentornato in Umbria, maestro.

Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.