SANTA MARIA DEGLI ANGELI – Massimiliano Agati (batteria, percussioni e chitarra acustica), Alessandro Magnalasche (chitarra elettrica e acustica), Cesare Chiodo (chitarra acustica, basso, direzione musicale), Lapo Consortini (chitarra acustica e ideazioni sonore), Stefano Cerisoli (chitarra elettrica ed acustica) e Antonio Iammarino (tastiere, pianoforte). Una band di sei elementi accompagnerà Marco Masini nella data assisana del suo nuovo tour. L’appuntamento è per questa sera 27 novembre al teatro Lyrick di Santa Maria degli Angeli. Con Marco Masini parliamo oltre che del suo tour, della sua carriera trentennale e del ritorno ai concerti live dopo due anni di pandemia.
Sono già passati trent’anni da quando Marco Masini debuttò con l’album omonimo “Marco Masini”, 30 anni in cui è successo di tutto, persino l’annuncio del tuo ritiro dalle scene e quindi il ritorno. Con il senno di poi cosa non rifaresti e cosa invece ti ha gratificato di più e rifaresti volentieri?
“Io rifarei esattamente tutto quello che ho fatto: perché le cose si fanno sempre in due. Ci sei tu e la vita. Quando la vita ti offre le possibilità di o gioire, oppure affrontare momenti di grande difficoltà per rafforzarti, devi farlo. E quando arrivi a fare un bilancio dopo 30 anni capisci che tutto quello che hai fatto ti ha portato a vivere 30 anni di carriera ed essere ancora pronto a combattere”.
Il 16 novembre è partito il tuo nuovo tour per ricordare a tutti i successi che ti hanno visto emergere e affermarti. Riproponi i tuoi brani nelle versioni più fedeli all’originale o li rivisiti insieme alla tua band di sei elementi?
“Mah, le canzoni sono un po’ fotografie di un periodo storico, quindi quest’anno abbiamo deciso di non stravolgere completamente gli arrangiamenti. Abbiamo dato soltanto una sorta di omogeneità per riallineare le vecchie cose alle nuove, ma soltanto con un parametro di sonorità. Comunque le armonie, gli arrangiamenti vengono rispettati in pieno, perché credo che sia questo il momento di dare anche una sensazione di ritorno al passato, cercando di rendere ben nitida la fotografia di quel brano stesso”.
Le date di Milano, Roma, Torino, Firenze già sold out. Il tour sembra partito con il piede giusto. Sembra insomma che gli italiani non ti hanno dimenticato. Pensi che questo dipenda anche dal fatto che nel corso della tua carriera non hai mai usato mezzi termini e sei stato sempre molto esplicito?
“Penso che la carriera di qualsiasi artigiano dipenda dal sacrificio e dal lavoro. Io ho sempre creduto nel lavoro, ho sempre cercato di lavorare con impegno, dando una priorità massima al lavoro, sacrificando un po’ tutto il resto. E quando tu dai la priorità al lavoro, poi il lavoro ti premia e quindi ti dà anche un tipo di autonomia superiore, magari rispetto a chi il lavoro lo prende un po’ più sottogamba”.
Però c’è stato un periodo in cui hai reagito nettamente a tutto quello che ti si diceva dietro, a tutto quello che si favoleggiava sul tuo conto. Insomma hai dato anche una reazione forte. Forse questo è anche un ricordo positivo che ha il tuo pubblico di te…
“Mah, non ho reagito. Io ho fatto unicamente l’unica cosa che avessi potuto fare. Io ho dovuto interrompere un’attività, perché le condizioni per continuarla non c’erano. Quindi ho dovuto avvertire i miei sostenitori, per far loro capire quanto eravamo in difficoltà nel produrre ancora nuovi dischi e di conseguenza ho dovuto cessare un’attività. Finché le cose non si fossero in qualche maniera riassestate, non sarei stato in grado di continuarla l’attività. Io ho fatto soltanto questo”.
Ma hai anche sottolineato il fatto che eri abbastanza risentito perché impossibilitato a lavorare
“Beh, basta guardare i ristoratori che forse sono stati anche più incazzati di me, dopo le ultime vicende del Covid. Quando si cessa un’attività, ovviamente per un motivo o per un altro, penso che sia abbastanza normale sentirsi delusi o affranti”
Comunque la tua scrittura si è sempre caratterizzata per un mix tra l’essere espliciti, a volte duri e un senso quasi favolistico, un narrare storie tra i due opposti: durezza da un lato e amore e tenerezza dall’altro
“Perché questa è la realtà. La vita è fatta di spine e di rose. Quando si parla di spine dobbiamo essere appuntiti e taglienti e dobbiamo far male. Quando si parla di rose dobbiamo essere positivi e dobbiamo anche credere in quello che si racconta con grande entusiasmo e gioia. Credo che quando racconti la realtà, racconti tutti gli aspetti di questa vita che comunque ci fa evolvere, ci fa cambiare e ci fa, anche dagli errori, crescere”.
In questa fase di pandemia, come ti sente? Più verso le rose o più verso le spine?
“Il problema è che quando ti buchi con una spina, una carezza sembra un regalo meraviglioso della vita. Nel senso che quando passi dal dolore, poi qualsiasi momento di serenità sembra una gioia immensa. Siamo passati da due anni interminabili di grandi sofferenze e di distanziamento e di carenza di affetti e di abbracci. Poter ricominciare piano piano, step by step, con il lavoro e con lo stare insieme, io credo che sia già poter dare un senso positivo a questa nuova normalità che spero ritorni prima possibile”.
Ci sono dei punti fermi nella tua carriera: Giancarlo Bigazzi, Mario Ragni, Umberto Tozzi: quanto senti di dovere a loro?
“Beh, devo assolutamente quasi tutto, perché comunque i grandi progetti si sviluppano sempre con un gioco di squadra. Il raggiungimento di certi obiettivi, sono sempre cercati insieme. Devo innanzitutto a Giancarlo Bigazzi, perché mi ha insegnato a stare con gli altri, con i musicisti, con gli artisti. Mario Ragni ha creduto fortemente in me da un punto di vista musicale e artistico e ha addirittura condizionato un rinnovo di contratto con una casa discografica pur di avermi nel cast. Credo che siano personaggi, come Beppe Dati che assolutamente fanno parte del mio percorso e sono personaggi che non si possono dimenticare perché mi hanno dato la vita in tutti i sensi”.
Tornare finalmente a fare concerti live è anche un esito positivo rispetto a tutto quello che abbiamo vissuto in questi ultimi due anni, non credi?
“E’ un esito positivo, è uno step, un passo. Dico solamente cerchiamo di fare tutto ciò che si può fare per tornare alla normalità, credendo anche un po’ alla realtà, alla verità e non soltanto a un futuro distopico e catastrofista. Dobbiamo crederci e dobbiamo pensare che siamo sempre sopravvissuti a ogni tipo di incidente di percorso, quindi cerchiamo di sopravvivere anche a questo e mettiamocela tutta”.