Sulla pietra rosa di Assisi poggia la solidità di un cristianesimo che si salda da secoli con l’anima laica. La sua suggestione ha fatto da cornice all’anteprima l’1 dicembre scorso del film “Chiara”di Susanna Nicchiarelli, protagonista la bravissima Margherita Mazzucco (foto di copertina) ospitata proprio dentro Palazzo del Monte Frumentario di Assisi che nel XIII secolo rappresentava, una pietra sopra l’altra, uno dei primi ospedali del mondo occidentale. Lì dentro era quotidiana la “cura” per l’altro e, la scorsa sera, è imperiosamente rimbombata con l’eco della lingua volgare, sottotitolata nella pellicola ora, allora verbo di popolo. Fin dalle prime immagini si capisce che non si tratta di una narrazione agiografica. Si materializzano progressivamente sullo schermo prodromi d’anarchia, femminismo ante litteram, sfida al potere costituito, storia, umanità, miracoli possibili. E impossibili. Livore, persino, per Francesco, magistralmente interpretato da Andrea Carpenzano, che accetta la regola.
Uno tsunami emotivo gonfiato dalle note di Anonima Frottolisti, ensemble assisiate che, per dire uno fra i tanti spartiti magnificamente creati per il film, per minuti ha declinato sul pentagramma il nome Chiara. Commuovendo. Mentre prototipi di clarisse ballavano gioiosamente tra i fotogrammi, richiamando in qualche modo il magico clima che si respira durante il Calendimaggio. Tutto ruota ed è incarnato da una donna che ha scelto la libertà di scegliere ma soprattutto di condividerla, alla pari e con le altre sue compagne che sono fondamentali per comporre la trama narrativa, bravissime tra l’altro Carlotta Natoli e Paola Tiziani Cruciani. C’è una scena in cui incedono tutte insieme che ci ricorda Il quarto stato, il dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Una marcia coraggiosa verso il futuro. C’è anche poesia. Al di là del Cantico delle creature, la troviamo nella riottosità di Chiara, al limite del furioso, di fronte al pressing del cardinale Ugolino dei Conti di Segni, straordinario Luigi Lo Cascio nel film, poi papa Gregorio IX, riguardo l’obbligo della clausura e di quella regola poi approvata da papa Innocenzo IV il 9 agosto 1253, due giorni prima che Chiara morisse. Lei, Chiara, voleva uscire, aprirsi al mondo, andare in Marocco e seguire Francesco. Chiara è la chiusura di una trilogia tutta femminile iniziata da Nicchiarelli con “Nico, 1988” e proseguita con Miss Marx.
Film di donne che parlano agli uomini. Di una figlia, come ha detto lei stessa al termine della proiezione, ai padri, anche al suo che era in sala, le loro origini sono umbre, di Tavernelle, che l’ha lasciata libera di scegliere, incentivandola. Meravigliosa la fotografia così come le location: la Chiesa di San Pietro e l’Abbazia di San Giusto a Tuscania. In Umbria, la scelta è caduta su Bevagna e i boschi laziali per la Porziuncola.
Promossa dal Comune di Assisi e dalla Provincia Serafica di San Francesco d’Assisi, in collaborazione con la Fondazione Ente dello Spettacolo, la stessa padrona di casa, il sindaco Stefania Proietti è apparsa emozionata, partecipe di una serata di particolare condivisione. Non retorici i suoi ringraziamenti a chi ha rinnovato quello che per il mondo religioso e laico è lo spirito di Assisi. Toccante il ricordo che ha fatto Susanna Nicchiarelli, recuperando la genesi del film, del lavoro affrontato con Chiara Frugoni che ha collaborato alla sceneggiatura. Storica, specialista del Medioevo e di storia della Chiesa, Frugoni è stata importante per la ricostruzione delle vicende fondamentali della vita di Chiara e del contesto. “Ci siamo confrontate a lungo. La sua consulenza è stata fondamentale. Ho letto – ha spiegato la regista – i suoi libri che aprono una prospettiva diversa rispetto alla visione classica di Chiara, quella dell’agiografia. Era una ribelle, stava dalla parte degli ultimi in una società ingiusta dove il divario tra chi ha tutto e chi niente era enorme, come lo è oggi. Ha costruito una comunità di uguali, senza gerarchie. Come donna non le era permesso di fare ciò che faceva Francesco, per esempio non poteva andare in Marocco ed è uno dei momenti in cui si infuria. Lei desiderava un apostolato attivo. Nel Medioevo le donne religiose si dovevano chiudere in convento, scomparire. Chiara invece voleva essere d’esempio. La vita religiosa era una scelta di libertà, in un’epoca in cui ti costringevano a sposare a 12 anni un uomo che poteva averne 70. Il taglio dei capelli così come l’indossare il velo, un atto di liberazione che lascia riflettere, invece, sulle costrizioni che imperano oggi e sviliscono e schiavizzano l’esistenza delle donne”.
Emozionata la giovanissima protagonista Margherita Mazzucco: “Non conoscevo la storia di Chiara. Quando mi è stato proposto il ruolo sono rimasta perplessa. Poi devo dire che questa figura mi ha affascinato. Ho cercato di dare il meglio di me stessa”.
Per padre Massimo Travascio, Custode della Porziuncola: “Chiara ha saputo parlare ai cuori della gente con gioia. Chiara di nome, chiarissima per virtù”. Così come è un pezzo punk, I’m enough dei Downtown Boys, a scatenare la danza liberatoria di Miss Marx, è la canzone di Cosmo, Le cose più rare, a farci immaginare Chiara, oggi, in mezzo a noi. Vera.