ASSISI– John Williams, Hans Zimmer, Nino Rota, Alan Silvestri. “Il Padrino”, “Star Wars”, “The Avengers”, “La vita è bella”, “Back to the Future”, “Schindler’s List”, “Titanic”, “Il Gladiatore”. Grandi compositori, grandi film. Il tutto condensato in due ore di spettacolo intensissimo per celebrare il cinema e i musicisti che lo hanno colorato di note immortali. A raccontare questa meravigliosa storia domani, giovedì 17 aprile, alle ore 21 al teatro Lyrick di Assisi ci sarà una delle voci più amate del panorama italiano, Luca Ward con “Soundtracks”.
E’ un omaggio alla settima arte e ai suoi spartiti con sul palco quaranta elementi di una straordinaria orchestra diretta dal maestro e compositore Paolo Annunziato, giovane talento internazionale che ha collaborato con successo alle colonne sonore delle serie “Mare Fuori”, “L’Allieva” e “La legge di Lidia”.
Di questo e altro, come nostra consuetudine, parliamo proprio con Luca Ward.
– Ward, con quale criterio sono stati scelti i film e le colonne sonore di questo spettacolo?
Partendo dai film che sono diventati iconici non solo per il loro valore legato alla sceneggiatura, alla storia, ma anche per le loro colonne sonore. Di questo tiene conto la mia narrazione.
– La colonna sonora inserita nello spettacolo a cui è particolarmente legato?
Il gladiatore e, infatti, è l’unica parte dello spettacolo che è anche recitata, per il resto la mia presenza sul palco è fatta di racconti, di aneddoti.
– Lei è figlio d’arte, quanto hanno inciso i suoi genitori nella scelta professionale che ha fatto e, soprattutto, l’hanno condivisa?
Mio padre è venuto a mancare che avevo appena 13 anni e dunque per certi aspetti le difficoltà che sono subentrare alla sua scomparsa prematura mi hanno portato a fare questo mestiere. Francamente avrei preferito fare altro.
– Restando alla sua adolescenza, c’è un film che l’ha particolarmente colpita e che rivedrebbe sempre volentieri?
C’era una volta in America. Credo che lì abbiamo toccato il massimo assoluto grazie a Sergio Leone. Un grande regista che, personalmente, inserirei nella cinquina dei più grandi di sempre. Soprattutto direi che si è rivelato un “talent scout” di facce, un cacciatore di volti da cinema, cosa che ora un po’ manca. Non è che vedo figure iconiche alla Clint Eastwood, per capirci.
– Veniamo al dono della voce: la sua è iconica ma le chiedo quanto è importante curarla, coltivarla?
La voce bella non serve a niente se non la sai usare. Devi capire come funziona il meccanismo. Mettere in collegamento cervello, corde vocali, cuore. C’è tanto da fare. Una battuta può essere detta in dieci miliardi di modi diversi. Tu devi scegliere quello che è più consono per quella situazione, per quel film, per quel momento che deve diventare anche il tuo momento. Perché, almeno io, dentro ci porto anche molto della mia vita, della mia esperienza di uomo che ha percorso già una lunga strada su questo pianeta.
– Le confesso una difficoltà che ho trovato: ho cercato un attore di grido che lei non avesse doppiato ma mi sono perso. Mi aiuti: c’è un attore che non ha doppiato e a cui le piacerebbe sovrapporre la sua voce?
Sean Connery. Ancora oggi per me è inarrivabile. Un volto, una simpatia, una leggerezza nel lavorare…spettacolare.
– Tormentone finale: un aggettivo o una riflessione su ciascuna delle espressioni con le quali ha a che fare per professione. Per lei la televisione è?
Imparare. Ho cominciato in tv che avevo tre anni nei grandi sceneggiati e ho imparato dai grandi attori; con loro ho fatto pratica: da Alberto Lupo a Ugo Tognazzi, da Vittorio Gassman a Nino Manfredi, da Alberto Sordi a Amedeo Nazzari e Tino Buazzelli. Una vera scuola che ho frequentato da giovanissimo anche anche se non immaginavo che sarebbe stata il mio futuro però, come si dice, impara l’arte e mettila e da parte. Può sempre servire.
– Il teatro?
Il contatto col pubblico. Sei direttamente coinvolto. L’audience immediata.
– La letteratura: lei ha scritto il libro “Il talento di essere nessuno”.
E mi ha fatto capire quanto è difficile scrivere. Pensavo che, tutto sommato, sarebbe stato semplice: hai una storia, la butti giù … macché. Una vera fatica. Da allora provo una grande stima per gli scrittori; per me sono dei geni, veramente non so come fanno. Scrivere richiede tanto approfondimento, studio, concentrazione e, nonostante tutto questo, non sempre ti esce lo scritto. A volte ti metti lì, stai un’ora, due ore, e niente perché il libro è fatto di momenti in cui arriva l’idea, il concetto e allora butti giù un sacco di roba, poi ti accorgi che ne hai scritta troppa e allora la devi ricorreggere, riguardare…insomma è un lavoro enorme.
La radio?
– La campionissima. E’ sopravvissuta alla tv, al cinema… Amo la radio, lavoro per Radio Italia solo musica italiana da 20 anni e ho fatto anche i radiodrammi. La radio è la vera grande vincitrice su tutti perché gli ascoltatori aumentano costantemente nonostante tutto e tutti. L’avevano data per morta 50 anni fa e non è successo. La radio è lanumero uno.
– Siamo arrivati al cinema.
Io ne ho fatto poco, ne ho fatto tanto al doppiaggio, tantissimo. Ma come ho detto da attore ho fatto poco. Perché? Forse non ci siamo incontrati o forse l’ho anche un po’ trattato male io, probabilmente. Qualche nausea di troppo. Non mi attirava il cinema e io non ho attirato lui, evidentemente. Va bene così, va benissimo.
– Tra l’altro, tornando allo spettacolo, possiamo dire che lei al Teatro Lyrick è davvero di casa.
In effetti posso dire di averlo visto crescere. Un bellissimo spazio nel quale è davvero appagante poter lavorare e nel quale torno sempre molto volentieri.
Foto di copertina: Stefano Marigliani