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Intervista a Simone Cristicchi che il 15 febbraio porterà al Secci di Terni “Esodo”

Il 15 febbraio, alle ore 21, al Teatro Secci di Terni, appuntamento con Simone Cristicchi per lo spettacolo “Esodo”: il cantattore romano torna a Terni in occasione del Valentine fest con il racconto per voce, parole e immagini sull’esodo istriano-fiumano-dalmata, come nel suo Magazzino 18, titolo della sua precedente versione teatrale.

Il prossimo 15 febbraio tornerai a Terni in occasione degli Eventi valentiniani per portare in scena il tuo spettacolo Esodo. Sei contento di tornare? Quali sono i tuoi legami con questa terra?

“L’Umbria è tra le mie regioni preferite, non solo per le sue bellezze, ma per la sua storia e per la sua spiritualità. Conosco bene la Valnerina, ha dei posti meravigliosi a cui sono molto legato, qui ho anche fatto dei concerti importanti, come quello in onore di Sergio Endrigo -(da sempre grande fonte d’ispirazione per l’artista ndr.)- alle Cascate delle Marmore e quello ad Arrone in occasione dell’Estate Arronese 2021. A ciò si aggiunge il fatto che uno dei miei musicisti storici è ternano ed ho un bellissimo rapporto di amicizia con lui.

Qual è l’apporto maggiore che hai ricevuto suonando per tanti anni con loro?

“Il cuore, mi è arrivato soprattutto il cuore. Ho avuto la fortuna di avere dei musicisti che non suonano in maniera fredda, meccanica… ma al contrario c’è molta umanità che traspare dalle loro esecuzioni. Con Riccardo Ciaramellari -(tastierista ternano)- ho fatto uno dei concerti più emozionanti, quello  davanti al Duomo di Orvieto, penso che anche per lui sia stata un’emozione gigantesca”.

 Con Esodo risvegli la memoria su uno degli episodi più tragici della storia italiana sul quale però paradossalmente c’è ancora tanto da conoscere. Solo di recente l’Esodo istriano-fiumano-dalmata ha trovato un posto nel dibattito pubblico. Quanto lavoro ancora c’è da fare e che obiettivo ti sei dato in tutto questo?

“Quello di utilizzare la memoria come uno strumento per risvegliare le coscienze, altrimenti diventa un ricordo sterile, una rievocazione fine a sé stessa. Magazzino 18 ha il pregio di parlare di argomenti purtroppo ancora molto attuali, del bisogno di guardare oltre l’apparenza, oggi più che mai, oltre le finte invasioni, guardare dietro il volto e capirne la tragedia. E riportando un triste episodio accaduto ai nostri connazionali, delle piccole storie incastonate nella nostra memoria, mi propongo di riaccendere questo messaggio”.

 Quanto è importante per te il legame con il territorio?

“Gli istriani ci danno una lezione di amore delle proprie radici, di amore per la propria terra. Pensa che durante il loro esodo sventolavano il tricolore in maniera quasi sacrale, come una liturgia. Da un lato abbiamo questo tipo di attaccamento alla terra in cui si è nati quasi in segno di riconoscenza e dall’altra lo sradicamento totale delle proprie vite: ritrovarsi persi nel mondo con il desiderio di tornare a casa negli occhi. È lo stesso tipo di malinconia che ritroviamo nei volti che vediamo oggi sui volti dei profughi. A questo si aggiunge il fatto che il migrante parte per cercare fortuna, per elevare, anche solo economicamente, la propria condizione, mentre l’esule è fisicamente costretto ad abbandonare la propria terra sapendo che se un giorno dovesse tornare non la ritroverebbe uguale a prima”.

 Qual è il valore dell’amore in tutto questo? E, se posso, che peso dai nella tua vita all’amore?

“L’amore è un sentimento fatto di relazioni e come tutte le relazioni combatte con la sua natura dualistica. È sia ciò che ti eleva per curare le tue stesse ferite e sia ciò che ti rende fragile.  L’amore poi più in generale è l’elemento invisibile che influisce su tutto, ed è l’amore che, come diceva il grande Dante move il sole e l’altre stelle. L’amore è la cura dell’altro e, se ha qualcosa di divino, rappresenta la possibilità per noi miseri mortali di sfiorare l’immenso. Ed oggi è una sfida difficile amare perché viviamo in un mondo incattivito dove la vera rivoluzione è davvero svegliarsi ed amare. Io ho la fortuna di girare l’Italia e ogni volta che sono di fronte a dei paesaggi meravigliosi, come ad lo sono oggi ad esempio a Piombino, cerco sempre di mantenere viva la capacità di non dare niente per scontato e guardare il mondo con occhi vergini, per potersi svegliare e ritenermi in questo senso un miracolato”.

Da quando nasce la tua esigenza di legare la musica, il teatro a tematiche più propriamente sociali?

“Sin da subito, dai miei primi concerti, ho avuto l’esigenza di raccontare comunque delle storie, come è stato nel 2006 con il tour Centro di igiene mentale in cui portavo la mia curiosità verso il mondo delle malattie mentali. La mia si presenta un po’ come un’urgenza, quella di ritrovare il proprio ruolo di amplificatore per tematiche importanti, altrimenti ci si limita solo a strizzare l’occhio al mercato e di portare solo un messaggio vuoto. È ovvio che una scelta di questo tipo porta con sé dei rischi ma al di là dei numeri io sono soddisfatto del mio percorso, perché è sempre stato un percorso libero. Mi ha sempre permesso di mantenermi stretta la fiducia con il pubblico”.

Ora che sembra finalmente di intravedere la luce in fondo al tunnel, hai qualche progetto in cantiere? Quali sono i tuoi prossimi passi nel futuro prossimo?

“Da metà marzo sarò in tournée con l’opera teatrale Paradiso, uno spettacolo ricco di musica e video, sulla ricerca dell’Eden perduto; poi in estate ripartirò in tour con le mie canzoni”.

 

 

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