La nostra consueta riflessione della domenica parte stavolta dalla Francia. Da Parigi. Dal museo dei musei.
Anno 2018: il Louvre chiude con 10,2 milioni di visitatori. Anno 2019: 9,6 milioni. Anno 2020: 2,7 milioni di ingressi, il 72% in meno di pubblico rispetto all’anno precedente che tradotto in euro significa una perdita di oltre 90 milioni a fronte di un ristoro statale di 46. La consolazione sta nell’effetto on line grazie a una politica spinta di diversificazione dell’offerta digitale che nell’arco temporale di un anno ha fatto guadagnare al Louvre 1,02 milioni di follower per toccare quota 9,3 milioni complessivi, e ben 21 milioni di visite sul sito. Che però non hanno portato soldi immediati. Questo è un fronte aperto dalla crisi pandemica sulle cui macerie si sta costruendo una prospettiva potremmo dire globalmente interessante. Anche se la “condivisione” è risultata per certi versi forzata in questa fase e i numeri sono senza dubbio drogati.
Per il ministro Dario Franceschini è comunque la conferma che la sua ipotizzata piattaforma della cultura a pagamento stile Netlix potrebbe essere una via da percorrere se ben progettata e costruita: ovvero senza presumere che si possano togliere risorse a musei, mostre, spettacolo dal vivo, teatro, danza, lirica etc…etc… che anzi vanno incentivate e accresciute. E che i contenuti siano realmente attrattivi, diversificati, ben congeniati, affidati a chi sa progettare e fare.
Resta il fatto che i linguaggi della cultura evolvono. Hanno prerogative e logiche che meritano aperture verso la conoscenza e non chiusure preconcette, sterilmente elitarie. Il digitale è fra questi. E’ virtuale. Deve, sempre più, diventare virtuoso.