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L'Associazione Stabat Mater: "Il silenzio che non è contrario alla musica, grazie della lezione maestro Bosso"

L’Associazione Stabat Mater, proprio a proposito dello straordinario concerto di Todi del 4 maggio scorso, ha voluto esprimere il proprio dolore e al tempo stesso ricordare la grandezza del maestro Ezio Bosso con questo messaggio che proponiamo ai lettori di Vivo Umbria.
“Il passaggio di Ezio Bosso a Todi, il 4 maggio dello scorso anno, per la direzione dello Stabat Mater all’interno dello Iubel Festival, è stato un evento, nel senso più profondo del termine: un momento che cambia il corso delle cose, crea dal nulla qualcosa che prima non esisteva, diventa immediatamente memoria
Non crediamo di esagerare se diciamo che quell’evento ha ridisegnato la nostra comunità, le ha consegnato una nuova percezione di se stessa, le ha restituito un senso di eccezionalità che mancava da tempo. Ha riunito in uno stesso spazio e in uno stesso tempo persone diverse, culture distanti, realtà sociali che spesso si ignorano. Ha permesso di fare un’esperienza autentica, accessibile a tutti, di che cos’è la bellezza: qualcosa che si vive, che si sente attraverso il corpo prima ancora che arrivi alla mente. Un’esperienza che è in grado di cambiare la nostra idea del mondo, il nostro modo di conoscerlo. Quell’evento ha donato alla città e a tutti noi una storia da raccontare, un ricordo da conservare e da condividere, e i racconti e i ricordi sono ciò che permette a una comunità di esistere. 
Oggi la notizia della morte del maestro Bosso precipita la città che è stata riempita dalla sua musica nel più assoluto silenzio. Ma come abbiamo imparato da lui, il silenzio non è il contrario della musica: è la sua particella fondamentale. Così come l’ascolto non è il contrario della parola, ma la sua condizione necessaria. Con senso di gratitudine per il regalo che ci ha fatto, oggi è possibile soltanto fermarsi nel silenzio e nell’ascolto, consapevoli che solo dal silenzio e dall’ascolto potranno nascere domani nuova musica e nuove parole”.  
Foto di copertina: Diego Zurli

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