Non le ha mai mandate a dire. Bernardo Lanzetti, fondatore degli Acqua Fragile, voce indimenticabile della Premiata Forneria Marconi, protagonista di una carriera solista di primissimo piano per la ricerca e la sperimentazione costante che pervadano la sua produzione artistica, nel suo blog ha lanciato un appello sulla Musica dal 2020 o, se volete, del dopo Covid-19.
Lo proponiamo ai lettori di Vivo Umbria perché offre spunti sui quali meditare attentamente dall’alto di una carriera di grande spessore, ricca di esperienza maturate in tutto il mondo, di un’impressionante serie di concerti live.
Bernardo Lanzetti è, del resto, soprannominato “The voice impossible”. Impossibile per tanti, sotto molti aspetti.
Ecco il testo integrale del suo appello
La Musica dal 2020
di Benardo Lanzetti
Oggi, pur essendo la musica scritta e quella registrata sempre fruibile e importante, sia a livello culturale che emozionale, occorre prendere atto che quella dal vivo, live, en vivo, cioè quella che permette un coinvolgimento ben più intenso e articolato tra esecutore/artista e pubblico, per un tempo ancora non definibile non potrà avere una fruizione come quella precedente ai momenti drammatici legati alla pandemia di Covid-19, che attualmente mette in crisi il mondo intero.
Con il maggior tempo a disposizione e l’inattività forzata, mi piacerebbe che i musicisti e, auspico, anche i musicofili, arrivassero a pensare e magari rivedere alcuni degli aspetti più nobili ma anche più terra-terra della Musica in senso generale.
In questo momento, proprio quando l’Italia può contare su un numero così elevato di musicisti preparati e motivati, quando gli strumenti per produrre musica e comunicazione sono alla portata di tutti, ecco che il panorama musicale ufficiale, quello così celebrato dai media nazionali e da innocenti masse di fan, è quasi esclusivamente da… discarica.
D’altronde, da più di 30 anni, perlomeno nella civiltà occidentale, non si afferma un genere con autori e interpreti in grado di competere, per originalità, naturalezza e maestria, con i grandi del passato e, a mio avviso, neppure con molte delle sue figure di secondo piano.
Vorrei fare un appello così che, senza discriminazioni, si arrivi a creare una linea pur morbida che comunque separi la musica di intrattenimento e cosiddetta di consumo da quella più tesa a perpetuare l’arte. Per capirci, fare il DJ piuttosto che il musicista dal vivo, suonare ai matrimoni o sperimentare con la musica, avere l’appalto per le sigle musicali delle emittenti radio-televisive piuttosto che l’importantissimo insegnare musica ai vari livelli, non possono essere considerate attività paritarie.
Non so quando vedremo le regole dell’Agenzia delle Entrate, della SIAE e i meccanismi della RAI, Radio e Televisione Italiana, diversificarsi così che, pur proseguendo a blandire gli uni, non continuino a bloccare o umiliare gli altri.
Poiché nella mia vita e attività artistica mai ho voluto contare sulle istituzioni e sullo Stato, se non nelle battaglie per vedere riconosciuti i miei diritti nelle aule dei Tribunali, auspico che i colleghi artisti dedichino un minimo del loro tempo, con impegno, coraggio e fantasia per rifondare la musica, quella per gli animi nobili, intesa come organizzazione di suoni e di silenzi, geometria delle vibrazioni, racconto delle società e della storia già dall’interno, senza aspettare ordini dall’alto o ricompense in denaro o notorietà.
Ringrazio chi già lo sta facendo e chi si illuminerà per riportare la Musica a livello di Arte.
Per coloro cui questo scritto possa risultare di non facile comprensione, ecco alcuni spunti per intendere ed agire:
–Approccio a sistemi musicali non convenzionali e vorrei qui citare due maestri con cui ho avuto la fortuna di lavorare. Nell’ambito della cosiddetta Classica Contemporanea, Maurizio Pisati, attivo da anni, e che dire di Franco Mussida che ha inventato un sistema tutto suo? Non sempre solo ripetere “le note sono solo sette!”
–Sperimentare formazioni diverse, eliminando o aggiungendo uno o più strumenti. Nel Flamenco, ad esempio, non c’è il basso. Insistendo con chitarra, basso, batteria e tastiere, pur cantando in italiano, si finisce spessissimo per fare solo musica “americana”.
–Massimo e costante rispetto per gli artisti e la musica del passato. Per quanto ci si possa sentire dei geni, molto spesso qualcuno che non conosci ha già avuto la tua idea.
–Massima limitazione del leggio, pieghevole, video o smart phone, sul palco. Pur con tante, tantissime eccezioni, se non sai parole e musica a memoria, stai a casa a memorizzare il tutto. Si sappia che se l’interprete sul palco guarda il leggio, il pubblico non guarderà l’artista ma il leggio stesso…
–Onestà intellettuale. Sincerità verso sé stessi e verso il pubblico. Chi è stonato ma vuole insistere a cantare è pregato di prendere lezioni. In tutto si può migliorare!
–Esplorazione e studio per lo sfruttamento della propria musica in rete, bypassando le piattaforme che per ogni euro incassato versano, ad esempio, 2 miseri centesimi all’artista.
–Studio di proposte mirate a chiedere di cambiare alcune regole sulla raccolta dei diritti d’autore ovvero permettere che la musica dal vivo sia più vantaggiosa per gli organizzatori di eventi e per i musicisti ma meno onerosa per il pubblico. Anche i conflitti di interesse devono essere individuati e combattuti.
-Per quanto riguarda i testi cantati, c’è da rifondare la Lingua Italiana, ma qui speriamo si apra un nuovo capitolo con l’intervento di poeti e letterati.
Attenzione! La musica come hobby o passatempo può e deve rimanere e, certo, il “suonare” come lavoro non si rifiuta mai, tuttavia auspico che i musicisti dotati e intelligenti possano dedicare, ripeto, almeno una minima parte del loro tempo, genio ed energia a creare un universo musicale di maggior spessore artistico.
Grazie