PERUGIA – Un Paese quasi del tutto deindustrializzato che basa la sua economia sulle immense risorse petrolifere destinate soprattutto ai mercati dell’Est, un mercato interno costituito in gran parte da prodotti artigianali e commercio e una serie innumerevole di limitazioni alle libertà individuali e ai diritti umani. E’ questa l’ossatura della struttura sociale ed economica dell’autarchia islamico-sciita dell’Iran, un paese dalla forti complessità che regolano le relazioni tra individui costretti ad un volto pubblico conforme ai diktat del regime e uno privato molto più incline agli stili di vita occidentali. In questa dicotomia si è formato negli ultimi venti anni un fronte aperto al dissenso costituito nella sua strutturazione da due fattori fondamentali e maggiori indicatori di un possibile quanto vicino cambiamento: l’alta scolarizzazione della popolazione iraniana e la diffusione e l’uso delle nuove tecnologie. Questa ultime soprattutto rappresentano un indicatore importante di quanto il dissenso nei confronti del regime sia diffuso e di come il fronte democratico stia determinando le basi per il cambiamento. Le rivolte dopo le morti violente di Mahsa e le altre rappresentano in realtà solo la punta dell’iceberg di un malcontento diffuso ma sommerso che ispira un uso “underground” e clandestino della rete che attesta l’Iran come il nono paese al mondo con il maggior numero di ore individuali passate davanti ai dispositivi digitali, compresa la fruizione delle clandestine trasmissioni da antenne satellitari. In questo quadro l’incremento della corruzione, il disastrato andamento dell’economia con un livello di inflazione che supera il 50 per cento, il drastico aumento delle fasce povere della popolazione con circa 30 milioni di indigenti su una popolazione complessiva di 70 milioni, sembrano determinare la volontà di regime di infragilire l’articolazione sociale interna per meglio controllarla e influenzarne le adesioni alle rigide ritualità collettive dello sciismo. Una tradizione tramandata a forza in rotta di collisione con gli strati più giovani della popolazione maggioritari nella composizione demografica iraniana. E’ soprattutto grazie alla generazione dei nativi digitali, la generazione nata dopo la rivoluzione islamica e non implicata nella guerra contro l’Iraq, che l’Iran sta cambiando pelle, una generazione che grazie alla Rete si confronta con il mondo e ne assorbe i cambiamenti dalla rigida identità socio-culturale iraniana. E’ grazie a loro che Mahsa e le altre e le violenze del regime rimbalzano in tutto il pianeta. L’Aga, Associazione giornalismo attivo, ha raccolto l’appello nella speranza che un nuovo corso della società iraniana abbia finalmente inizio.