L’Angelo custode della chiesa di San Rufo e l’attribuzione al Caravaggio del professor Alvaro Caponi
RIETI – Il professore e storico ternano Alvaro Caponi, dopo la sua attribuzione al Caravaggio e il ritrovamento del documento dove la sua tesi viene confermata dal vescovo di Spoleto Giacinto Lascaris (tesi riferita al dipinto della cena di Emmaus nella chiesa Arrone), torna con un’altra opera importantissima, ossia l’Angelo Custode che si trova nella chiesa di San Rufo a Rieti.
Il dipinto – afferma Caponi – al 99 per cento e’ di Caravaggio, anche se molti critici affermano che sia dello Spadarino. Primo per le affinita’ stilistiche con altri angeli dipinti da Caravaggio. Seconda parte a cui penso che sia di Caravaggio e’ perche’ il Merisi abitava a Roma in una casa di proprieta’ di Prudenzia Bruni e di Bonifacio Sinibaldi di Rieti. Sinibaldi a Roma aveva una vendita di pellami in via della scrofa ed una casa a campo Marzio. Caravaggio rimase arretrato nel pagar l’affitto, circa 6 mesi.
Alcuni documenti – continua – affermano che ci fu un sequestro dei beni con cinque opere ed altre cose che non sto ad elencare. E’ facile a questo punto poter pensare che una di quelle opere potesse essere l’opera che e’ nella chiesa di Rieti. Altre informazioni sulla vicenda – aggiunge Caponi – e’ che Caravaggio oltre pagar gli affitti arretrati ha dovuto pagare anche il risanamento delle stanze perche’ sventrate per ingrandire e per aver piu’ luce per dipingere. Nello studio Caravaggio viveva con il suo Garzone,che aveva ritratto piu’ volte, di nome Francesco Buonezi, conosciuto poi come l’artista Cecco di Caravaggio…unico suo allievo.
Il contratto di locazione della casa dove ha vissuto, e’ stato stipulato l’otto maggio del 1604. In questa casa pero’ appare registrato con il suo garzone nel 1605 nel registro degli statuti delle anime della parrocchia di S.Nicola dei prefetti. I notai che presero parte per il sequestro – conclude – furono il primo Mariano Pasqualone che denuncio’ Caravaggio al tribunale criminale del governatore di Roma perche’ lo bastono’ alle gambe e, con la spada di piatto lo colpi’ in testa. Il secondo notaio fu Alberto Roscetti che esegui annotando tutti i beni di Caravaggio, compreso cinque opere. Alberto Roscetti era il promesso sposo della figlia del Sinibaldi proprietario della casa insieme a sua moglie”. Ora analizziamo il dipinto: anno 1610/18, olio su tela, e raffigura un passo biblico del libro di Tobia. Il salvataggio da parte dell’ Arcangelo Raffaele del fanciullo Tobiolo.
L’arcangelo alato che abbraccia e protegge Tobiolo che osserva intimorito il dirupo in cui era procinto di cadere ( tentazioni demoniache). Le figure, pregne di luce, emergono chiare dal fondo scuro; le forme anatomiche sono precise di puro e chiaro verismo caravaggesco.
Il Guardabassi lo attribuì alla scuola caravaggesca; il Magni allo stesso Caravaggio; Giuseppe Colarieti Tosti che restauro nel 1912 il dipinto lo considerò un Caravaggio. Ma nella prima meta del’900 emersero documenti attestanti il periodo della realizzazione ossia 1610/1618 (epoca in cui il Cravaggio era gia’ deceduto). Quindi la tela fu considerata opera di suoi allievi come Orazio Gentileschi oppure l’ altro allievo Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino (per analogie stilistiche con altre opere). Nel 1996 pero’, colpo di scena: il dipinto fu posto all’attenzione della dottoressa Malena B. McGrath che lo sottopose a “lampade di Wood” ed emerse, sotto l’attuale dipinto, un’altro disegno più incisivo, evidenziando segni diversi sia nelle gambe che nei piedi. La stessa McGrath accosto’ la testa dell’Arcangelo a quella del “Narciso” di Caravaggio. Ma andiamo, ed e’ doveroso, conoscere, per sommi capi la chiesa di San Rufo di Rieti, attualmente chiusa a causa dell’ultimo terremoto che ha capito tragicamente tutto il comprensorio. La sua origine e’ del 873 come cita il Cronicon Farfense “…Ecclesia Sancti Rufi”; il Santo titolare fu martirizzato a Rieti.
La chiesa però fu rifatta nel 1141. Dopo varie modifiche e manomissioni fu ristabilita nel 1748 e consacrata nel 1760 affidata ai padri Camilliani; in stile barocco rococo’ su progetto dall’architetto Melchiorre Passalacqua. Nel 1842 l’ edificio fu dedicato ai Santi Camillo, Carpoforo e Rufo. Conserva ancora la cripta originaria. Il suo interno, ad una navata, conserva in controfacciata un bell’ organo del XVIII secolo attribuito a Giovanni Fedeli. Graziosi i quattro coretti lignei di gusto rococo’. Sulle pareti laterali della chiesa quattro altari con pregevoli tele e pale, così anche dietro l’altare maggiore la tela raffigurante l’estasi di San Camillo realizzato dal pittore Pierre Subleyros; altro dipinto raffigurante l’ apparizione del Sacro Cuore di Gesu a Santa Margherita Maria Alacoque del 1936; altro dipinto Madonna della Salute col Bambino Gesù tra Sant’ Anna e San Giuseppe fine XIX secolo di Giacomo Conti. In sacrestia sulle pareti affreschi di Antonino Calcagnodoro di fine ottocento.
Carlo Favetti
Nato a Ferentillo, ho pubblicato saggi d'arte, volumi di storia e libri di poesie. Ho collaborato con il Corriere dell'Umbria dal 1998 al 2010 e poi con il Il Giornale dell'Umbria. Nel 1993 ho fondato l'associazione culturale Alberico I Cybo Malaspina.