SPINA – Yanez Borella, 40 anni, milanese che vive a Fai della Paganella in Trentino. Da lì è partito con la sua bici elettrica e un carrello con un pannello solare che alimentava il motore della bici e che lasciava spazio anche a un po’ di viveri.
L’intento – come spiega – era quello di raggiungere il Karakorum in Pakistan seguendo una rotta sulle tracce dell’acqua. In altre parole raccogliere testimonianze sulla percezione del cambiamento climatico delle popolazioni dei Paesi attraversati: Turchia, Iran, Azerbaijan, Uzbekistan e molti altri. Un viaggio infinito che l’esploratore ha compiuto in cinque mesi, da aprile ad agosto. Yanez non è nuovo ad imprese del genere, ama viaggiare in condizioni estreme, ma spiega che non è così semplice organizzare viaggi come quello appena compiuto: sono necessarie risorse e organizzazione dettagliata per ogni piccolo particolare. Ora è a un bivio e afferma che dovrà decidere se continuare a lavorare, oppure dedicarsi alla sua più grande passione, viaggiare. Ma per il momento ringrazia il Muse, il Museo della Scienza di Trento che gli ha offerto la possibilità di questa impresa fornendolo oltreché delle risorse anche delle informazioni a livello scientifico per tracciare la rotta dell’acqua. Yanez è ora rientrato in Italia e sarà a Spina al Gecko Fest venerdì 6 settembre alle 18,30 dove in piazzetta della Vittoria incontrerà il pubblico in uno spettacolo divulgativo dal titolo “Il destino di una goccia d’acqua”, il racconto delle sue esperienze di esploratore.
– Water Highway è il titolo della tua nuova impresa, vale a dire una ricognizione dello stato dell’acqua e della sua scarsità attraversando paesi diversi per cultura e tradizioni. Il tuo obiettivo era di raggiungere il Pakistan se non sbaglio…
Tramite il museo della scienza di Trento, il Muse, il quale mi ha dato delle informazioni anche a livello scientifico, ho seguito praticamente un’ipotetica rotta dell’acqua che parte dalle Dolomiti, dove abito e arrivare fino in Karakorum, catena montuosa dell’Asia centrale, divisa tra Pakistan, India e Cina. Il mio scopo era, più che cercare, di andare a documentare anche a livello visivo, tramite anche interviste alla popolazione del posto, di come anche loro abbiano la percezione di questi cambiamenti climatici, di questa fusione del ghiaccio, di questa situazione che stiamo vivendo anche già in Italia noi, con queste temperature altissime.
– E quale opinione ti sei formato in proposito?
Non è che tutte le persone hanno la sensibilità di capire, però anche nelle situazioni più povere, anche se la priorità non è il clima o l’acqua, riescono a percepire che proprio in questo clima per loro è un problema anche a livello economico e anche di vita. Un caso eclatante è quello del lago di Aral tra Kazakistan e Uzbekistan dove dal 1963 hanno tolto gli affluenti, hanno tolto tanta acqua degli affluenti e il lago si è praticamente prosciugato, e, soprattutto nella zona orientale è ora quasi del tutto disabitato, là dove una volta vivevano di pesca.
– Credo che anche per le colture e per i pascoli immagino ci sia un problema molto grave.
Si, ad esempio in Turchia, ai piedi dell’Ararat non riescono più a mantenere per tutto l’anno il bestiame perché a un certo punto devono venderlo prima perché a fine settembre, a fine estate non hanno più acqua per abbeverare il bestiame. Comunque, queste sono le prime cose che mi sono balzate in mente, ma anche e soprattutto in Kazakistan, con le temperature che ci sono, a proposito dell’acqua, dicono che sono già – io sono passato a giugno – al 40% di risorse idriche solo perché il resto era già evaporato, quindi comincia ad esserci una grave criticità anche perché lì l’acqua viene dal sottosuolo, è carsica, e già ora comincia a emergere il problema.
– Anche in Italia si ricomincia a parlare dell’acqua come bene prezioso, soprattutto con la scarsità in Sicilia e la siccità che si sta manifestando, ma in genere nelle zone che tu hai attraversato e visitato, la carenza dell’acqua è dovuta anche alla malagestione degli acquedotti, giusto?
Ad esempio in Turchia, una città come Istanbul di 16 milioni di abitanti, ci sono tanti problemi in estate, soprattutto quando fa molto caldo: ci sono problemi in tante abitazioni che si limitano nel dosaggio dell’acqua perché l’acqua non arriva perché gli acquedotti sono ancora quasi quelli romani, per assurdo! Quindi queste sono le criticità che si verificano anche in molte altre aree del mio viaggio dovute ad una cattiva gestione della risorsa acqua. Ma anche nel nostro Paese, un dato recente che per ogni litro di acqua che eroghiamo, mezzo viene disperso nelle falle degli acquedotti…
– Hai incontrato difficoltà nel tuo viaggio?
Ho avuto una serie di gravi difficoltà, ma viaggiare è anche un mettersi alla prova e devo dire che una volta superate le difficoltà maggiori ti senti pronto a percepire meglio quello che vedi e quello che senti. Perché poi, superate le difficoltà doganali e quelle del deserto, l’Uzbekistan è bellissimo e la gente è molto cordiale. Per assurdo, l’aneddoto è che quando stavo uscendo dell’Uzbekistan avevo ancora un po’ di soldi che avevo cambiato e stavo cercando in qualsiasi modo di spenderli perché dopo averli cambiati sarebbero stati inutili. Non riuscivo, perché mi fermavano in tutti i posti, mi offrivano da mangiare, addirittura c’erano persone per strada che mi davano dei soldi e io dicevo ma non li voglio, anzi voglio spendere i miei. Ma è nella loro cultura, perché essendo musulmani il senso dell’accoglienza è molto forte. Ti fanno sentire veramente a tuo agio, più a casa lì che a casa mia, per assurdo. Poi arrivi a Roma e quando sono arrivato, avevo la bici e 40 kg di bagaglio e nessuno si spostava, nessuno mi dava una mano.
– Quale è stata l’esperienza più bella e anche quella più brutta del tuo viaggio?
Tantissime belle. A me piacciono molto le montagne. E quando ho visto quelle immense in Pakistan, mi sono sentito molto coinvolto. Sono andato su questa montagna per giorni interi da solo, senza incontrare nessuno. Mi sono sentito talmente a mio agio e talmente bene, che mi ha lasciato un ricordo bellissimo: un posto, senza persone, ho visto il leopardo delle nevi, ho visto gli stambecchi, ho visto tantissimi posti e ho detto: Madonna, è un paradiso. Poi anche nel deserto, perché nel deserto io ho trovato bello anche stare da solo, però era pieno di serpenti e la notte ti assicuro che tante volte non dormi molto bene perché sai che è pieno di serpenti in giro, quindi, per assurdo non andavi in bagno anche se ti scappava fino alla mattina, perché non vedevi dove mettevi i piedi. Sono stati momenti vissuti però mai con il panico ma sempre con quell’adrenalina giusta, però sono cose che ti fanno pensare.
– Qual è stata la cosa che in assoluto più ti ha colpito?
Le culture e le persone che mi hanno colpito tantissimo, perché noi veniamo da un Paese occidentale, noi guardiamo tantissimo solo l’apparenza, e invece per fortuna non sono tutti contaminati da questo aspetto, ma ci sono ancora persone dotate di umanità. I bambini, ad esempio, quello che noi non vediamo più, l’allegria dei bambini che si divertono con poco, veramente con poco, li vedevi giocare con un asinello e tra di loro erano contentissimi, qua li vedi con 50 milioni di cose che piangono. Purtroppo, vedendo quello che mi circonda tutte le volte in Europa, o in genere nel mondo occidentale, comincio a odiare l’essere umano perché veramente stiamo andando in una direzione senza ritorno. Ma devo dire che questo viaggio mi ha almeno in parte riconciliato con la speranza che c’è ancora qualcosa da salvare.