PERUGIA – Le iraniane non possono cantare, né ballare, né prendersi per mano con il proprio fidanzato. Possono studiare sì, ma non potranno mai aspirare ad un incarico di responsabilità. Gli iraniani e le iraniane amano la poesia, a Shiraz, al mausoleo dedicato ad Hafez, non è raro che al tramonto si trovino cittadini comuni che declamano le poesie del maggiore poeta persiano, in patria icona di rituali divinatori attraverso la recitazione dei suoi versi. Dopo la morte di Mahsa Amini il cuore degli iraniani e delle iraniane ha ricominciato a palpitare, a rivendicare diritti umani e civili, a rivendicare libertà. Le iraniane e gli iraniani sono oppressi e repressi, non sono ammessi mezzi termini: si rischia la vita solo se un hijab lascia intravvedere una porzione di capelli in più del consentito. Ma il malessere diffuso che è riecheggiato in tutto il mondo in questi ultimi due mesi, è solo la punta dell’iceberg di un disagio molto più profondo e ormai radicato in tutti gli strati sociali. Un malessere dovuto anche da una situazione economica drammatica, con un’inflazione che supera il 50 per cento e un Paese che sembra sprofondare nell’arretratezza. Le iraniane e gli iraniani sono giovani, l’età media non supera i 30 anni, e la generazione Z completamente deideologizzata rispetto alle precedenti, usa i social e le tecnologie più avanzate per relazionarsi e confrontarsi con il mondo, nonostante le censure e le limitazioni al Web del regime, che vengono regolarmente aggirate.
Di tutto questo e di molto altro si è parlato venerdì sera durante l’incontro-riflessione svolto a Palazzo Penna sui diritti violati in Iran dopo la morte di Mahsa Amini, la ragazza arrestata e morta dopo tre giorni di coma perché non indossava “correttamente” l’hijab. L’incontro svolto a Palazzo Penna ha visto una folta partecipazione di pubblico e ha rappresentato il momento di esordio dell’attività dell’Aga, Associazione giornalismo attivo, nata solo pochi mesi fa in Umbria con l’intento di promuovere la vita socio-culturale dei giornalisti e degli addetti alla comunicazione della nostra regione. All’evento dal titolo “Mahsa e le altre: vite appese ad un velo”, patrocinato dal Comune di Perugia, hanno preso parte quattro ragazzi iraniani che hanno portato la loro testimonianza diretta di un regime corrotto e violento, Mani Elyaderani, Shahin Ghodsi, Maryam Taherinasab e Shantia Mirfendereski, oltre all’assessore alla cultura Leonardo Varasano e all’assessore alle politiche sociali Edi Cicchi che hanno parlato di una meritoria opera di sensibilizzazione sul tema delle violenze da qualsiasi parte esse provengano.
A tracciare un sintetico ed efficace quadro storico-politico sull’Iran, ha pensato Damiano Greco, studioso di politiche internazionali e cooperazione allo sviluppo, mediatore europeo per l’Intercultura, dal titolo “Iran, oltre la sua storia” e a sottolineare il coraggio delle donne iraniane ha provveduto invece Simona Ambrosio dell’Associazione Margot associazione fondata dal Sindacato di Polizia che ha fornito il proprio patrocinio all’iniziativa di Aga. Un video composto di immagini in un ideale quanto contraddittorio ponte tra testimonianze archeologiche e l’attualità delle rivolte, con le suggestive musiche del Maestro Alessandro Deledda, è stato proiettato in apertura, mentre la serata si è conlclusa con il simbolico gesto del taglio di una ciocca di capelli da inviare all’Ambasciata iraniana a Roma e con un’apericena con piatti tipici iranniani. Oltre al già citato Maestro Deledda, i ringranziamanti dell’Aga si estendono a Stefano Tofi che ha curato la registrazione, la masterizzazione e l’amplificazione delle musiche.