FOLIGNO – «In vino veritas» ed «In cibo meritas» sono due spettacoli di teatro canzone “ad alto tasso alcolico e calorico” in scena da un paio d’anni nei teatri, nei locali, nelle piazze del centro e nord Italia grazie alla compagnia umbra dei Jazz Glazz. Loro, musicisti in bilico perenne tra jazz e swing, hanno dato vita ad un fluire ininterrotto di parole, musica, acrobazie sonore e risate, pause ad effetto e brindisi, metafore sul vino e sulla vita tenute insieme sostanzialmente da due elementi fondanti: l’affiatamento ed il talento.
L’attor vinante
I quattro strumentisti e cantanti, insieme ad un “attor vinante”, hanno messo in musica lo spirito di cene, serate, battute fulminanti un tempo reciproche, ed oggi indirizzate a più ampia platea. Due pièce scritte con la testa al Teatro canzone di Gaber, il cuore alla Verde Milonga di Paolo Conte, il piede sul predellino del treno di Amici Miei atto primo, la guancia rassegnata a ricevere gli schiaffoni dell’altro Conte: il Mascetti.
La compagnia
Roberto Pierucci (sax), Aldo Bertuzzi (piano), Graziano Brufani (contrabbasso), Claudio Bosco, Claudio Trinoli o Roberto Forlini (batteria), e Rodolfo Mantovani (attore), sono talenti cristallini che girano, suonano e ridono, brindano smontano e guidano lungo i tracciati delle consolari appenniniche e costiere, da Roma a Firenze e su fino a Bolgheri, ma non troppo oltre: perché non è così semplice armarsi e partire, quando per vivere si deve fare altro e si suona per talento e per passione. Certo è che i due spettacoli rappresentano ad oggi una produzione indipendente generosa e di livello alto: una di quelle che contribuisce a fare della nostra regione la piazza ideale per quanti, come i Jazzglazzisti, amano vivere in bilico lungo la sottile linea armonica che da Conte porta a Capossela, da Buscaglione al jazz, da Stevie Wonder torna allo swing. Ma quello elegante, però. Quello italiano.
Un distillato di musica e battute
Nei due spettacoli non c’è battuta, passaggio, inedito, accordo o fraseggio che non sia stato distillato, provato, riprovato e “triprovato” all’asciutto. Ovvero, senza un buon vino a battezzarne l’approvazione, l’ammissione in programma, l’idoneità alla messa in scena. Memorabili le sessioni in montagna, a Colfiorito di Foligno, una volta l’anno, in luglio con i Fab Five chiusi per giorni a perfezionare, limare, scrivere parole e partitura, note e battute. Le performance che ne sono uscite sono il distillato ventennale di un’amicizia gaudente. Raccontano il rito della tavola che da necessità diventa piacere, e da piacere weltanschauung.
Il secondo spettacolo
Per anni, i Jazz Glazz hanno affinato in botti di sagacia musicale «In vino veritas»: dopodiché, non paghi loro, ne tantomeno la loro platea di fedelissimi che li segue di palco in palco, hanno partorito il naturale prosieguo del primo spettacolo, «In cibo meritas». Gaudente, goliardico, cameratesco fratello di latte della performance primigenia, ma incentrato sul mangiare e i suoi rituali, da regione a regione, da paese in paese, declinati etnologicamente.
In vino veritas: la sorpresa
«Credo che il punto di forza di “In vino veritas”, la sua garanzia, sia il saper suscitare sorpresa, un crescendo di divertimento e coinvolgimento nello spettatore – dichiara Aldo Bertuzzi, piano e composizione -. Lo spettacolo parte cupo, in un certo modo. Non in sordina, ma “adagio”, per poi aprirsi ad un crescendo di sensazioni e di godibilità. È proprio questo elemento, la sorpresa appunto, ad entusiasmarmi maggiormente, sul palco». («Il pubblico – ribadirà più tardi Roberto Pierucci, coautore e sassofonista – si riconosce totalmente, si identifica in quello che raccontiamo. Non va al cinema al cinema a vedere una storia, ma osserva la rilettura dinamica di quanto gli accade giornalmente. Ed è questa la cosa che fa più ridere. E poi, noi ci divertiamo davvero. Ogni volta, è una festa. Non c’è ricerca di tecnicismi o finzione, e lo spettatore lo avverte. Il piacere di suonare insieme è fortissimo, e contagioso. Il divertimento viaggia di pari passo con l’improvvisazione, ogni serata è diversa è diversa dall’altra, ed il pubblico si sente a casa. Si sente a suo agio»).
Il teatro canzone
Quanto ai padri spirituali, pochi dubbi: «Noi, non è un mistero, ci ispiriamo senza mezzi termini al Teatro canzone di Gaber – dichiara Bertuzzi -. Un artista capace di reggere due ore di spettacolo da solo, grazie ai grandi silenzi, alle canzoni, ai monologhi scritti con Sandro Luporini. Nel nostro piccolo, le nostre performance sono ispirate a quei tempi ed a quei ritmi, seguono quella falsariga». E su “In cibo meritas”: «Nonostante i titoli siano simili è uno spettacolo costruito diversamente. Mentre «In vino veritas» spinge sul piacere, «In cibo meritas» lavora sul bisogno primario del nutrirsi. Una necessità che finisce col diventare essa stessa piacere, aprendo la via all’ironia. Giocando sul concetto di fame ed i vari tipi di appetito, finiamo col toccare tutti gli aspetti della vita dell’uomo. Per farlo lavoriamo sulla musica, sui colori, sui testi, con un gioco di dialetti più marcati che nel primo spettacolo. ».
L’ispirazione musicale
«Qui la presenza di composizioni nostre e inedite, è più forte – prosegue Bertuzzi -. Se “In vino veritas” spaziavamo da Vivaldi a Capossela, ne “In cibo meritas” abbiamo prediletto brani originali, così come originale è tutto “il libretto”, la sceneggiatura». A rimanere identico è il panorama musicale di riferimento, ad iniziare da Paolo Conte: tanto che il pezzo che chiude lo spettacolo è “Gli impermeabili”.
La sorgente dell’ispirazione
Anche Roberto Pierucci conferma come l’ispirazione nasca dall’amicizia fortissima che lega i componenti della band. «L’amicizia è il principio che ispira questo progetto originale – dichiara – . Tutto è nato dalla voglia di socializzare, di stare insieme, di condividere le atmosfere delle serate passate negli anni a suonare insieme, a confidarci attorno ad un tavolo. L’obiettivo era quello di raccontarsi, certo: ma anche di trasmettere qualcosa di più profondo. Il sentire era talmente concreto che questa amicizia la volevamo bere, la volevamo mangiare, la volevamo offrire».
Il quotidiano, il naturale
Ma qual è il segreto della vitalità dei due spettacoli? Prosegue Pierucci: «Entrambi celebrano azioni tra le più naturali e ripetute della vita di tutti i giorni: la forma teatro canzone è tra l’altro quella che più facilmente permette di portare in scena il quotidiano. Si mangia e si beve senza pensare, senza grandi stratificazioni. Per questo, l’atto diventa un fenomeno culturale straordinario, forse quello che ci differenzia di più da nazione a nazione, da città a città, addirittura da paese a paese. Ognuno mangia e beve a modo suo, e spesso diventa “strano” il modo in cui lo fanno gli altri. Così, giocando sulle differenze, sulle incomprensioni, sulla vis comica che si cela dietro al bere e mangiare scatta l’ispirazione, scatta l’ironia».
I ruoli sfumati
Altro segreto di vitalità, la mancanza di ruoli definiti. Ancora Pierucci: «I Jazz Glazz sono tutti musicisti e attori, attori e musicisti. I ruoli si scambiano, tanto da non capire più chi sia cosa. L’attore balla e canta, i musicisti recitano – dichiara -: ed è questo che crea il ritmo, che crea un ponte tra la risata e la riflessione che ci piace identificare con la poesia. Questo è quello che vorremmo lasciare nei nostri spettatori: la poesia intesa come ponte tra la goliardia e la malinconia. Un ponte che richiede grandi architetti per essere costruito: e noi, in fondo, spingendo le persone a sostare nel mezzo di questo movimento, vorremmo lasciarli riflettere sulle emozioni, sulle sensazioni che hanno vissuto “poeticamente”».
Hanno scritto di loro
«La cosa più bella che hanno scritto di noi è che “nei nostri spettacoli, la gente ride a bocca aperta”. Ma c’è anche sentimento. Molti concordano sul fatto che le persone si emozionano, si commuovono con determinate canzoni o in determinati passaggi, con brani nostri, originali. Alla fine, si ha la sensazione di aver partecipato ad una serata tra amici. Questo, per noi è straordinario. Essere riusciti a portare leggerezza, a trasmettere la stessa amicizia, lo stesso divertimento che ci anima quando suoniamo, ogni volta che saliamo sul palco».
A presto, su qualche palco
Un doppio appuntamento, quindi, che non sarà difficile incrociare nei prossimi mesi nei locali cari ai Jazz Glazz. Le loro piazze? Perugia, dove più volte, tra l’altro, hanno partecipato a spettacoli di beneficenza, di concerto con l’associazione culturale dei Guasconi. Ma anche Foligno, Bastia, Terni, Spello… Ogni volta la platea di fedelissimi si diversificava, mescolandosi ad avventori più o meno causali. Tutti, all’uscita, con lo stesso sorriso stampato sul volto. Complice, certo, il buon vino, la cui disponibilità e abbondanza è richiesta espressamente dai jazzglazzisti, come conditio sine qua non per l’andata in scena. Ma anche, e soprattutto, per il talento e la naturale vocazione alla presa in giro, alla battuta, alla goliardia sapientemente musicata, che fa delle esibizioni dei Jazz Glazz uno spettacolo pronto per essere replicato su tutti i palcoscenici: anche i nazionali.
Nel frattempo, spazio alla rete (www.jazzglazz.it) e ai social: https://www.facebook.com/jazzglazz/, https://www.instagram.com/jazzglazz/, https://youtu.be/XTpLq7Fv2JY
Monica La Torre