Il numero della rivista specializzata “Artribune” dedica la prima notizia della sua pagina on line all’Ovo di Mirella Bentivoglio a Gubbio. Il critico d’arte e giornalista Ludovico Pratesi che nel titolo definisce l’opera “la prima scultura pubblica femminista in Italia“, ripercorre la storia dell’artista e del suo Ovo sviscerandone ampiamente i contenuti e contestualizzando la scultura nel periodo in cui è stata concepita e sottolineando la valenza sociale che un’opera d’arte può assumere per una intera comunità.
Ludovico Pratesi, curatore e critico d’arte, dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l’arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore Artistico di Spazio Taverna Dal 2009 al 2011 è stato curatore scientifico di palazzo Fabroni di Pistoia. Dal 2006 al 2010 è stato Presidente dell’AICA. Dal 2012 al 2015 è stato Vice Presidente dell’AMACI (Associazione Musei Arte Contemporanea Italiana). Dal 1995 al 2010 è stato Consigliere di Amministrazione per la Quadriennale d’Arte di Roma. Critico del quotidiano La Repubblica.
“Nel 1976 Mirella Bentivoglio partecipa alla Biennale di Gubbio – scrive Pratesi nell’articolo per Artribune – , invitata dal curatore Enrico Crispolti, e decide di presentare un’opera monumentale, collocata fuori dalle mura della città medievale, a pochi metri di distanza dalla Porta di Sant’Ubaldo, in un punto di passaggio della processione dei ceri. Si trattava in origine di una ‘struttura simbolica’ e ha preso la forma di un uovo ricoperto di pietre e alto 230 cm, che poteva contenere una persona in piedi, dedicata dall’artista all’adultera lapidata, incidendo questa scritta in una delle pietre di rivestimento, rivolta però verso l’internodell’opera, e quindi non visibile.Realizzata con pietre provenienti da una cava locale grazie alla collaborazione con maestranze eugubine, si tratta della prima scultura pubblica femminista in Italia, che Mirella ha voluto definire come un accordo di pace tra uomo e donna nel segno dell’uguaglianza. Amata fin dal primo momento dalla popolazione, che l’ha battezzata familiarmente Ovo, nel 2004 l’opera era crollata in un cumulo di pietre, ma la città ha voluto restaurarla e rimetterla al suo posto con una cerimonia presieduta dal Sindaco Filippo Maria Stirati insieme all’Assessore alla Cultura Giovanna Uccellani il 3 aprile, davanti a centinaia di persone che hanno salutato il ritorno dell’Ovo”.
E Pratesi sottolinea: “A differenza di quanto è accaduto troppo spesso in Italia, in questo caso l’artista si è posta in ascolto del territorio di Gubbio, accordandolo al suo lavoro, in un’operazione mimetica e al contempo simbolica, rendendo l’opera parte del paesaggio urbano, e quasi necessaria. La scelta della collocazione appare in questo senso puntuale, sottolineando lo status marginale e negativo della donna adultera, che veniva lapidata in epoca medievale in uno spazio non protetto e anonimo, fuori dalle mura cittadine (…). Così la città umbra – conclude il suo artico Ludovico Pratesi – ha ritrovato un’opera contemporanea che sentiva sua, entrata a far parte della topografia eugubina: un esempio sul quale anche le grandi metropoli dovrebbero riflettere”.
Qui l’invito del Comune di Gubbio per l’inaugurazione.
In copertina, una foto storica dell’Ovo innevato (ufficio stampa Comune di Guggio).
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