PERUGIA – Scatole magiche scaturiscono dall’arte di Giulietta Mastroianni che si spinge sino ad interrogarsi sul significato dell’eternità nella mostra “Eterna”, oggi e domani al parco museo di Brajo Fuso. Giulietta Mastroianni da tempo indaga sull’immagine, ha accumulato esperienze importanti nel cinema anche come assistente alla regia sino a quando ha incontrato la terra, la creta, il tornio e le resine. “Ho lavorato a lungo sull’immagine – spiega Giulietta – ma un’immagine che non è fatta con gli occhi, bensì un’immagine sia contro la neutralità sia contro la nitidezza”. Dopo una grave malattia da cui è guarita completamente, ha cominciato a indirizzare l’attenzione al tornio e soprattutto alla terra, senza dimenticare la luce che intende come uno dei tanti materiali organici che inserisce nei suoi lavori. “Il mio – sottolinea – è un lavoro dedicato all’ambiente, una green art che mette in relazione l’uomo con l’ambiente, o che lo esilia o lo lega all’ambiente. Ho incontrato le resine – continua – ed ho importato dei metodi giapponesi (i più rispettosi dell’ambiente) quindi ho creato tutti i miei lavori completamente ecologici, non utilizzo materiali sintetici, cerco di privilegiare alberi del posto che producono ambre e le utilizzo in sinergia con vari processi. La resina normalmente è un cicatrizzante, è come un pianto utile all’albero”.
“Eterna è un progetto che nasce su una riflessione sull’immortalità e l’eternità. Pensando che la prima concezione che noi abbiamo della natura sia quella della stagionalità e della ciclicità, ho cominciato a pensare se anche la natura avesse un pensiero sull’immortalità. E per me ce l’ha nei confronti di queste resine, perché le resine permettono come nella memoria di catturare tracce che rimangono a memoria del futuro. L’ambra, ad esempio, trattiene tracce della natura, come farfalle o anche microrganismi. Quindi mi si è aperto un secondo processo ispirato all’iconografia e all’iconoclastia. Su come venivano rappresentate le divinità sia religiose che pagane. Ho lavorato sul femminile e sul maschile – conclude Giulietta – e il punto di unione con le resine è la traccia, un’impronta sullo stesso concetto della Sacra Sindone. In fondo cos’è il divino se non una riflessione sull’eternità? La traccia è diversa dall’immagine, è un suggerimento che tiene anche in considerazione il concetto dell’iconoclastia, ovvero della negazione dell’immagine, così come avviene in culture e religioni diverse dalla cristiana”.