FOLIGNO – Ventiquattro Club italiani pronti a sostenere altrettanti progetti di eccellenza in Italia per l’attribuzione del premio «La Fabbrica nel Paesaggio» ideato e promosso dal Club per l’Unesco di Foligno e Valle del Clitunno con l’alto patrocinio del Parlamento Europeo. La scelta della giuria di qualità è andata all’azienda agricola di Francesco Mondini, nel cuore della Toscana, alle pendici delle Foreste Casentinesi, la cui mission è quella di ricreare nella terra degli Etruschi il modo in cui gli illustri progenitori producevano i1 vino, rispettando l’uomo e l’ambiente. Per la sezione riservata ad amministrazioni e istituzioni, riconoscimento al Comune di Udine per il Parco del Cormor.
Il gran finale della decima edizione del Premio, organizzato dal Club guidato da Gabriella Righi, si è tenuta nella cornice della Sala Rossa di Palazzo Trinci a Foligno, affollata da delegati dei club Unesco arrivati da tutta Italia. “La giuria – come ha spiegato la stessa presidente folignate Righi – si è arricchita di rappresentanti di importanti istituzioni quali il Parlamento Europeo e il Consiglio d’Europa, oltre agli ormai storici sostenitori del Premio: il Mibact, l’Iccrom, l’Icomos, l’Osservatorio Europeo del Paesaggio, e della partecipazione del professor Giovanni Carbonara, docente all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, e dell’architetto Alfiero Moretti, direttore generale Territorio, Paesaggio, Protezione civile, Infrastrutture e Mobilità della Regione Umbria”.
Nella consapevolezza che il paesaggio e l’ambiente cooperano all’elaborazione delle culture locali e rappresentano una componente fondamentale del patrimonio culturale e naturale, contribuendo al benessere e alla soddisfazione degli esseri umani e al consolidamento dell’identità nazionale, il Club per l’Unesco di Foligno e Valle del Clitunno ha voluto promuovere questa iniziativa nella convinzione che l’applicazione degli ideali dell’agenzia Onu e la diffusione della cultura del territorio e del paesaggio (così come del resto definita dalla Convenzione europea ratificata dall’Italia nel 2006) contribuiscano ad una nuova etica comportamentale rispettosa dell’ambiente di vita individuale e sociale.
Due le sezioni: la prima riservata agli imprenditori privati che abbiano realizzato o ristrutturato la sede della propria attività con particolare attenzione all’ambiente e al paesaggio; la seconda relativa ad amministrazioni e istituzioni che abbiano promosso ed attuato la realizzazione o la ristrutturazione di opere di utilità pubblica e sociale nel campo della pianificazione e gestione del territorio. Tantissime le candidature arrivate da tutto il Bel Paese da parte dei Club territoriali e persino una dalla Romania.
Per gli imprenditori privati, il premio è andato ad Antria, in provincia di Arezzo, ad una piccola realtà che è riuscita con enorme sacrificio a portare avanti una tradizione che era andata ormai perduta da tempo, ma che rappresenta in maniera simbolica un grandissimo esempio di rispetto del rapporto uomo-natura e di preservazione del paesaggio. La “fabbrica nel paesaggio” di Mondini è più che inserita nel paesaggio in quanto diviene paesaggio essa stessa, preservando ed addirittura abbellendo i morbidi declivi delle colline toscane, permeate e plasmate da millenni dalla presenza arnica dell’uomo. Mondini ha inseguito per più di venti anni della sua vita un sogno: ricreare nella terra degli Etruschi il modo in cui producevano il vino. Per questo con l’aiuto di archeologi, ma in primo luogo basandosi su quelle conoscenze dei vitigni e della viticultura che gli derivavano dalla pratica delle tradizioni più antiche a lui passate dal padre e dal nonno, Mondini ha abbellito le sue colline riprendendo l’uso atavico di alternare filari di viti a filari di ulivi e scavando dolcemente i1 suolo, senza ferirlo, per disporre al suo interno gli orci, rigorosamente artigianali di terracotta, ripieni di vino e sigillati con naturale cera d’api. Chi vede l’opera del Mondini sulla natura se ne innamora: colline verdi e argentee, fiori dappertutto per le api ed orci con il vino che matura i suoi profumi all’interno della madre terra. Da qui è venuta al Centro per l’Unesco di Arezzo l’idea della candidatura della “fabbrica” di Antria. “Vi possono essere progetti più completi e complessi, ma nessuno sicuramente cosi poetico e frutto di profondo amore per l’ambiente, le tradizioni, la natura” ha commentato la presidente del Centro per l’Unesco di Arezzo, Luigia Besi Fanfani.
Nella sezione Amministrazioni pubbliche si è imposto il Comune di Udine con la realizzazione del Parco del Cormor, restauro ambientale e ricostruzione del paesaggio idro-geomorfologico lungo l’omonimo torrente Cormor e i suoi ambiti golenali, boschivi e ripariali querco-carpineti, in sostituzione delle vaste discariche di inerti della periferia udinese, che esistevano tra lo stadio ed il Centro Fieristico Udinese. Il progetto è firmato dall’architetto Roberto Pirzio Biroli. “Sono presenti alberi monumentali tra cui la sequoia e alcune specie di querce e conifere. Questo insieme – ha sottolineato Renata Capria D’Aronco, presidente del Club per l’Unesco di Udine – con le specie arboree e la biodiversità dei prati caratterizza il Parco Cormor e il Parco storico del Centro Fieristico come un vero e proprio orto botanico”.
Due erano le candidature umbre: la Cantina Arnaldo Caprai di Montefalco, terra del Sagrantino (proposta dal Club di Foligno) e la “Tessiture Giuditta Brozzetti” realizzato nell’antico compendio di San Francesco delle Donne di Perugia.
La cerimonia di premiazione era stata preceduta dal concerto degli Amici della Musica con la partecipazione della straordinaria soprano Sumi Jo con il maestro Marco Scolastra al pianoforte e la presentazione di Michele Suozzo. “Se vi fa piacere io canto ancora!”: straordinaria e generosa, Sumi Jo non si è sottratta agli entusiastici applausi di un Auditorium San Domenico gremitissimo, ad un soffio dal sold-out. Fino alla standing ovation che le ha strappato un doppio bis: “O mio babbino caro” di Puccini ed una commoventissima “Ave Maria” di Schubert. “Vi canterò però una sola strofa, in latino” perché, e davvero non si sarebbe detto, “Sono sotto gli effetti del jet-lag e di un raffreddamento”.
Eppure il concerto ha restituito una magnifica interprete del belcanto quale Sumi Jo è nel mondo, che ha infilato una dopo l’altra le lucenti perle di un repertorio che la celebrano soprano di assoluta grandezza. Bravissimo anche Marco Scolastra, affatto intimorito e in perfetta simbiosi artistica con una stella capace di far brillare insieme allure divistica, ammaliante presenza scenica, grande talento interpretativo, voce che fonde in un tratto unico, e a volte struggente, tecnica e sentimento. E non ultima, una sorprendete simpatia umana. Sul palco ha scherzato e dialogato con il pianista, lo ha chiamato più volte ad accogliere gli applausi lasciandogli la scena, fino a farlo cantare. Insomma, un concerto indimenticabile che ha visto alla fine tantissimi spettatori in coda, forse come mai accaduto all’Auditorium, per autografi e selfie.