Vi proponiamo l’interessante contributo del professore Giuseppe Croce, docente del Dipartimento di Economia Sapienza di Roma, pubblicato da Agenzia Umbria Ricerche, perché interessa da vicino l’Umbria. L’analisi si incentra infatti sull’attualità legata al sistema economico in rapporto alla pandemia e alle potenzialità attrattive che rappresentano i borghi di cui la nostra terra è davvero ricca, ma anche le nostre città capoluogo di provincia Perugia e Terni.
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Dov’è il futuro dell’Umbria, nelle sue città o nei suoi borghi?
di Giuseppe Croce*
Nei sistemi economici avanzati basati sulla conoscenza e l’innovazione le città sono il luogo di elezione della crescita. Oggi però la dimensione urbana è sotto assedio. Il Covid-19 ha colpito in modo asimmetrico città e aree rurali e ha cambiato i termini del confronto tra di esse.
Le città appaiono più fragili, meno ospitali e, d’altra parte, i borghi si propongono come alternativa non solo desiderabile ma, grazie allo smart working, al commercio online e alle tecnologie digitali, anche inaspettatamente agibile.
La costruzione del futuro post-Covid e le scelte che essa comporta non possono ignorare questa contrapposizione tra città e borghi. In Umbria e nel Centro Italia questo tema si pone con particolare forza per il peso storicamente importante delle aree non urbane al loro interno.
Non si tratta di un tema minore ma di una (della) questione chiave per la crescita economica dei prossimi anni. A costo di qualche semplificazione, la domanda è: dov’è il futuro dell’Umbria (e del Centro Italia), nelle sue città o nei suoi borghi?
I sistemi locali umbri tra aree interne e aree urbane
Per provare a rispondere consideriamo i Sistemi Locali del Lavoro (SLL) (definiti dall’Istat sulla base del Censimento del 2011, e aggiornati in base ai dati sulle Forze di Lavoro, serie storica 2006-19) dell’Umbria e del Centro Italia (Toscana, Marche, Lazio, Abruzzi). Suddividiamo i SLL in cinque classi dimensionali in base alla popolazione (le fasce definite dall’Istat: 0-10mila, 10-50mila, 50-100mila, 100-500mila, oltre 500mila) e quattro classi di densità (corrispondenti ai quartili della densità, residenti per chilometro quadrato, calcolati con riferimento a tutti i SLL italiani).
Abbiamo così venti possibili combinazioni di popolazione e densità, da quella tipicamente delle aree interne (scarsa popolazione-minima densità) a quella delle aree metropolitane (molta popolazione-alta densità) passando per diverse situazioni intermedie.
Come risulta dalla Tabella 1, per quanto riguarda la densità i 14 SLL umbri sono concentrati nelle classi bassa e medio-bassa. Solo Assisi, Foligno, Terni e Perugia presentano una densità medio-alta. La densità del SLL di Terni è simile a quella di Foligno e inferiore a quella di Assisi e di Perugia. Tuttavia, solo i sistemi di Perugia e Terni si collocano al di sopra dei 100mila residenti.
Tabella 1. I Sistemi Locali del Lavoro umbri
Se si guarda all’insieme dei SLL maggiori (oltre i 100mila residenti) del Centro, l’Umbria è l’unica regione a non avere SLL né nella fascia più alta di popolazione né nella classe a più alta densità. Da notare che, tra questi, i SLL più prossimi a quello di Terni, oltre a Perugia, sono quelli di Rieti e Viterbo caratterizzati da una densità medio-bassa.
Tabella 2. I Sistemi Locali del Lavoro maggiori del Centro Italia
Nel contesto del Centro Italia l’Umbria si caratterizza, quindi, per una minore presenza di aree urbane. Ciò è ancora più evidente se consideriamo la quota di popolazione regionale dei SLL con più di 100mila abitanti: Umbria e Marche mostrano le quote più basse, ma se si considerano i SLL con più di 75mila residenti le Marche fanno un balzo in avanti ed è l’Umbria a rimanere indietro.
Tabella 3. Quota di popolazione regionale residente nei SLL maggiori
Occupazione
Consideriamo ora il tasso di occupazione (definito in rapporto alla popolazione sopra i 15 anni, quindi sensibile alla quota di anziani), che misura la capacità dei sistemi territoriali di offrire opportunità di lavoro alla popolazione ivi residente, nel periodo dal 2006 al 2019.
I SLL maggiori mostrano per gran parte del periodo tassi di occupazione più alti dei SLL minori, tuttavia questo vantaggio scompare negli anni più recenti. Infatti il tasso di occupazione medio dei SLL maggiori è in sofferenza fino al 2014. Poi, negli anni di uscita dalla Grande Recessione mostra solo una debole e incompleta ripresa.
I SLL minori esprimono uno slancio più robusto nella fase di ripresa. All’interno dell’Umbria colpisce il divario molto ampio tra il SLL di Perugia e quello di Terni nel corso dell’intero periodo. Ampiezza e persistenza del divario segnalano un chiaro dualismo strutturale tra i sistemi dei due capoluoghi umbri, con il SLL di Perugia che probabilmente riesce ancora a trarre vantaggio dal ruolo di centro amministrativo e quello ternano in uno stato di grave depressione.
Il SLL di Perugia fa meglio non solo dell’insieme dei SLL umbri ma anche dei SLL maggiori di tutto il Centro Italia. Tuttavia l’occupazione nel sistema perugino ha subito una forte e prolungata contrazione. Il SLL di Terni fa peggio dei SLL umbri e perfino dei SLL minori del Centro Italia né mostra fino al 2019 alcuna significativa capacità di ripresa.
Tassi di occupazione (su popolazione sopra i 15 anni) – 2006-2019
Per concludere
Nel contesto delle regioni del Centro l’Umbria soffre uno scarso peso della dimensione urbana. La mancanza di coste evidentemente ha il suo peso e tende a caratterizzare l’Umbria come area interna non solo in termini fisici ma anche di modello prevalente di insediamento della popolazione. Questo quadro è solo parzialmente (e in misura decrescente nel tempo) migliorato dai buoni risultati occupazionali del Perugino mentre è appesantito dalle dinamiche occupazionali depresse del SLL di Terni.
La debolezza della componente urbana in Umbria è un elemento strutturale ancora non adeguatamente compreso. E tuttavia rappresenta probabilmente la principale chiave di lettura del deficit di crescita della nostra regione. Per il prossimo futuro, la ripresa dell’Umbria non può che passare attraverso il rafforzamento e la valorizzazione dei due principali centri urbani, riducendone l’isolamento e valorizzandone le capacità potenziali di “dar luogo” a opportunità di intense relazioni sociali ed economiche.
Le novità determinate dal Covid-19 hanno creato l’illusione che la configurazione a scarso peso urbano rappresenti un surplus e che quindi oggi debba essere assecondata. Ma la realtà è che non prendersi cura della resilienza e della vitalità delle città non può che accentuare lo scivolamento dell’Umbria verso un futuro da “grande area interna.
*Docente del Dipartimento di Economia Sapienza di Roma