Intervista a Sabina Guzzanti sull’ironico nuovo monologo: lavoro, politica e tecnologia

TERNI – Baravai Comedy è una rassegna che si svolge in quattro giorni, dal 25 al 28 luglio, all’Anfiteatro Romano di Terni. Sabato 27 luglio tocca a Sabina Guzzanti che nel nuovo spettacolo “Liberidì, Liberidà” mescola, con il suo inconfondibile stile, ironia tagliente e critica sociale, invitando gli spettatori a riflettere su cosa significhi essere veramente liberi in un’epoca di grandi cambiamenti e incertezze: un monologo tra politica, lavoro e tecnologia accompagnato dalla vena ironica che contraddistingue la satira dell’attrice. Ne parliamo con la stessa Sabina Guzzanti.

– Liberi di fare cosa? Liberi da cosa?
Liberi di partecipare, per esempio, alla vita politica del Paese, liberi di decidere, liberi di dire la propria, senz’altro. Ad ogni modo, lo spettacolo si intitola Liberi Di, in verità è uno stand up di questa politica sulla situazione, sulla attualità, sul governo: un dialogo immaginario con Meloni e con Schlein ed è già una libertà che mi prendo di parlare con la presidente del Consiglio, soprattutto liberamente, come se davvero si potesse chiamare Giorgia e di poter parlare liberamente, facendo satira, dicendo cose che sono anche in profondo contrasto con la versione governativa e anche controcorrente, come di solito.
– Che dire della Meloni e della Schlein a proposito della libertà di opinione?
Sicuramente al governo c’è Meloni è la libertà di opinione che non è per niente tutelata. Quando verrà la Schlein, l’abbiamo sentita in una recentissima intervista a La 7 che diceva che qualora il Pd andasse al governo e qualora lei fosse ancora a capo del Pd, lei non lo utilizzerebbe e farebbe forse anche una riforma, tra l’altro in conformità alle richieste europee che dicono che il servizio pubblico non deve essere sottomesso alla volontà del governo, come in Italia è sempre stato. E’ sempre stato, poi fino a un certo punto, diciamo poi da Berlusconi poi c’è stato.
– Il famoso Editto bulgaro, lo ricordiamo tutti.
Ma non è solo l’Editto.
– Ma sì, certo, quello fu la punta dell’iceberg.
Eh, appunto, non è solo l’Editto, magari fosse solo quello perché tantissime altre persone sono state sbattute fuori senza possibilità di replica e comunque l’imposizione del modo di fare domande è che ancora è rimasto, la televisione e anche i programmi di informazione sono ancora toccati da quel modo di impostazione.
– E che dire, in tempi di intelligenza artificiale che tutto sembra volgere verso la omologazione del pensiero, come salvarsi?
Appunto, liberi da che cosa? Dalle continue manipolazioni oltre che dai media e dalla pubblicità arrivano adesso anche dagli algoritmi che sono assai più subdoli per il semplice fatto che non c’è alcun tipo di cultura rispetto a come funzionano; ci accorgiamo adesso che Facebook esiste da 2008, insomma quasi 20 anni dopo, artefice di una trasformazione profondissima, non soltanto politica, di condizionare l’opinione pubblica, ma anche dal punto di vista proprio personale. Cioè rendono le persone infelici e più siamo infelici più vogliamo stare sui social.
– Ecco sì, è come se fosse in atto un’obsolescenza programmata ormai, come ogni prodotto, anche gli esseri umani. Se infelici ci si butta a capofitto verso il consumo, il prodotto nuovo, cercando di colmare i vuoti esistenziali.
Anche, ma si tratta soprattutto proprio di suicidarsi.
– Suicidarsi anche criticamente nel pensiero?
Di più, direi anche fisicamente, non solo criticamente, è una felicità concreta che diventa depressione, ansia, e poi ci sono anche tutte queste campagne contro gli haters per come parlano come se fosse colpa loro, sono semplicemente vittime di un sistema fatto apposta per trasformarli in quel modo. Ci possono riuscire con le persone più indifese. Anche se credo che le persone aggressive siano quelle più forti, ovviamente. Quindi, ce la prendiamo con le vittime e lasciamo salve queste multinazionali che sono come tutte le multinazionali per forza cose spregiudicate.
– Spregiudicate che hanno come fine ultimo, anzi come principio primo, il profitto.
Profitto appunto però in modo cinico e spregiudicato.
– Senza nessuna etica.
Quindi liberi da tutti i condizionamenti, per tornare al titolo dello spettacolo e che sono forse anche più forti delle imposizioni esterne, soprattutto in Italia, quando non scendiamo più in piazza, erano dei paesi in cui c’era una partecipazione sia alle elezioni che in piazza molto elevata, siamo diventati un paese in cui non protesta più nessuno, neanche se toccano la legge sull’aborto, anzi ogni volta che qualcuno protesta, si fa un processo mediatico, una condanna a reti unificate di tutti quelli che hanno fatto una scritta un po’ più estrema, come se la violenza fosse quella e non quella che subiamo tutti i giorni.
– Ma come sviluppare questo pensiero critico in questi tempi così difficili dove il potere sembra più imporre piuttosto che indirizzare, legiferare in termini di confronto tra maggioranza e opposizione?
Quello di stare insieme agli altri in modo qualificato, se si va in pizzeria e ci si ubriaca, non è che quello che lo alimenta, però il problema è che quando ci confrontiamo con gli altri ci rendiamo conto di cose che non avevamo visto, ci rendiamo conto dei nostri pregiudizi, per esempio i pregiudizi sono impossibili da riconoscere in noi stessi e tu non vedi, è solo nel contatto con gli altri che ce ne accorgiamo, che ti fanno pensare a delle cose che appunto un altro effetto di questo tipo di sviluppo tecnologico è l’isolamento e la distruzione di qualcosa.
– Cioè, il sistema che tende a isolarci sempre di più.
E questa è la cosa anche più grave e deleteria, che la gente basta che sia insieme, anche perché poi non è che c’è tanto da capire, tutto ci viene sempre spacciato come se fossero cose troppo complicate per noi, mentre la maggior parte dei casi sono anche semplici, è un problema soltanto di rapporto di forza. Le persone comuni hanno come unica forza quella dell’unità, che ci prende per la pancia, facendoci commuovere. Quella è la nostra forza, non ne abbiamo un’altra, altrimenti la forza del potere economico ci schiaccia.
Il format è la stand-up comedy ma ci sarà spazio per l’improvvisazione?
Si, per chi non ha visto lo spettacolo non si accorge se improvviso o non improvviso. Improvviso se, in giro, ci sono soprattutto delle novità. Dipende se lo spettacolo coincide con i fatti che succedono anche rispetto a dove mi trovo. Poi dipende da quanto sia simpatico il pubblico.
– Quale altra cosa sta preparando per il futuro?
Ho sempre il pallino di fare dei film poi è sempre un po’ complicato trovare finanziamenti ma di solito penso sempre a un film che poi riesca a realizzarlo o meno e anche adesso ce ne ho almeno un paio in testa, quindi vedremo.

Claudio Bianconi: Arte, cultura, ma soprattutto musica sono tra i miei argomenti preferiti. Ho frequentato il Dams (Scienze e Tecnologie delle Arti, dello Spettacolo e del Cinema). Tra i miei altri interessi figurano filosofia; psicologia archetipica; antropologia ed etnologia; fotografia-video; grafica, fumetti, architettura; viaggi.