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Intervista a Massimiliano Burini: ci racconta come e perché la sua Turandot andrà in scena alla Scala

PERUGIA – La telefonata, lì per lì, non se l’aspettava. Però, di sicuro, Massimiliano Burini l’ha meritata per la dedizione, la passione e la fatica di anni di lavoro per l’arte. E alla fine, la sua “Turandot cuore di ghiaccio”, verrà rappresentata sul palcoscenico più prestigioso, quello de La Scala di Milano, il 28 e 30 dicembre. Date piene di fascino, cadono nel pieno delle festività e in un teatro che, in quel periodo, è una festa solo a vederlo.

Massimiliano Burini

La notizia, ovviamente, ha fatto ben presto il giro di Perugia, città natale del regista. La sindaca stessa, Vittoria Ferdinandi, non ha tardato a complimentarsi. Poi, la buona nuova, ha varcato di molto le mura etrusche.
Evidentemente sarà la musica ad essere protagonista della messinscena, sul palco ci saranno cantante, pianista e due attori con musiche a cura di Anna Pedrazzini: in particolare Claudia Belluomini indosserà i panni di Turandot, Ludovico Rohl sarà Calaf, Adele Cammarata Liù. La pianista è Gaia Luce Gervasini.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo in questa intervista a Massimiliano Burini.

La Turandot di Massimiliano Burini

– Potenza della lirica…Da dove nasce il suo “canto”?
Da quando ero bambino. La lirica è sempre stato un mio sogno nel cassetto che deriva, per l’appunto, dall’infanzia perché i miei genitori facevano parte della Corale di Monteluce, diretta ai tempi dal maestro Salvatore Silivestro. Sono cresciuto ascoltando le arie più famose, i miei erano davvero degli appassionati e ho il ricordo vivo di quelle domeniche trascorse ai concerti. Insomma, ho vissuto un’infanzia ricca di suoni, di costumi, di trasmissioni televisive in cui venivano proposte le grandi opere liriche.
– Da qui anche la cura che mette nel musicare i suoi spettacoli teatrali…
Senza dubbio, è una componente importante dei lavori che propongo e che curo particolarmente.
– Veniamo a questa “Turandot cuore di ghiaccio”. Come e perché proprio Turandot?
Devo premettere che è stato molto importante il suggerimento di un critico italiano prestigioso che è Mario Bianchi. Mi ha spinto sostanzialmente a provare con la lirica mettendomi in contatto con Barbara Minghetti, direttrice della programmazione e progetti speciali del Teatro Sociale di Como. Lei mi ha proposto di realizzare un adattamento della Turandot in una versione destinata a un pubblico di bambini.
– Perché proprio i bambini come referenti?
In realtà Barbara Minghetti ha realizzato un progetto davvero ampio che si chiama “Opera education”.
– Ovvero?
E’ una sua idea: declinare l’opera lirica per le diverse fasce d’età; dai bambini agli studenti universitari e agli adulti coinvolgendo i vari teatri lirici italiani, consentendo così al pubblico di entrare nel mondo dell’opera con codici appropriati; tali da ridare alla lirica la platea che merita.
– Un’operazione meritevole e coraggiosa…
E direi necessaria, nel senso che alla lirica ci si avvicina difficilmente perché non è realmente conosciuta o, comunque, non frequentata come la prosa. Hai il teatro per bambini, ragazzi, tout public. La lirica no.
– Immagino, trattandosi di ambini, che avrà dovuto fare una riduzione anche dei tempi della Turandot.
Certamente. Con Anna Pedrazzi, la librettista che ha lavorato con me, abbiamo ridotto l’opera da tre ore a un’ora.
– Veniamo alla telefonata de La Scala?
In realtà a telefonarmi è stata Barbara Minghetti. Questa nostra “Turandot cuore di ghiaccio” viene rappresentata nei teatri lirici da quasi un anno. Ha debuttato nel dicembre del 2023. La Scala di Milano è un ente lirico autonomo, fa reparto da sola a livello internazionale e, dunque, è fuori anche dal circuito canalizzato dal Teatro Sociale di Como. Così, quando La Scala ha chiamato Barbara Minghetti, nemmeno lei se l’aspettava. Io, ovviamente, ancora meno. Non ero neanche minimamente vicino all’ipotesi che potessi entrare alla Scala con un’opera mia.
– Cosa le ha detto la direttrice Minghetti?
Si è complimentata, era molto soddisfatta anche lei. Mi ha detto che da 25 anni stavano tentando di entrare alla Scala. Ha poi aggiunto che il Teatro Sociale di Como era molto felice e che ha grandi aspettative su di me. Ovvio, chiaramente sono cose che si dicono in questi casi.
– Chiusa la telefonata che ha pensato?
Che sono partito da una scommessa. Animato, questo sì, dal desiderio di poter entrare nel mondo della lirica che non avevo mai esplorato fino ad ora.
– Poi, a guardare le date, sarà lei a fare da richiamo al cartellone natalizio della Scala: 28 e 30 dicembre…
Sì, in realtà c’è anche la data del 29 dicembre, sarà una rappresentazione riservata a tutti coloro che lavorano alla Scala e alle loro famiglie. In effetti il calendario è appropriato per i bambini che in quel periodo non vanno a scuola e possono godersi le feste coi genitori.

– A guardare le foto ci sono costumi magnifici… Saranno quelli di scena?
Esattamente. Sono stati disegnati da Mariella Carbone, fatti e dipinti a mano, Mariella ha realizzato anche le maschere. A cucire gli abiti è stata Daniela Temperini che è una sarta con cui lavoro anche a Perugia. Ho cercato di portare con me quella che è sempre stata la squadra con cui lavoro da molti anni e che so essere in sintonia con me e con le idee che intendo realizzare a livello scenico. E che, ovviamente, ringrazio.
– All’inizio parlavamo della sua infanzia e di quanto i suoi genitori, per quanto riguarda la lirica, abbiano avuto il loro peso. Posso chiederle cosa le hanno detto?
Sono stati contentissimi Devo dire che ho dato loro la notizia nel momento in cui io stesso ero ancora incredulo.
– Verranno alla Scala?
Spero di sì, anche se hanno una certa età.

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