Il 18 settembre del 1970, esattamente cinquant’anni fa, scompariva James Marshall, meglio noto come Jimi Hendrix. Il chitarrista venne trovato morto nell’appartamento che aveva affittato al Samarkand Hotel di Londra, al 22 di Lansdowne Crescent.
Fiumi di inchiostro sono stati necessari in questo lasso di tempo per raccontare di quello che probabilmente è stato il più grande di tutti, forse non solo a livello chitarristico.
Iniziamo da Enzo Vita, chitarrista del Rovescio della Medaglia, che ci ha detto: “Sono nato musicalmente proprio nel periodo hendrixiano chiaramente insieme ad altre band, quindi stabilire cosa mi è maggiormente piaciuto di Hendrix è difficile.
Ricordo con piacere Electric Ladyland e Axis bold as love che per degli iniziatici come me era difficile copiare; succedeva quindi che i dischi venivano letteralmente consumati essendo autodidatta. Rammento di essere andato al Brancaccio a sentire un suo concerto ed è inutile dirti lo stupore che ho provato”.
È poi la volta dell’umbro Toti Panzanelli, chitarrista della band di Antonello Venditti, che scrive: “Parlare di Jimi Hendrix non è facile perché ogni volta che si parla di un genio si rischia il banale;
ha avuto una visione assoluta della libertà, ed ha trovato in essa la sua spinta!
Il suo stile, dal quale tutt’oggi qualunque musicista, e non solo chitarrista, ne ha tratto beneficio, era un concentrato di meraviglie; l’uso della leva vibrato, il feedback creato grazie alle sue peripezie chitarristiche ed ai volumi alti che ero solito usare, l’uso degli effetti, il meraviglioso suono della sua mitica Fender Stratocaster bianca, il sublime ritmo, le meravigliose composizioni hanno fatto della sua arte una cosa unica e irripetibile !
È inetichettabile, si potrebbe dire che nasce da due elementi quali il blues e il funk, generi che aveva frequentato prima di “lanciarsi” maturo con il suo trio.
Tutti meravigliosi i suoi dischi in particolare secondo me: Axis: Bold as Love.
Altrettanto meravigliose e fondamentali le sue esibizioni dal vivo, leggendaria quella di Woodstock in cui improvvisa un inno americano da rabbrividire, pregno di significato, il più evidente quello della guerra in Vietnam, ormai orrore di tutta l’America e non solo, dove lui nell’enfasi simula i bombardamenti e l’orrore”.
Anche Aldo Tagliapietra, voce e basso delle Orme ha voluto darci una sua testimonianza, scrivendo: “L’unica volta che vidi Hendrix suonare con Mitch Michell alla batteria ed il vecchio amico Billy Cox al basso fu nel 1970 all’isola di Wight. È stata un’emozione grandissima sentire ed ammirare il musicista che aveva cambiato il modo di suonare la chitarra elettrica nella musica rock, è stata una specie di “benedizione”. Non posso dire che fosse in perfetta forma quella sera; si capiva che era stanco ed insoddisfatto, stufo di suonare sempre la stessa musica e di fare il personaggio “spettacolare”. Voleva cambiare genere e sicuramente lo avrebbe fatto di lì a poco se il destino non ci avesse messo lo zampino. Tornai a Venezia con l’entusiasmo di un bambino e quando dopo qualche settimana annunciarono la sua scomparsa ci rimasi malissimo
Nella vita di tutti i giorni si dice che fosse una persona gentile, disponibile, umile, generoso e grande appassionato di fantascienza; era il musicista dei musicisti.
Si narra che John Lennon, dopo il grande successo di Hey Joe, avesse detto: “ora che la gente si è accorta di lui, spiccherà il volo e noi musicisti a Londra non lo vedremo più ma buon per lui “.
Abbiamo sentito anche il bassista della PFM, Patrick Djivas , che ha scritto: “È sempre bello ed emozionante scoprire un artista. Ci sono quelli che scopri e che dimentichi velocemente, quelli che diventano parte della tua vita, poi ci sono i grandi che scopri e riscopri più e più volte. Tutti abbiamo scoperto Beethoven per le devastanti quattro prime note della quinta o per la settima, stupenda colonna sonora di “Arancia Meccanica”. Ma Beethoven continui a riscoprirlo man mano che la tua cultura musicale si affina perché è un artista che ha il dono della comunicazione immediata, quasi radiofonica, insieme ad una straordinaria completezza musicale che non smette mai di stupire. Jimi Hendrix è uno di questi grandi, certo “Hey Joe” è arrivato come una tranvata in faccia al mondo intero, eppure io ci messo qualche anno a capire la vera statura di questo straordinario artista. Tuttora, ascoltando qualche suo brano, mi accorgo di preziosità che mi erano sfuggite e mi rendo conto che il pianeta Hendrix riserva sorprese in continuazione, come Beethoven, i Beatles, insomma i grandi che alimentano di continuo la nostra crescita musicale”.
È poi la volta di Bernardo Lanzetti, storica voce di PFM ed Acqua Fragile, e socio onorario n. 1 di Trasimeno Prog, che racconta: “Nell’estate del ’67 ero a Londra; dormivo in una specie di Ostello a Notting Hill e per alcune settimane avevo lavorato in un ristorante a Leicester Square. Prima di ripartire per altre città europee vissi l’esperienza di immergermi in un mondo di musica, moda e socialità rimasto unico e singolare.
I Beatles erano usciti con “All You Need Is Love”, subito dopo “Sgt. Pepper’s”, alcuni degli Stones erano stati arrestati per droga, Jack, Ginger ed Eric si presentavano con “Fresh Cream” e i Pink Floyd con Syd Barrett suonavano “See Emily Play”.
Di giorno passavo molto tempo con una fauna variegata di artisti, hippies, musicisti di strada, tra Soho e St. James’s Park dove per la prima volta sentii parlare di “Hey Joe” e quindi di Jimi Hendrix e del suo album Are you experienced.
Ricordo quando andai per acquistare quel disco in un negozio famoso in cui era possibile ascoltare la musica desiderata in cuffia ma in grandi cabine con finestre che davano su Piccadilly Circus.
Ecco, la puntina scava nel primo solco, Jimi sfrega il suo plettro, di costa, perpendicolarmente a tutte le corde, giusto all’inizio del manico (solo anni più tardi fui edotto circa questa diavoleria), sembra si inneschi un larsen o forse un disco volante atterra sul traffico londinese e “Foxy Lady” incontra il Cupido sulla fontana.
Tolgo le cuffie, esco concitato dalla cabina e urlo al ragazzo alla cassa: “LO COMPRO!”
Ho molto amato Hendrix, per tutto quanto era e per tutto ciò che ha fatto. Il suo grande genio innovativo, il suo ammirato rispetto per il passato, i colori e il sorriso che indossava, la leggendaria chitarra “sbagliata”, i testi dei suoi capolavori e persino il suo modo di cantare e masticare il chewing gum.
Confesso di non aver capito, all’epoca, l’inno americano suonato a Woodstock ma rivivo la commozione e lo sgomento quando, nel mio girovagare, da una radio texana appresi della sua morte, come a suggellare che lui non era di questo mondo”.
Ancora, Lino Vairetti, leader degli Osanna, ci ha inviato queste righe: “Jimi Hendrix è stato l’acme di un movimento musicale e generazionale che ha rivoluzionato il mondo. È arrivato al momento giusto per farci esaltare, emozionare e capire tutto il bene e anche tutto il male che nascondeva la nostra società. Noi Osanna lo abbiamo sempre avuto come punto di riferimento nella nostra musica, partendo dall’assolo di chitarra di Danilo Rustici nell’album L’Uomo che, ispirandosi all’inno americano suonato da Jimi a Woodstock, esplorava le note di Bandiera Rossa (l’inno comunista che era nelle orde di quel movimento), fino al nostro attuale omaggio ad Hendrix, con la citazione di Purple Haze all’interno del nostro brano L’Uomo, diventato ormai parte del repertorio Osanna. Jimi è stato per noi un grande esempio nel bene e nel male. Anche la sua morte prematura, che ha sconvolto tutti noi facendoci versare un mare di lacrime, ci ha insegnato che alcune debolezze di quella generazione ovvero l’uso di stupefacenti (senza fare del moralismo sterile), era forse una nota negativa del movimento. Lui parallelamente al suo estro, alla sua innata genialità e alla capacità di rivoluzionare il modo di suonare la chitarra, ci ha insegnato anche questo.
Jimi Hendrix rimane una pietra miliare nella storia della musica rock, riconosciuto come vero “genio universale” … probabilmente il più grande di tutti”.
Per finire abbiamo sentito Filippo Marcheggiani, chitarrista del Banco del Mutuo Soccorso, che si è così espresso: “Io appartengo ad una generazione di chitarristi cresciuta nell’era dell’ipertecnicismo e dell’uso smodato della tecnologia. Eppure Hendrix mi folgorò immediatamente, al primo ascolto di “Electric Ladyland”, un disco totale, dove il suono così crudo, senza fronzoli, era completamente al servizio del genio assoluto.
Uno dei miei più grandi rimpianti è sicuramente quello di non averlo potuto vedere dal vivo, per motivi anagrafici. Ogni volta che mi imbatto in un suo video live ho la netta sensazione che ogni suo concerto sia stato un evento storico. D’altronde stiamo parlando di colui che ha cambiato per sempre le sorti della chitarra e della musica rock in generale. Non sono molti i musicisti che possono vantare un contributo così determinante nella storia della musica mondiale.
Stiamo parlando del Bach dei nostri tempi, sarà il tempo a collocarlo tra i maestri di tutti i tempi”.
Per chi volesse ascoltare la nostra playlist #remebering_Jimi su Spotify, questo è link: https://open.spotify.com/