PERUGIA – “Il Mondo Gira Live” è il titolo del tour di Olly che come data zero ha scelto, l’Umbria, Perugia, l’Afterlife. La data: venerdì 31 marzo.
Olly, genovese classe 2001, ha definito il suo stile hip-hop mettendo al centro la parola, che tende a sublimarsi fin da subito in un utilizzo della voce profondamente melodico, a tratti soul.
Ecco il mondo di Olly in questa intervista.
Da dove nasce il nome Olly?
“Dal mio cognome, mi chiamo Federico Olivieri, gli amici mi chiamano Olly Rabby e quindi ho deciso di mantenere lo stesso nome perché sono la stessa persona quando faccio musica e quando no. Inoltre mia madre chiamava così mio padre quando andavano al liceo, il nome Olly è dinastico”.
All’insegna di un’autenticità estrema…
“Esatto”.
Perché la scelta di Perugia e dell’Afterlife per la data zero del tour ?
“Non sono mai stato a Perugia prima… Mi hanno proposto un po’ di posti, ne ho scelto uno lontano da quelli dove già suonavo. Volevo arrivare ad altra gente e offrire la possibilità anche a chi è più lontano da me a livello geografico, di vederci e ho scelto subito Perugia. Son curioso di vederla, starò lì qualche giorno, quindi la visiterò”.
Dal 2016 al 2018 hai avuto una pausa di riflessione vissuta a Londra. Poi sei tornato in Italia e ripartito con la musica. Cosa hai maturato a Londra?
“In realtà più che momento di riflessione, era una pausa un po’ forzata, c’erano pochi mezzi. Avevo creato tutta la mia situazione a Genova, sono andato a studiare all’estero, ma non mi sono trovato bene e appena sono tornato una delle poche cose di cui ero certo, era la musica”.
Quindi tutt’altro che entusiasmante questa trasferta londinese?
“No, non ho dei bei ricordi. E’ stata un’esperienza che, con il senno di poi, probabilmente non rifarei. Un’esperienza che mi ha aperto la mente e mi ha fatto capire delle cose di me stesso che forse avrei preferito capire un po’ dopo, con più calma”.
Quando componi, viene prima la metrica o la musica?
“Vengono insieme, compongo con JVLY, lui mi dà un input strumentale e poi sopra ci mettiamo musica e parole, di solito le metto io, con il mio modo di scrivere che mi porto dietro da quando facevo rap, in cui tendo a mettere le cuffie e sento dentro: improvviso al microfono finché non c’è qualcosa che mi convince. Tendenzialmente le melodie più convincenti hanno già qualche parola dentro che il cervello mi fa scrivere a caso, in free style – come si dice in gergo – che poi tendo a tenere”.
Come giudichi la scena rap/hip hop italiana?
“In generale non mi piace giudicare. Ascolto quello che mi piace e quello che non mi piace non lo ascolto. C’è un altissimo livello, poi facendo questo lavoro, tendo anche a guardare come sono le persone, alcuni li conosco, altri li conoscerò. Da fan, alcuni conoscendoli mi sono un po’ scesi. Altri invece non li ascoltavo, ma conoscendoli di persona, ho capito molto di più di loro e mi sono fatto prendere. Ci sono tante cose da considerare. Però sono fan del rap e voglio sempre tenerlo nel mio progetto, un po’ con la mia scrittura e poi nel futuro anche con eventuali collaborazioni”.
Comunque un livello alto quello del rap italiano?
Dal 2019 e Il Primo amore, hai bruciato le tappe prima con il tuo terzo Ep Io sono, poi con la reinterpretazione di La Notte con Arisa e il singolo.
“L’idea con Arisa è partita dal nulla: ascoltavo tanto rap in Italia e scoprivo la tendenza di mixare pezzi americani. Ritenevo che il pop italiano potesse avere tante cose interessanti applicabili al mio genere e quindi volevo fare questa cosa. Nessuno all’inizio mi ha dato man forte, poi un giorno vado in taxi e appena salgo in radio passavano La Notte”.
E’ stata un’illuminazione…
“Esatto. L’ho proposto a JVLY, l’ho convinto. Dopo qualche mese l’abbiamo fatta ascoltare ad Arisa e abbiamo convinto anche lei a fare il brano. Poi ho rivisto Arisa a Sanremo, ci siamo parlati. Ho un bellissimo ricordo”.
Hai partecipato a Sanremo Giovani 2022 e sei stato selezionato tra gli emergenti. Cosa ti ha lasciato Sanremo?
“L’esperienza di Sanremo Giovani, ad esempio, mi ha messo molto più ansia di quella del Festival. Perché c’era in atto una vera competizione per accaparrarsi un posto importante. Sanremo mi ha dato tanto, mi ha messo in condizione di crescere velocemente, non solo in termini numerici, ma anche posizionali: dover essere sempre sul pezzo, entusiasta, riuscire a comunicare bene con altre persone nella stessa giornata. Tante persone, moltissime, ti assicuro. Ora che è passato più di un mese, è arrivato il momento di pensare alle cose su cui voglio puntare, fare un po’ di rebranding, diciamo”.