FERENTILLO – Altra storia, altra tradizione popolare in auge nei piccoli centri della Valnerina. Questa volta Monterivoso o Casterivoso o Casarioso, lungo le sponde del fosso del Castellone, aggrappato alla rupe rocciosa dove, qua e là, spuntano argentati ulivi. E lassù, sotto la torre quadrata, la preziosa chiesa di Sant’Antonio Abate, di recente restaurata, ricca di dipinti, altari votivi, affreschi e un melodioso organo, anche questo di recente restauro.
Dell’edificio abbiamo già parlato, anche dei suoi dipinti.
Tanto per rammentare la tavola nel presbiterio del pittore rinascimentale Francesco Nardini o i dipinti su tela di di Nicolao de Amicis maceratese del XVII secolo ecc… i bellissimi altari della famiglia Mancinelli, Argenti, Paletti e Pacetti. Ma la curiosità che viene raccontata dalle donne anziane del luogo, riguardo la statua della Madonna col Bambino che si celebrava solennemente a settembre e la prima domenica di maggio. La Madonna, ancora oggi, è racchiusa nel suo pregevole altare, tutto realizzato in legno intarsiato e decorato con alcune formelle dipinte raffiguranti i misteri del Rosario.
La Madonna col Bambino, detta di stoffa
La Madonna e l Bambino che le sta sulle ginocchia, indossano abiti in stoffa, il viso le mani sono in legno scolpito e dipinto, mentre, la struttura interna dei corpi, è in semplice legno. La Sacra Immagine, al tempo dei festeggiamenti, veniva collocata in una preziosa macchina lignea dorata e intarsiata (ancora esistente in chiesa) e portata in processione per le vie del paese di Monterivoso.
“Pochi giorni prima della festa – racconta una anziana signora di Monterivoso – per noi che eravamo piccole, la Madonna e il Bambino venivano vestiti con abiti nuovi per uscire in processione e quelli rimanevano per l’anno successivo e così via. La sistemazione degli abiti era riservata alle donne adulte, a noi bambine non facevano assistere alla vestizione perché sotto il vestito i corpi della Madonna e del Bambino erano solo stecche di legno e, le nostre mamme, temevano la visione turbasse la nostra sensibilita’. Alla Madonna veniva messo un sotto vestito, una sorta di tunica bianca con tutto merletto e pizzo; sopra, il vestito azzurro con tutte stelle dorate, polsini e collettino ricamati. Cosi anche per il Bambino Gesù ma la sua tunichetta era di seta chiara e oro. Ogni anno, abiti nuovi. Per noi era una gioia assistere alla cerimonia, perché somigliava alla vestizione delle nostre bambole”.
Durante il rito, in chiesa, le donne recitavano piano piano, sommessamente, questa preghiera: VERBO SO’ E VERBO VOGLIO DIRE, QUELLO CHE DISSE GESU NOSTRO SIGNORE; VUOL PATIR IN CROCE PER PATIR PASSIONE E MORTE. VIDI UNA CROCE TANTO BELLA CHE TENEVA UN BRACCIO IN CIELO E UNO IN TERRA, E SAN GIOVANNI CHE A LI PIEDI STAVA, UN LIBRO D’ ARGENTO IN MAN REGGEVA, E LA MADONNA GLI RISPONNEVA: CHI SA LO VERBO SE LO FACCIA IMPARARE, LE PENE DELL’ INFERNO PUO SCAMPARE, CHI NON SA LO VERBO SE LO FACCIA DIRE, LE PENE DELL’ INFERNO PUO SFUGGIRE; CHI LO DICE TRE VOLTE AL GIORNO AVRA TUTTI GLI ANGELI ATTORNO; CHI LO DICE TRE VOLTE LA SERA UN ANGELO GLI ACCENDE UNA CANDELA; CHI LO DICE TRE VOLTE LA NOTTE MORRA’ SI MA NON DI MALE MORTE. E così la festa della Madonna di Stoffa si celebrava con suoni, canti funzioni ma anche con balli, pranzi, rinfreschi in piazza con il gioco delle pigne, tiro alla fine e corsa dei sacchi”. Insomma tradizioni che è bello ripristinare appena la pandemia ci lascerà vivere di nuovo con spensieratezza, gioia e spirito di aggregazione nei nostri bellissimi e accoglienti borghi.