Matterella anni 1960/1970: ricordi della tradizionale festa di San Giovanni

Dalle pagine di “Pane, zucchero e vino” del “nostro”  Carlo Favetti prendiamo queste pagine di memoria che ci riportano alle tradizioni della Valnerina degli anni Sessanta-Settanta e in particolare al clima che si respirava a Matterella in occasione della festa di San Giovanni Battista.
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Carlo Favetti, giornalista e storico

Per San Giovanni Battista, si andava alla chiesa di Matterella a lui dedicata. Ci si alzava presto, la messa don Mario la faceva alle 7,30 perché dopo faceva caldo e su quella salita era faticoso. Alle 7 ero già sveglio… Zia Maria mi faceva lavare il viso e le mani con l’ acqua odorosa che preparava la sera prima in una bacinella. La distribuiva poi a  tutti nel palazzo, alla Signora Ada e al marito Veterinario Stefano Rotili, poi a Lola, la quale diceva sempre che non aveva tempo per prepararla in quanto sempre al negozio.

Quella mattina, anche Euri, in pigiama, venne a prendere da noi l’acqua odorosa anche per il suo papà Felicino, prima di partire con l’autotreno per caricare a Brindisi. (L’acqua odorosa di San Giovanni e’ un arte prepararla). Zia Maria metteva a mollo, tante specie di erbe profumate: dai fiori del tiglio, all’erba spiga, l’erba di Santa Maria, il serpillo, le foglie di noce, qualche petalo di rosa, insomma tutto ciò che la natura offre come aromi profumati; quindi messo alla “serena”, (ossia fuori dalla finestra, in quanto, come sembrerebbe dai detti antichi, San Giovanni, nella sua notte, passa e la benedice. Questa e’ la tradizione, dalle nostre parti, da sempre dell’acqua odorosa di San Giovanni me lo ricordo bene fin da bambino).Tutti pronti alla volta di Matterella dove, per una volta l’anno i residenti dell’antico castello ritornavano nella loro chiesa. Don Mario come solito ci aveva caricato di tutto il materiale per la messa, così io Euri e Roberto Ridolfi, Giocondino, Giggi  portavamo chi il messale, chi la reliquia e la immancabile borsa di pelle assai cara al don. Ad attendere il nostro gruppetto che si avviava per la salita di piazza, Lola, mamma di Euri, sulla porta del negozio che ci dava caramelle e cioccolatini e immancabili le sue battute spiritose a don Mario:”me raccomanno don Ma’, arportali tutti sani e salvi sti figli”. E così giunti a Matterella alta ad attenderci i residenti che all’ epoca (anni 60/70) erano tanti. I Carocci Saturno, Goffredo, Chiarina Gilda, Gerolamo; Lina e Alpinolo Alpini, il figlio Mario; tutti i Ridolfi, con l’anziano Giuseppe, Franco, Ginetta, Giovanni, Luisa e Libero; la famiglia di Amici Iolanda, Luigina, Maria; i De Cesaris con Teresa, Moreno, Ivano, Francesco; poi zio Gerardo e zia Maria con i figli Paolo, Luisella, Evelina, Nello, Dino; Battistelli con la moglie; e in fine Rosinetta. La chiesa di San Giovanni già dalla mattina presto aveva spalancato le sue porte…. tutta pulita, tovaglia candida, fiori dappertutto. Libero che abitava proprio lì, aveva la precedenza nel servire la Messa quel giorno. Lina preparava la chiesa con tanto amore, già da  tre giorni prima. La ricorderò sempre, una donna piccola di statura ma di grande vitalità. Suonava la campanella della chiesa tirando la corda dalla finestra della sua cucina: era curioso veramente… il suo appartamento, era proprio sopra la chiesa. (Una struttura antichissima ricavata nel bastione della antica porta della rocca). Guardavo con ammirazione e curiosità quelle persone presenti tra i banchi, mi sembrava tutto fantastico, gente che io non vedevo quasi mai giu’ in paese. Loro stavano sempre su, scendevano solo quando dovevano fare la spesa da Lola o da Maria Argenti,  acquistare il cibo per gli animali da Baldino Lucidi al consorzio agrario a piazza Garibaldi. E così, rivedevo, questa volta il mitico Saturno senza il suo somaro, zio Gerardo senza la cavalluccia, personaggi che rimarranno  impressi nei miei ricordi…. lo sguardo mi andava sempre, devo ammetterlo, in quell’ angolo, dove sotto l’affresco del Battesimo di Gesu’ da parte di San Giovanni, era appoggiata una statua di San Sebastiano, il corpo era staccato dalla base…(seppi poi da Lina che la statua si ruppe durante una processione, quando erano  santesi, ancora ragazze, le sorelle Gina e Antoniuccia Argenti. La statua allora fu portata in questa chiesa dall’ allora parroco don Pietro Simoncelli e acquistata una nuova in legno…quella che si venera ancora oggi).  Al termine della messa alcuni presenti si scambiavano i saluti e il comparato con un mazzetto di fiori e erbe,  che si rinnovava l’anno successivo. Poi via  nelle case ad attendere la visita di don Mario che immancabilmente  andava da tutti o quasi. Si sentiva per i vicoletti la canzone di Gigliola Cinquetti che ricordo ancora molto bene:”Giuseppe in Pennsylvania cosa fai ritorna al paesello qui con noi, dove c’e’ la tua gente che ti aspetta, la ragazzina di tanti anni fa…Giuseppe in Pennsylvania cosa fai l’ America l’ hai vista tutta ormai, io ti prometto che se tu ritorni, la banda per un anno suonera’… E qui, colazioni a non finire, crostate, biscotti, pasticcini, Vermouth e Viparo,  naturalmente anche per noi che seguivano il don, il quale, dopo varie raccomandazioni, ci ammoniva seriamente:” mi raccomando, mangiate poco, siate educati e non fate gli scostumati”. Ma a seguito del don rimanevo solo e sempre io, mentre gli altri, più grandicelli,  si davano a gambe giu’ per a discesa… per raggiungere poi il paese e giocare a pallone dietro Santa Maria. Insomma il giro delle case di Matterella io e don Mario ce lo facevamo tutto fino a raggiungere l’ultima di casa, dove ci attendeva zio Gerardo e zia Maria. Ogni volta, la visita ai miei zii era ultima cosa, prima di scendere in paese, non per sminuire, ma era un privilegio: perché li, si mangiava bene… zia era una ottima cuoca, cucinava alla ‘casereccia’ e lui, il don, piaceva mangiare e bere genuino. Insomma qui la festa di San Giovanni terminava  sempre a baldoria, si mangiava, si rideva e scherzava: zio Gerardo  suonava all’ inizio l’ organetto a bocca e poi la fisarmonica, mentre don Mario cantava e ballava. A quella musica poi si radunavano tutti i residenti e la festa proseguiva fino a pomeriggio inoltrato sul terrazzo che si affacciava sulla gola del fiume Nera di fronte alla rocca di Precetto. Abbiamo tanto mangiato quel giorno, lui in particolare anche bevuto… quella volta, non si riusciva a ritrovare la strada per il ritorno… Giravamo i vicoli, siamo passati sotto l’arco diverse volte: io camminavo avanti a lui con la borsa di pelle carica tra salsicce, formaggio e un mezzo pollo arrosto, un fiasco di vino lo tenevo  dall’altra mano perché disse che era buono per dire messa; il don veniva dietro, appoggiato ad un  bastone sembrava un vescovo, da una mano pendeva  un legaccio di panno, dove dentro c’era tutto l’occorrente che si era portato la mattina per celebrare messa. Con la veste mezza tirata su, che si vedevano i calzini neri tenuti da elastici, andava soffiando, sbuffando e diceva:” no! no! ste faticate non si possono fare più… Basta, la prossima volta facciamo la messa e poi via”. (Ogni anno era la stessa storia, diceva sempre cosi e, poi non cambiava nulla… a lui piaceva molto questo…). Mi volto verso lui e aggiunse:”che guardi? Non ho forse ragione? dai tuoi zii non ci si va più, si mangia troppo”. Lo guardai di nuovo e, sottovoce gli risposi:” si si hai ragione, ma il prossimo anno sarà la stessa cosa… vedrai”. Infatti le lacrime del coccodrillo del don venivano sempre a galla ogni volta quando (come diceva lui) si andava in missione fuori parrocchia. E così anche la festa di San Giovanni alla Matterella, di quel lunedi 24 giugno del 1968 terminò con tarallucci e vino. E tante furono ancora le feste di San Giovanni Battista che la piccola comunità del Castello di Matterella celebrava; purtroppo con il passare degli anni, con sempre minor presenza di fedeli, in quanto gli anziani ci lasciavano ripetutamente e le giovani coppie si trasferirono o in paese per comodità, o per motivi di lavoro in città.
Carlo Favetti: Nato a Ferentillo, ho pubblicato saggi d'arte, volumi di storia e libri di poesie. Ho collaborato con il Corriere dell'Umbria dal 1998 al 2010 e poi con il Il Giornale dell'Umbria. Nel 1993 ho fondato l'associazione culturale Alberico I Cybo Malaspina.