Volto e cuore amatissimi dal pubblico dai tempi di Gazebo prima, Propaganda Live poi, da tre anni Mirko Matteucci raccoglie consensi alla Rai con un programma tagliato e cucito su quel volto e, soprattutto, su quel cuore: “I mestieri di Mirko”. Una prova? Ecco parole e dati di Maurizio Imbriale, direttore di Rai contenuti digitali e transmediali: “I primi dieci episodi della terza stagione di I mestieri di Mirko hanno evidenziato un’importante crescita rispetto alla seconda stagione facendo registrare un netto aumento delle performance: + 141% sul TTS (somma dei secondi di visione totalizzati dal video ndr.) e + 231% sulle LS (numero di legitimate streams ndr.)”.
Lunedì scorso su Rai Play è andata in onda la prima puntata della terza serie dedicata a Bevagna con Mirko che ha imparato a fare candele.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo con Matteucci.
– Una bella idea questa di “I mestieri di Mirko”, vero?
Se si riferisce ai risultati e al consenso dei telespettatori direi proprio di sì. Il merito è senza dubbio della direttrice di Rai Play e Digital, Elena Capparelli, e dell’autore del programma, Mariano D’Angelo. E’ lui che ha pensato a me come conduttore.
– Programma che in effetti sembra fatto apposta per lei.
Giudica il pubblico; io posso dire che girare l’Italia con il nostro furgone mi piace. Mi piace incontrare e parlare con la gente, scoprire luoghi fantastici e mestieri nuovi; provare a imparare a farli anche se, a livello di manualità, sono proprio scarso”.
– La figuraccia più brutta fatta in questi tre anni?
Proprio in Umbria, a Deruta. Mentre stavo al tornio ho rotto il perno centrale…credo si chiami così, insomma il rotolo attorno al quale devi modellare. Altra figuraccia a Venezia con una maschera di vetro. Ho sentito crac…
– A Bevagna è andata meglio?
Direi proprio di sì. Senza spoilerare troppo devo dire che Deborah è stata molto paziente e brava a insegnarmi a fare le candele. E poi a Bevagna non c’ero mai stato ed è una cittadina fantastica, bellissima, con la sua piazza, le chiese… La gente poi ci ha accolto con calore. Sono stati gentilissimi, anche quando siamo andati al bar. Insomma, è stato molto piacevole.
– Che diciamo per convincere a vedere la puntata dedicata a Bevagna su Rai Play?
Ce ne sarebbero di cose…Sicuramente consiglio di non perdersi gli extra con le immagini che vanno alla fine, sui titoli di coda. C’è davvero di che divertirsi stavolta. L’ho fatto vedere a mia moglie e crepava dal ridere.
– La situazione più pericolosa che ha vissuto tentando di imparare i mestieri?
– A Carrara, appeso su una parete di marmo a 10 metri d’altezza. Roba da matti. Detto questo a me piace provare a fare le cose perché proprio le difficoltà che dimostri di incontrare fanno capire alla gente la perizia, la bravura, la competenza che quel mestiere richiede. E’ un modo diretto, schietto, vero per valorizzarlo.
– Quanti giorni richiede girare una puntata?
Giorni? Uno. Siamo una squadra che ha grande intesa: siamo in cinque in un furgone. Abbiamo tutte le coordinate che ci vengono date dalla produzione. Arriviamo presto e iniziamo a girare verso le 9 di mattina e finiamo la sera, se va bene alle 7. Qualche volta, però, nemmeno facciamo in tempo a farci una doccia a metà pomeriggio.
– E mangiare? Vi inviteranno, no?
E’ capitato due o tre volte. Per il resto mangiamo un panino veloce.
– Sembra di capire che nella troupe c’è grande affiatamento…
Vero. Abbiamo imparato a conoscerci e devo dire che c’è un grande spirito di spogliatoio che ci consente di essere una squadra che lavora in sintonia. Questa armonia c’è anche con gli operatori che le varie sedi Rai ci mandano di supporto nelle diverse zone. Personalmente volo molto basso, sono affabile, cerco di mettere tutti a proprio agio al punto che, se serve, mi metto io stesso a portare cavalletti, cavi, telecamere, attrezzature varie. Si stabilisce un bel contatto e tutto questo fa lavorare bene e in tempi stretti. Spesso e volentieri questi colleghi delle varie sedi ci chiedono di fare una foto ricordo tutti insieme. Insomma, sono cose belle.
– La collega della Rai, Francesca Procopio, a cui ho chiesto notizie su di lei per preparare l’intervista, l’ha definita così: “Mirko Matteucci, un conduttore sincero”. Che ne pensa?
Che è verissimo e bellissimo. Una definizione che mi piace ed è molto calzante.
– Resta sempre Venezia la città più bella che ha visitato?
Sì, devo dire di sì. C’è un contesto unico al mondo.
– Che ne pensa del biglietto d’ingresso?
Francamente è un tema complesso. Non saprei… Posso dire, questo sì, che in effetti in alcune zone come il Ponte di Rialto o Piazza San Marco, in effetti, di gente ce n’è tantissima. Troppa.
– Il mestiere più curioso che l’ha affascinata?
Il musher, il conducente dei cani da slitta. In Italia sono solo due persone a farlo: Ararad Khatchikian e Monica D’Eliso. Siamo arrivati a Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia, dove hanno fondato la Scuola Internazionale Mushing. Dopo una lezione mi hanno messo a guidare una slitta che andavano fortissimo, un’esperienza adrenalinica anche perché questi cani erano difficili da tenere. La cosa bella è che quando siamo partiti ci hanno detto che non c’era un fiocco di neve, però ne è caduta tantissima mentre eravamo in viaggio. Abbiamo fatto in tempo a girare la puntata e la neve si è sciolta. E’ il karma che ci a aiutati. Del resto, per l’appunto, sono i rischi del mestiere.
– Vogliamo chiudere con l’elenco della tappe di questa terza edizione del Giro d’Italia di Mirko Matteucci?
Certamente. Detto di Bevagna, saremo poi al Lago del Salto nel Reatino a occuparci di coltura idroponica. Incontrerò Giorgia Pontetti, ingegnere elettronico e aerospaziale, e imparerò a coltivare su orti idroponici come se mi trovassi su Marte. Poi saremo a Subiaco, borgo dei cartai. Accompagnato da Marco Orlandi, stamperò il mio primo foglio.
Quindi Venezia, maestro d’ascia, e quindi costruzione e restaurano delle gondole per poi diventare…gondoliere a mia volta grazie a Samuele Frollo, giovanissimo gondoliere, appassionato del proprio lavoro.
– E al Sud?
Saremo a Napoli dove, in particolare, mi metterò a imparare a fare ombrelli artistici nella centralissima via Toledo, dove Mario svolge la propria attività riconosciuta in tutto il mondo. I suoi pezzi, davvero unici, sono molto apprezzati anche da re Carlo d’Inghilterra che in più occasioni ha sfoggiato una creazione del maestro napoletano.
Sempre a Napoli, non poteva mancare l’arte presepiale e toccherò con mano la difficoltà nel creare il pastore del presepio. Sempre al Sud, sarò a San Leucio, nel Casertano, dove Ezia Cioffi mi insegnerà a tessere la seta. Sarò lunedì a San Giovanni D’Asso e chiuderò nella mia Roma, ma posso solo dire che saremo all’Orto botanico.
Bene, Matteucci, devo dire che stavolta, con la sua loquacità e disponibilità, mi ha agevolato molto nel fare il mio, di mestiere. Grazie.