PERUGIA – Maria Anna Stella colpirà lo spettatore al cuore prima, e alla mente poi, con “Terrae motus/Motus animae” rappresentazione teatrale curata dal CUT, Centro Universitario Teatrale di Perugia, diretto da Roberto Ruggeri. Dico ciò perché ho avuto modo di intervistare questa artista per Gruppo Corriere e ne ho ricevuto una forte impressione per la motivazione, la passione, la dedizione, la meticolosa ricerca personale, la consapevolezza piena di cosa ha messo in questa opera. Detto che l’appuntamento è per domenica 29 dicembre alle ore 21 alla sala Guelpa di Ponte Felcino, di quell’incontro ripropongo, ora, alcuni stralci per i lettori di Vivo Umbria affinché possano comprendere il valore della messinscena.
La premessa è quella maledetta mattina del 30 ottobre di tre anni fa, per un sesto senso, Maria Anna Stella era a Spoleto. C’era andata con sua madre per via di un paio di scosse che avevano avvertito due giorni prima a casa loro, a Norcia. Alle 7,40 di quel giorno che noi umbri non dimenticheremo, Maria Anna Stella e la madre dormivano. Un attimo dopo quel brusco risveglio, una certezza amara: “Norcia è venuta giù”.
Così Maria Stella ha preso l’auto e col cuore in gola e con pensieri neri si è diretta verso casa. Nel garage c’erano gli attrezzi sottosopra di suo padre, morto una anno prima. Già, un altro terremoto. Per fortuna Alma, la sua cagnetta, era sopravvissuta. Da quel giorno Stella ha cominciato a incontrare gente che stava facendo la conta di ciò che aveva già perso o temeva di perdere in futuro, spaventata, incerta e che viveva il suo stesso dramma. Ha raccolto interviste, ha fatto ricerche, ascoltato e memorizzato le confessioni più intime. Lei è diplomata in tecniche teatrali performative e in scrittura scenica. Così il materiale audio e video più interessante lo ha utilizzato immediatamente per la realizzazione del documentario “Ora, un anno col terremoto”, prodotto da Rai Radio3 nel gennaio 2017 e andato in onda ad ottobre di quell’anno in cinque puntate all’interno della trasmissione radiofonica “Tre soldi”; tra l’altro il suo documentario è stato selezionato all’International feature conference di Praga. Però Stella da sei anni collabora con il Cut, il Centro universitario teatrale di Perugia, e l’esperienza umana e professionale si è quasi inevitabilmente tradotta in drammaturgia e ha generato, appunto, “Terrae Motus/Motus Animae” che ora riproporrà a Ponte Felcino, dopo essere stata presentata a Norcia e Scheggino a luglio, ad agosto a Cascia e a Nottoria sotto la quercia secolare di quel che resta del paese.
Questo spettacolo è un modo necessario o comunque utile per parlare di cosa e di chi?
“Certamente ho indagato dentro me stessa: attraverso le interviste che mettevo in fila una dietro l’altra sui terremoti degli altri, mi sono fatta coraggio e ho parlato anche del mio. E’ evidente però che parlare solo di se stessi non poteva funzionare, non era del resto l’intento che mi ero prefissa anche perché questo spettacolo vuole parlare a tutti, raggiungere chi ha vissuto altri tipi di terremoto: un lutto, la perdita del lavoro, i fallimenti personali”.
Difficile fare una sintesi delle tante cose, delle emozioni, delle paure, delle speranze che lei ha raccolto in tanti mesi di ascolto e di ricerca, in senso letterale, sul campo. Da dove ha iniziato?
“Decisiva è stata l’intuizione che ha avuto Ruggieri: intendere questo spettacolo come una confessione, meglio un insieme di confessioni dell’anima. Trarre dalle singole testimonianze gli aspetti più profondi, le reazioni imprevedibili, le riflessioni che possono nascere in seguito a uno sconvolgimento così forte, detonante, devastante. Cogliere e riuscire a esprimere quei segreti che fino ad allora non si era riusciti a cogliere o perlomeno ad esprimere”.
Una catena di confessioni …liberatorie, in un certo senso.
“Esatto e questo processo alla fine ha coinvolto anche me. Mi liberava progressivamente e, a mia volta, mi confessavo ”.
Nello spettacolo c’è indubbiamente la consapevolezza del dramma ma, pare di capire, anche una buona dose di ironia.
“Deriva dagli stessi racconti che talvolta rasentavano la follia; oppure da premonizioni a dir poco improbabili eppure nette e convincentt nelle parole dei miei interlocutori”.
Lei è da sola in scena: come riesce a dare voce a così tanti, possiamo definirli … personaggi?
“Incarno queste persone, peraltro alcune di loro non ci sono più, purtroppo, al punto che Roberto Ruggieri parla di una sorta di Spoon River Anthology in versi liberi, elaborate quasi in forma di epitaffio, di persone che conoscevo e mi consentono di entrare dentro di loro, fino a prenderne le pose, le intonazioni non in maniera macchiettistica ma profonda. Recito e canto”.
Nelle note di regia si fa riferimento a Dario Fo.
“Fatte le debite proporzioni, propongo un certo stile affabulatorio, ambito nel quale Fo è inarrivabile. Recito alternando momenti lirici e ironici utilizzando, questo sì, un ritmo incalzante in modo da non consentire allo spettatore di fermarsi su un’immagine ma di proporgliene subito un’altra. Replicando, figurativamente, ciò che avviene durante un terremoto, quando il cervello va per conto proprio”.
Che altro dire? L’ingresso alla sala Guelpa di Ponte Felcino è libero. Sarà tempo speso bene.