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La Via Crucis di Stroncone: tutto il senso della ritualità

STRONCONE – L’antropologo Ernesto De Martino parlava dei riti e delle liturgie che li compongono, come degli elementi in grado di alleviare quella paura primordiale dell’uomo che risiede nella “crisi della presenza”. L’ansia e la frustrazione umane di fronte alla possibilità dell’assenza, della morte e in generale, della sparizione trovano conforto nelle sequenze ordinate di azioni offerte dal rito.

Gli ultimi due anni di pandemia ci hanno costretti a fare crudamente i conti con quella crisi della presenza di cui parlava De Martino. Il lockdown, i distanziamenti, la malattia, hanno condotto a una brusca interruzione di ciò che consideravamo “normale”. Siamo stati costretti a ridefinire, riorganizzare, rinunciare e a fare i conti con la perdita. Eppure lentamente, si sta tornando alla vita di prima e ora più che mai c’è bisogno di riti per celebrare l’agognata conquista della normalità e riaffermare quella presenza che è venuta meno.

La Via Crucis, che ripercorre le tappe che hanno condotto Gesù alla crocifissione, non è stata celebrata nei due anni precedenti, almeno non nella forma della tradizionale processione lungo le stazioni del calvario. Nel 2022 torna in presenza.

Il Comune di Stroncone, che sorge in  posizione dominante a una decina di chilometri da Terni, ha un’identità fortemente connessa alla spiritualità – ha dato i natali al Beato Antonio Vici, è percorso da sentieri francescani, uno dei quali porta a Greccio, che è sull’altro versante della montagna. Ieri sera, per le celebrazioni del venerdì santo, il paese era illuminato da una moltitudine di candele e ceri. L’atmosfera era di ordine, raccoglimento e condivisione.

L’appuntamento era per le 21 presso la Chiesa di San Nicola, dove si sono riunite persone di ogni età, dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, fino agli anziani. La processione ha inizio quando vengono portate fuori dalla Chiesa le due statue della Madonna e del Cristo morto che sono caricate sulle spalle di volontari. Un gruppo di incappucciati porta la croce e le catene, simboli del supplizio.

 

La partecipazione a questa celebrazione è sorprendente per il numero di presenze. La processione si snoda per le vie del centro, un piccolo fiume umano il cui incedere è accompagnato dal suono metallico delle catene, dai canti e dalle preghiere. Sulla piazza principale, piazza della Libertà, questo fiume si dipana formando un cerchio ordinato e solo allora ci si rende conto che le persone sono tante, davvero.

Sette sono le stazioni che vengono ripercorse e quando la processione rientra, ricordando la deposizione di Gesù nel sepolcro, il parroco conclude parlando proprio della fondamentale importanza dei riti come quello di ieri sera.

Perché i riti ribadiscono sempre la vita e la sua presenza, creano unione e mai come adesso, c’è bisogno di ritrovare quelle coordinate di vicinanza, tanto fisica quanto spirituale.

 

 

 

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