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Intervista ad Amedeo Minghi : partirà dal Mancinelli di Orvieto il suo nuovo tour il 14 novembre

ORVIETO Amedeo Minghi ha scelto Orvieto e il Mancinelli non per caso, come avrete modo di leggere se vorrete, per la data zero del suo tour che lo vedrà il 14 novembre sul palco del teatro della città della Rupe iniziare il lungo viaggio che porterà il maestro a toccare tante città del Bel Paese.

Intanto oggi, 8 novembre, dopo otto anni di silenzio, esce il suo nuovo album “Anima sbiadita” prodotto da La Sanbiagio Produzioni, su etichetta Nar e distribuzione Warner Music Italy. Con la collaborazione di Andrea Montemurro che ha partecipato alla scrittura di alcuni testi, Minghi ha realizzato undici brani inediti che costituiscono di fatto un concept-album: pezzi pieni di lirismo, marchio di garanzia del maestro, ma allo stesso tempo molto realistici con sonorità pop rock melodiche sperimentali. Su tutto, la sua particolarissima voce.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo in questa intervista.
– Iniziamo con la frase che introduce il video del brano che dà il titolo a Anima sbiadita: “Quando la polvere del tempo si adagia sulla memoria tutto sembra offuscarsi ma solo un’anima sbiadita indovina rilievi di ricordi che nitidi finalmente si rivelano”. Questo è dunque un album che possiamo definire della sua maturità?
Ad un certo punto della vita accade che ci si guardi indietro. Intendiamoci: non parlo di tracciare il bilancio della propria esistenza, fino a che c’è un attimo di vita siamo sempre attivi, però c’è un momento nel quale bisogna essere sinceri, onesti; dire le cose come stanno davvero, senza tanti orpelli o pudore. In questo senso sì, possiamo parlare di album della maturità del resto gli artisti hanno il dovere di raccontare come sono davvero.
– A proposito di anima, con quale predisposizione d’animo deve approcciarsi il pubblico a questo album?
Ho debuttato nel ‘66 e sono quasi 60 anni che faccio musica. Quando un artista come me a un certo punto arriva a 77 anni, cosa può fare? Consultarsi con se stesso. Adesso si possono dire anche cose un po’ più intime, più personali, che magari possono essere utili agli altri. Anche perché ho un pubblico molto eterogeneo e ho tantissimi ragazzi, tanti giovani che mi seguono e che sinceramente mi sento di privilegiare in questo mio dialogo perché sono loro che devono formarsi e, a loro volta, generare.
– Di questo album ha voluto curare sia gli arrangiamenti che i missaggi. C’è un motivo specifico?
Volevo fare un disco totalmente mio. Ho curato molto il suono e nonostante a un primo ascolto i brani possano apparire “semplici” , in realtà dietro c’è un grande studio su echi e riverberi. E del resto non ci si può presentare oggi in maniera improvvisata.
– Veniamo al tour: con che formazione suonerà?
Sul palco ci sarà la formazione classica, quella con cui mi esibisco da un paio di anni.
Dodici elementi: il sestetto d’archi e la band composta da Luca Perroni al pianoforte, Giandomenico Anellino alla chitarra, Alessandro Mazza al basso, Stefano Marazzi alla batteria, e dalle voci di Rosy Messina e Giordano Spadafora.
Tra l’altro con Giordano che ha 19 anni abbiamo girato un breve video l’altro giorno sul suo balcone, e l’abbiamo messo su TikTok: abbiamo fatto quasi 600.000 visualizzazioni, incredibile.
– A proposito: che rapporto ha con i giovani?
Sto benissimo con i miei giovani, per niente con i miei coetanei.
– La scelta del teatro Mancinelli come data zero del suo tour da dove nasce?
Amo Orvieto. Ogni volta che posso, di notte soprattutto, non perdo occasione per andarci. Di giorno c’è tanta gente, ma di sera mi piace percorrere quel vicoletto stretto che poi ti porta in piazza Duomo.
Più di una volta mi è capitato di mettermi seduto sulle panchine di pietra di fronte al Duomo a fumarmi una sigaretta e talvolta a parlare con la guardia notturna. L’ho fatto tante volte e lo faccio ancora quando posso. Dunque siamo felicissimi di iniziare questo viaggio proprio da Orvieto che è una città splendida e che sono sicuro ci accoglierà nel migliore dei modi nel suo bel teatro.
– Siamo arrivati al tormentone del Jukebox: le dico il titolo di un suo album (interrompe ndr.).
Ma ne ho fatti trentasei, come facciamo?
– Ho provveduto a una selezione, sperando che lei la apprezzi e condivida.
Va bene, allora. Cominciamo.
– Le dico il titolo dell’album e lei mi dà un aggettivo o una riflessione a riguardo.
Inizio. 1973, Amedeo Minghi.
Bellissimo.
– 1988 Le nuvole e la rosa.
Forse ad oggi l’album migliore, prima di questo ultimo disco Anima sbiadita. Senza dubbio Le nuvole e la rosa lo considero un concept album bellissimo, come si concepivano, per l’appunto, allora i dischi. Lo consiglio perché è meraviglioso.
– 1998, Decenni.
Un buon album: dovessi dargli un voto direi un 7+.
– 2016, La bussola e il cuore album triplo.
Caotico.
– Chiudiamo il Jukebox con l’ultimo: 2024, Anima Sbiadita.
Perfetto. Per quello che mi riguarda, infatti, racchiude esattamente ciò che sono in questo momento: classico nelle melodie, sincero nei testi, contemporaneo negli arrangiamenti e a dirla tutta non sembrerebbe un album scritto da un 77enne. Abbiamo fatto delle prove di ascolto con dei ragazzi ed erano coinvolti, i brani gli piacevano molto. Giordano Spadafora, il ragazzetto con il quale ho fatto il video su Tik Tok ed è uno dei due coristi con me sul palco e che produrrò perché è molto bravo, adora questo disco. L’ha imparato a memoria in un solo ascolto.
Sono sicuro che se il disco girasse in radio, cosa che non avverrà perché non sono più i tempi della meritocrazia, piacerebbe moltissimo ai ragazzi.
– Tornerebbe a Sanremo?
Certo, ci sono stato otto volte e non mi piace sputare nel piatto… Detto questo se Carlo Conti mi chiamasse come ospite lo preferirei.
– Davanti allo specchio le vengono in mente i suoi genitori: sarebbero contenti di lei?
Sì, oggi sì. Non credevano a questa mia scelta.
Mia mamma era abbastanza disponibile, mio papà per niente. Poi, invecchiando, quando stava poco bene aveva le mie cartoline nel suo comodino e le mostrava a tutti.

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