A che punto siamo con il Teatro Verdi – La luce in fondo al tunnel di una storia infinita

TERNI – La storia recente del Teatro Verdi sembra avere i tratti de La storia infinita di Michael Ende: un mondo (quello del teatro qui) che rischia di scomparire, il Nulla che cerca di prendersi tutto, la ripetizione ciclica degli eventi…ecc. Fino…ad ora, quando finalmente si vede la luce in fondo al tunnel. Per la rubrica “A che punto siamo con il Teatro Verdi”, VivoUmbria traccia una linea temporale che parte dalla chiusura del teatro fino alle novità più recenti del nuovo progetto. Inutile partire da troppo lontano, per quello c’è Wikipedia.

 

 

  • Nel 2010 la chiusura del Teatro Verdi a seguito del crollo controsoffitto del pronao del teatro.

Delusione, polemiche e proposte si rincorrono sin dai primi mesi dalla chiusura. Le voci deluse dei cittadini gridano allo scippo culturale: “La città cade a pezzi!”, “Il teatro era da anni in stato fatiscente”, “Il teatro è stato abbandonato!”.

Inaugurato il 22 maggio dello stesso anno, il Teatro Secci, con 300 posti a sedere, fa tirare un piccolo respiro di sollievo agli appassionati di Teatro. E’ ovvio, si tratta di una soluzione che non potrà mai rimpiazzare la proposta teatrale offerta dal Verdi, ma l’apertura del Secci è comunque una bella notizia.

Il nuovo palcoscenico si inserisce all’interno di uno spazio culturale: il vecchio stabilimento chimico della SIRI, ora rinnovato.

 

  • Negli anni successivi, vengono programmati nuovi interventi di restauro per il Verdi. In particolare, si parla de «la ‘riprogettazione integrale’ degli spazi al fine di garantirne un utilizzo maggiormente rispondente ai principi di contemporaneità e flessibilità, imprescindibili per una moderna gestione della struttura». Tutto bello, ma il progetto subisce un nuovo stop nel 2016. Difficoltà nel reperire i fondi.

 

  • Nel 2018, quando il sipario sul teatro Verdi è già sceso da qualche anno, un provvedimento dal Comune mette all’asta gli arredi di scena.

 

  • Il 21 aprile 2020 viene pubblicato il bando di Concorso di Progettazione del Teatro Comunale Giuseppe Verdi. Si tratta di un Concorso Internazionale che apre le porte ai migliori offerenti nazionali e internazionali. Ne danno finalmente l’annuncio il sindaco Leonardo Latini e l’assessore ai lavori pubblici Benedetta Salvati.

Inoltre, con l’obiettivo di caratterizzare il bando secondo i migliori principi di trasparenza, si opta per un coinvolgimento formale del Consiglio Nazionale degli Architetti e l’Ordine degli Architetti della Provincia di Terni.

 

  • A settembre 2020 vengono pubblicati i nomi dei vincitori del concorso di progettazione indetto dal Comune di Terni per il Teatro Verdi: lo Studio Associato di Architettura ApiùM2a Architects di Venezia insieme alla Società Sinergo Spa. A novembre dello stesso anno, il Comune approva il progetto di fattibilità tecnico – economico.

 

  • Giugno 2021: viene presentato il progetto architettonico definitivo. I lavori di ristrutturazione complessivi si divideranno in due stralci. Il primo stralcio, da 8,166 milioni di euro, finanziato della Regione, dal Comune e Fondazione Carit, mira alla demolizione sia della torre scenica sia dell’edificio novecentesco e alla costruzione dell’involucro del nuovo teatro. Per questi lavori si aggiudica l’appalto la Krea Costruzioni s.r.l. I lavori dovrebbero partire entro il primo trimestre del 2023.

 

  • I lavori del secondo stralcio hanno come oggetto il completamento della sala, la realizzazione di diversi locali, quali i camerini, i locali tecnici e i servizi e la costruzione di una torre scenica. Gli interventi, del valore di oltre 11,6 milioni di euro, sono finanziati grazie al PNRR.

 

 

Nel tentativo di testare gli umori dei cittadini, abbiamo fatto qualche domanda a Francesco Andreani, architetto ed ex-assessore del Comune di Terni e a Roberto Carelli, Presidente del Comitato Civico pro Teatro Verdi Terni.

 

Chiediamo allora a Francesco Andreani un parere tecnico sul nuovo progetto approvato. «Sono sempre stato a favore di un nuovo progetto, penso sia la strada giusta. Anche se ritengo sia un progetto che poteva essere migliorato sulla qualità dello spazio interno; un maggiore impegno sarebbe stato utile poiché potrebbe difettare di identità, almeno secondo i disegni della procedura che ho avuto modo di vedere. Ho sempre sostenuto che il tema del teatro urbano di una città è definito proprio dal suo spazio interno, perciò, spero sia stato un aspetto su cui ci sia stato un maggiore approfondimento».

 

Nel 2017 fu sottoscritta una lettera da numerosi architetti e professionisti del territorio che premevano per un rinnovo della struttura in una chiave nuova e moderna, rispetto ad una soluzione alla Poletti. «Non esiste un rifacimento alla ‘Poletti’. O c’è il rifacimento filologico, scientifico oppure si fa altro. Gli elementi per poter attuare il primo non ci sono: non abbiamo testimonianze dirette dei dettagli della struttura e anche da un punto di vista dei dati a nostra disposizione, esistono solo dei disegni minimi, non di dettaglio. Sarebbe davvero difficile parlare di ristrutturazione scientifica. Mentre ciò è stato possibile per il teatro de La Fenice di Venezia, per il Petruzzelli di Bari, questo non era auspicabile nel nostro caso. Insomma, per la famosa polemica alla Poletti sì, alla Poletti no, ribadisco che esiste solo il restauro scientifico, la ricostruzione filologica. Difatti, di Poletti abbiamo solo una foto, un disegno preliminare alto 30 cm su tutta la grandezza dell’edificio.

La ricostruzione del teatro secondo l’idea di Poletti sarebbe stata un’ipotesi impraticabile.

Ricordiamo che (inaugurato nel 1849) già nel 1913 fu per la prima volta modificato, poi di nuovo in maniera drastica nel 1947 con Lucioli.

In questo senso credo sia meglio rifare un teatro che abbia una vocazione all’italiana. Ce ne sono di esempi, anche in chiave contemporanea. Il contemporaneo è molte cose, non è solo moderno o nella sua concezione più comune, fare cose strane, diverse; può essere anche un progetto più sensibile con una natura classica.

Fare il concorso significava alzare l’asticella in tema di qualità, dove si confrontano proposte che comunque hanno sempre un loro valore.

All’interno delle varie possibili scelte, devo dire che il primo premio secondo me non sviscerava sufficientemente lo spazio interno.»

 

Come spesso accade purtroppo, operazioni di questo tipo trovano rallentamenti e la lentezza del tutto è ampliata dal fatto che oramai la città è priva del suo teatro da più di dieci anni: «Sì ma quello che conta sono i piccoli passi. Abbiamo un sistema burocratico che purtroppo di per sé è molto lento, ma prima o poi si arriva alla fine.

Il teatro in sé per sé è un luogo di ritrovo definitivo della comunità. La sua preziosità è fondamentale per la collettività, in qualche modo uno vi si riconosce. È identitario».

 

Ora che il finale sembra tracciato, gli chiediamo se potremo avere possibili sorprese in fase finale.

«Sorprese dal punto di vista tecnico costruttivo non penso. Per quanto riguarda la costruzione delle fondamenta, queste furono rifatte con Lucioli, quindi adesso si lavorerà su una base dove si è già intervenuti.

È un’opera che rimane nelle nostre possibilità».

 

 

Di tutt’altro avviso sono invece le parole di Roberto Carelli, Presidente del Comitato Civico pro Teatro Verdi Terni. In passato si era pubblicamente opposto alle proposte progettuali espresse dalle precedenti amministrazioni: «Purtroppo l’iter fino ad allora proposto aveva prodotto, a nostro avviso, un progetto non adeguato e privo delle risorse necessarie al fine di dare alla città un’Opera qualificante e degna di una città come Terni e della sua storia. Un progetto privo di ambizione insomma e, per certi versi, portato avanti su basi ideologiche e rispondente ad ordini di scuderia piuttosto che ad una visione di alto profilo come da noi indicato reiteratamente».

 

Quando gli chiediamo cosa ne pensa degli ultimi sviluppi del progetto approvato del Teatro Verdi, ci risponde così: «L’impegno a “ridare il Teatro alla città entro la legislatura”, come dichiarato a caldo dagli amministratori neo-eletti, è miseramente naufragato» e prosegue «Questa amministrazione, il cui avvento abbiamo in qualche modo auspicato e sostenuto, e nella quale avevamo riposto enormi speranze, non ha aggiunto assolutamente nulla alla precedente amministrazione relativamente al tema Teatro Verdi, mostrando di nuovo tutti i limiti di una Politica priva di quegli elementi manageriali e di una visione futura in grado di fare la differenza; soprattutto secondo un punto di vista di sostenibilità futura dell’Opera».

Quindi nessun miglioramento? «Purtroppo, l’iter fino ad allora proposto dalla precedente amministrazione aveva prodotto, a nostro avviso, un progetto non adeguato e privo delle risorse necessarie al fine di dare alla città un’Opera qualificante e degna di una città come Terni e della sua storia.

 Naturalmente una siffatta situazione non può che essere tristemente bocciata per l’ennesima volta, auspicando l’avvento di persone “illuminate” ma, soprattutto, ispirate

 

Insomma, la città rimane ancora divisa, tra sostenitori e scettici. Scopriremo come tirerà il vento solo dall’inizio dei lavori, sperando che l’avvento di un “nuovo” teatro possa tornare ad unirci tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessia Sbordoni: Mangiadischi di professione, ho come passione principale la musica. Adoro l’arte, il cinema, e viaggiare alla scoperta di nuove culture, di tutti i tipi e tutte le taglie. Ho una laurea in giurisprudenza e un master per le funzioni internazionali e la cooperazione allo sviluppo conseguito a Roma.