E’ abituata da una vita a dare tutta se stessa in scena e alla scena. Ora che il sipario è crollato d’un solo colpo, senza funi che potessero fermarne la caduta mortifera, Monica Guerritore mette tutta la forza che ha per tirarlo su. Soprattutto alla luce del nuovo decreto legge che conferma ciò che si era ampiamente intuito: teatri chiusi per tutto il mese di aprile. Con lei ci sono nomi importanti come Umberto Orsini e Alessio Boni, solo per citarne alcuni. Ma c’è bisogno di altre “braccia” perché lo sforzo è grande. Braccia di popolo. Guerritore vorrebbe fossimo tutti e non solo quelli che, Conte docet, “ci fanno tanto divertire”. Da qui la petizione “Estate a teatro, aiutateci a tornare tutti in scena“. Siccome non è la prima istanza che viene promossa per la cultura, abbiamo chiesto a Monica Guerritore di aiutarci a capire se questa può essere la volta buona.
“Il teatro dà occupazione a una media di 15/17 lavoratori fra attori e tecnici ad ogni spettacolo. Il dato di partenza è che noi dobbiamo tornare a operare per dare occupazione a queste figure professionali al posto dei ristori. E lo dobbiamo fare adesso, perché è ora che si formano le Compagnie”.
In che tempi e in quali spazi?
“Da questa estate e nei tantissimi anfiteatri greci e romani che ci sono sull’intero territorio nazionale e che possono accogilere rappresentazioni all’aperto in totale sicurezza”.
A chi chiedere?
“Se ogni Comune, se ogni Regione cede un po’ di sovranità e si crea una rete di teatri, si possono mettere a produrre tantissime Compagnie che quindi non avranno più bisogno dei soldi dello Stato… per stare a casa”.
Cosa dovrebbe fare lo Stato?
“Integrare l’incasso per compensare il produttore e il gestore del teatro delle perdite derivate dal contingentamento degli spazi e dalla macchina di sicurezza socio-sanitaria che va garantita. Uno spettacolo costa in condizioni normali, in questa fase almeno per un paio di anni non si potrà pensare di pareggiare le spese con i ricavi”.
La petizione parla anche di grande opportunità per il turismo culturale. In che modo?
“L’Italia è l’unico Paese al mondo ad avere una rete così diffusa di anfiteatri classici che possono anche fare da leva al turismo. Nella petizione parliamo di ‘Magico Tour del Dramma Antico’ spiegando che è veicolo privilegiato per il turismo culturale. Immaginiamo Apuleio, Sofocle, Euripide, Plauto messi in scena in tutta Italia: fiaccole, costumi semplici a vantaggio della forza dei testi e la bellezza dei luoghi. Saremo all’aperto, si rispetteranno le norme di sicurezza con il pubblico distanziato all’ingresso e in platea. Noi torneremo al lavoro e il pubblico sarà con noi, a scaldarsi il cuore dopo tanta solitudine e distanza”.
Che significa in concreto creare una rete?
“Più esattamente intendiamo una infrastruttura sociale. Quella che era l’Eti una volta, una rete nazionale dei teatri sul territorio. Questo consentirebbe di dare lavoro alle compagnie private, quindi alle imprese stabili di produzione che sono quelle che di fatto fanno il teatro e che tengono unita l’Italia, salvaguardano la stessa lingua italiana”.
La petizione già sta facendo il giro su Fb e chi vuole può entrare e firmare anche direttamente nel sito change.org. Quante firme occorrono?
“Quelle di tutto il pubblico che ha bisogno di teatro e ora può manifestare questa esigenza. Sta a quella che era la nostra platea darci la forza per portare avanti l’istanza in maniera credibile”.
I destinatari istituzionali?
“Il presidente Mattarella che è l’uomo che pochi giorni fa ha parlato di Città-Italia: cioè la rete culturale dei comuni. E in ogni comune c’è un teatro, sia d’estate che d’inverno. Solo in Italia esiste questa diffusa opportunità di coesione sociale. Poi, il presidente del Consiglio Draghi il quale ha detto che bisogna cambiare paradigma: cedere ciascuno un po’ di sovranità per creare un sistema fatto di forze produttive”.,
Il ministro Franceschini?
“Deve darci i teatri creando la rete di cui parlavamo prima e compensare gli incassi, là dove non ci sono, per un periodo limitato fino a quando non si tornerà alla normalità. Tutto attraverso la certificazione del foglio paga che attesta oggettivamente quante persone il produttore sta facendo lavorare”.
Il ristoro?
“Deve cessare. Perché il produttore prende i soldi e non ha incentivazioni a rimettersi a produrre spettacoli e, pertanto, dare e creare lavoro rimettendo in moto una filiera importante: trasportatori, tecnici, scenografi, costumisti e attori”.
Alcuni dei quali attori, talvolta, non hanno nemmeno titolo per ottenere i ristori.
“Per questo agli Stati generali ci siamo battuti per il registro professionale delle attrici e degli attori, cosa che del resto chiede l’Europa. C’è una legge che nonostante il precedente governo sia decaduto, è in Parlamento. Una volta approvata il ministero competente, che per chiarire è quello del Lavoro e non della Cultura, saprà che c’è una categoria di lavoratori che è fatta da attrici e attori che hanno diritti e senza dubbio specifici doveri”.
In conclusione: la firma ha un valore. Chi vuole, può farla valere. Personalmente, ho già sottoscritto.