PERUGIA – Venerdì 11 aprile alle 18, nelle eleganti sale di Palazzo Graziani Baglioni a Torgiano, è stata inaugurata la mostra “Da me quanto dista la terra?”, un’esposizione che mette in relazione il lavoro di Leoncillo Leonardi con quello della scultrice Manuela Cirino. La mostra sarà visitabile fino all’8 giugno 2025, al MACC – Museo d’Arte Ceramica Contemporanea di Torgiano.
Leoncillo Leonardi (1915–1968) è stato uno scultore italiano noto per l’uso espressivo della ceramica. Dopo un inizio legato al realismo sociale, sviluppò uno stile personale caratterizzato da forme materiche e drammatiche, esplorando il rapporto tra natura e artificio.
Manuela Cirino è una scultrice contemporanea che utilizza la ceramica per esplorare il rapporto tra forma, spazio e linguaggio. Le sue opere riflettono una ricerca sensibile e dinamica, ispirata ai processi naturali e alla trasformazione della materia. Il suo lavoro si distingue per un equilibrio tra rigore concettuale e libertà espressiva.
L’iniziativa è curata da Lorenzo Fiorucci e Azalea Seratoni, ed è frutto della collaborazione tra diverse realtà artistiche, tra cui il Museo Arte Ceramica Contemporanea, l’Archivio Eredi Leoncillo, Montrasio Arte, con il supporto del Comune e dell’Associazione La Strada dei Vini del Cantico.
La mostra esplora due visioni differenti della scultura, unite però da un interesse condiviso per la materia in trasformazione. La ceramica, medium prediletto da entrambi, diventa strumento espressivo e simbolo di un’arte in continua evoluzione. Leoncillo approfondisce il concetto di “natura artificiale”, mentre Cirino si concentra sul dialogo tra forma, spazio e linguaggio.
Ai microfoni di Vivo Umbria la curatrice Azalea Seratoni e il curatore Lorenzo Fiorucci hanno approfondito alcuni aspetti della mostra:
Perché intraprendere un dialogo con le opere di Leoncillo Leonardi?
Azalea Seratoni: “si potrebbe dire così: nella comunicazione orientata al trasferimento di informazioni, la massima efficienza si raggiunge quando i codici di codifica (A) e decodifica (B) coincidono. Tuttavia, nel contesto di un’interazione volta alla produzione di nuova conoscenza, la divergenza tra i codici è determinante.
Nel momento in cui il dialogo mira alla creazione di senso, all’elaborazione di un contenuto nuovo, la divergenza dei codici diventa necessaria. È lì che l’informazione smette di ripetersi e comincia a trasformarsi. La ricerca di Leoncillo apre dunque un confronto necessario con la scultura contemporanea”.
Lorenzo Fiorucci: “Leoncillo è uno dei protagonisti della scultura italiana del secolo scorso, in particolare di quella ceramica. Per Cesare Brandi era addirittura il terzo scultore Italiano dopo Marino Marini e Manzù pertanto è giusto considerarlo un punto di riferimento anche per le generazioni future come quella di Manuela Cirino che necessariamente si confrontano anche con il passato per poter orientare al meglio la ricerca contemporanea”.
Leoncillo e Cirino a confronto secondo la vostra visione.
Azalea Seratoni: “l’accostamento di Cirino e Leoncillo senz’altro poggia sulla condivisione di una stessa linea fabbrile che adotta la ceramica come mezzo d’elezione, come mezzo privilegiato, ma quasi per negarlo, per contraddirlo: la terra diventa materia metaforica. Nei due autori c’è un’idea di organicità di ciò che cresce ed è vivo, un’idea di costruzione che si fa pezzo per pezzo, l’importante è che la forma nasca da un fare, non può essere vera la proporzione di una forma disincarnata e ideale, il lavoro nasce dal suo stesso divenire.
Lorenzo Fiorucci: “sono due artisti diversi per generazione e per modalità di trattare la materia, tuttavia un dialogo giocato non solo su accordi, ma anche su disaccordi permette di svelare relazioni anche non immediatamente evidenti come ad esempio l’idea di materia come strumento per mostrare un interiorità un sentimento profondo che Leoncillo palesa soprattutto nella sua fase informale mentre per Cirino l’interno prende forma e si lascia intuire come una fonte energetica dinamica grazie alla deformazione delle sue geometri che assumo, in alcune opere, l’idea stessa di instabilità interiore”.
Quali sono le caratteristiche distintive del lavoro di Leoncillo che pensate possano risuonare con il pubblico contemporaneo?
Azalea Seratoni: “le sue opere non si limitano a rappresentare, sono immagini che si scompongono e si compenetrano, sono frammentate, lacerate, cariche di pulsioni, personificano il trauma, la frattura, la condizione dell’uomo, sono profondamente umane.
Il lavoro di Leoncillo non è mai compiaciuto né rassicurante. L’opera si costruisce dentro la ferita, come se la forma nascesse da una tensione che non si risolve, ma si rende visibile. Il taglio non è solo gesto ma immagine di una impossibilità”.
Lorenzo Fiorucci: “l’opera di Leoncillo è un atto di coraggio quasi eversivo, che si palesa nel modo in cui egli mette a nudo se stesso, la propria fragilità attraverso l’opera fatta di una materia prima, la terra che in qualche modo è la materia originaria della vita. Questo disvelamento delle proprie fragilità lo rende un uomo contemporaneo ma allo stesso tempo lo differenzia nel modo di affrontare questa condizione senza rifuggirne”.
In che modo il dialogo tra le due epoche artistiche arricchisce la comprensione della scultura come forma d’arte?
Azalea Seratoni: “mettere in dialogo epoche diverse significa rompere la linearità della storia e della storia dell’arte e riscoprire la scultura come linguaggio stratificato, che si nutre di ritorni e trasformazioni. Questo dialogo mette in campo la capacità della scultura di farsi corpo critico nel tempo”.
Lorenzo Fiorucci: “Musil ha scritto che la storia dell’arte è una storia di grandi copiature, ora senza prendere alla lettera questa affermazione è vero che ogni sguardo sul presente necessita un punto di partenza che risiede nel passato, tanto più per un ambito come l’arte. La scultura non fa eccezione e mettere a confronto momenti storici diversi ci permette in realtà di misurare come e se certi processi che portano alla formazione dell’opera sono cambiati e perché. Confrontare è un’azione forse semplice ma necessaria per arricchire la comprensione del passato ma soprattutto per tentare di decodificare il presente”.