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La fascia olivetata Assisi-Spoleto e la doppia natura del paesaggio

Due interessanti convegni, a distanza di pochi giorni, hanno affrontato  il tema della fascia olivetata Assisi-Spoleto, entrata a pieno diritto nei Sistemi del patrimonio agricolo di rilevanza mondiale della Fao quale primo territorio italiano inserito nel programma GIAHS (Globally Important Agricultural Heritage Systems)  e lanciata verso la candidatura Unesco a patrimonio culturale dell’umanità.
I due eventi, organizzati rispettivamente dai Club Rotary di Assisi, Foligno e Spoleto e dall’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio ai quali hanno dato il loro contributo autorevoli esponenti del mondo dell’università, della ricerca e delle professioni, si sono soffermati su alcuni degli aspetti produttivi ed ambientali connessi alla secolare presenza di tale coltura che ha ottenuto l’iscrizione al Registro Nazionale dei paesaggi storici del ministero delle Politiche Agricole.  Alcuni contributi, in particolare, hanno sviluppato il tema del paesaggio e del suo valore culturale ed antropologico che non può essere disgiunto da tutti gli altri aspetti trattati. Purtroppo, la radice etimologica della parola paesaggio, è intrinsecamente ambigua rispecchiando un duplice significato: quello mutuato dalla concezione nord europea espressa nelle parole che hanno come radice il termine “Land” le quali sottintendono  una conoscenza del territorio che si fonda  sulle scienze naturali; e quella di concezione mediterranea incorporata dalle lingue romanze,   riassunta nelle parole derivate dal termine latino “Pagus”,  che sta per borgo o  villaggio, correlata ad un approccio   conoscitivo mutuato dalle discipline umanistiche  quali la letteratura, la storia, l’arte, ecc. di paesi come l’Italia o la Francia. La “plasticità semantica” di tale concetto richiede pertanto  un approccio pluridisciplinare per coglierne la straordinaria ricchezza di significati. Alcuni studiosi hanno osservato che  termine paesaggio si presta ad indicare sia l’oggetto che la sua rappresentazione: il paesaggio è infatti qualche cosa di individuale, di soggettivo,  che scaturisce da uno stato d’animo contemplativo da una percezione personale che può generare emozioni, sensazioni e che può essere comunicato attraverso  linguaggi figurativi e letterari; ma il paesaggio ha soprattutto una dimensione oggettiva che ha a che fare con la realtà, con il territorio e con i fenomeni presenti nello spazio fisico indagabili attraverso altre discipline come le scienze geografiche, l’antropologia, ecc.  In questa intrinseca doppiezza, si annidano rischi e pericoli. La duplice natura che caratterizza il paesaggio, quella di insieme di segni e di simboli stratificati suscettibili di riconoscibilità e di attribuzione di valore estetico e quella di entità fisica risultante dal processo di “territorializzazione”  ottenuta dalla azione di modificazione e di continuo adattamento alle proprie necessità prodotta dalle generazioni che si sono avvicendate nel tempo – espressione del “farsi delle genti vive”, per  dirla con il grande intellettuale Emilio Sereni – è ciò che spesso si tende a trascurare o a dimenticare. La tendenza oggi prevalente che porta a considerare  l’aspetto estetico a scapito di quello sociale ed economico, è infatti del tutto inadeguata per comprendere l’organizzazione di un territorio in quanto offre una visione parziale che non tiene conto di ciò che non è visibile:  Paesaggio – secondo la geografa Paola Sereno – è soprattutto ciò che non si vede.  Ed allora occorre quindi scongiurare, per quanto possibile, il rischio di un atteggiamento di tipo rigidamente  conservazionista che tenda a congelare il paesaggio legandolo a doppio filo ad una qualche concezione di tipo estetico. Il paesaggio è un insieme in movimento che nasconde dinamiche che occorre studiare e conoscere: è un “cantiere eterno” risultato provvisorio dell’interazione  di territori, comunità, pensieri, teorie, visioni in continua evoluzione per cui ritirarsi in “miti di pura evasione” può comportare la perdita di tutto ciò che vorremmo invece tutelare. La fascia olivetata è innanzitutto paesaggio agrario e alimentare in ragione delle relazioni che legano le sue forme con le abitudini alimentari delle comunità. Ma non solo: è  “la coltura che diventa cultura”, un patrimonio in gran parte da studiare e da scoprire; saperi diversi che includono ambiente, identità, arte, storia, pratiche, mestieri,  produzioni, insediamenti, vanno ricondotti ad unità costituendo gli stessi un insieme inscindibile. Approdare ad una visione completa e totale in grado di aprire nuovi orizzonti che possano aiutare a comprendere  il senso misterioso e profondo della cura di un luogo, per la fascia olivetata Assisi – Spoleto e per qualsiasi altro bene meritevole di tutela, non può pertanto prescindere dal protagonismo responsabile dei suoi legittimi proprietari: le comunità che hanno plasmato nei secoli lo straordinario patrimonio culturale di cui sono stati nei secoli i costruttori.

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