Si sa che l’Italia, Umbria compresa, ha tanti di quei tesori archeologici e artistici che in molti casi non sa come e dove esporli. Così, come accade a noi di fare con gli oggetti che non entrano più in casa, li riponiamo in garage. Magari pensando di riutilizzarli, prima o poi. Musei e biblioteche al posto della soffitta hanno i depositi. Ma il risultato è lo stesso. Al punto che per quanto ci riguarda la Direzione regionale dei Musei dell’Umbria ha lanciato la scorsa estate la lodevolissima iniziativa: “Dai depositi…un reperto al mese”. L’esigenza di fare qualcosa per ciò che giace, insomma, c’è.
Così la nostra consueta riflessione della domenica la dedichiamo alla rivoluzionaria “Carta di Catania“. Firmata il 30 novembre scorso, sancisce che i beni culturali appartenenti alla Regione Siciliana che si trovano custoditi nei depositi potranno “essere valorizzati attraverso l’esposizione in luoghi pubblici o privati aperti al pubblico“. In sostanza si autorizzano soprintendenze, parchi archeologici, musei, gallerie e biblioteche a concedere il patrimonio che giace dimenticato. Una bella spolverata, un luogo adeguato per esporlo e così, poi, farlo ammirare ridonandogli la dignità momentaneamente perduta anche pe semplici ragioni logistiche. Va specificato, del resto, che i beni di cui parla la “Carta di Catania” sono quelli acquisiti per confisca, quelli donati o consegnati spontaneamente, quelli di più vecchia acquisizione per i quali sia stata smarrita la documentazione e, in generale, quelli deprivati di ogni riferimento al loro contesto di appartenenza.
Di più: di mezzo ci sarebbero anche opportunità di impiego per i giovani. E’ scritto sulla “Carta” che gli “Istituti periferici della Regione dovranno provvedere alla formazione degli elenchi di beni, suddivisi per lotti omogenei in relazione alle caratteristiche storico-culturali o tipologiche. Per tale attività si potrà anche fare ricorso a studenti universitari in discipline connesse alla conservazione dei beni culturali che opereranno in regime di tirocinio formativo“.
Ovviamente, tutto ha un prezzo. Anche qui la cosa è interessante: può avvenire in denaro, o anche anche attraverso la fornitura di beni e servizi “destinati al patrimonio oggetto della concessione, o in favore di altri beni in giacenza nel medesimo deposito di provenienza” o, ancora “attraverso azioni che mirano a proteggere e valorizzare il patrimonio regionale quali, a titolo esemplificativo: restauro, analisi archeometriche, catalogazione, pubblicazione e marketing. Altre modalità previste potranno essere la fornitura di beni, servizi, infrastrutture o migliorie in favore del deposito di provenienza dei beni, misure da concordarsi di volta in volta con l’Istituto concedente”.
Ovviamente bisognerà assecondare e vigilare sulle possibilità reali di esporre in totale sicurezza ma, detto questo, l’Umbria avrebbe una bella “Carta” da giocare.