Intervista a Danilo Rea che stasera in piano solo propone il suo Sakamoto per Moon in June

TUORO SUL TRASIMENO –  Il concerto inizierà stasera, 22 giugno, alle 19.45, giusto in tempo per godere delle innumerevoli sfumature di rossi del tramonto sul lago. In piano solo, ma accompagnato idealmente da uno tra i più grandi autori tra il vecchio e il nuovo millennio, ci sarà Danilo Rea, pianista jazz dall’indiscusso talento che spazierà nel vastissimo repertorio di Ryuichi Sakamoto per Moon in June. Ne parliamo con il pianista.

 

– Conosci il lago Trasimeno? Ecco, immaginiamo lo scenario, Trasimeno al tramonto, luogo suggestivo per musica evocativa, proprio una definizione perfetta direi.
Certo, dovrebbe essere un buon punto di partenza. E’ una proposta che mi è stata fatta dagli organizzatori e praticamente l’ho accolta subito perché per me Sakamoto è un grandissimo artista. L’ho anche seguito spesso, ricordo a Montreux nel 2000 dovevo suonare in piano solo e prima andai a sentire lui che suonava con Morelenbaum al violoncello che ho conosciuto e ci ho suonato insieme. Poi tornai ad ascoltarlo a Roma ed eseguiva il suo repertorio dei grandi classici delle colonne sonore. Quindi, ovviamente suonava da musicista abituato a concepire l’opera nella scrittura, quella che è la partitura. Furono bellissimi concerti e non dimentichiamo che Sakamoto è l’autore di centinaia di brani bellissimi. Per cui quando mi è arrivata la proposta l’ho accettata a scatola chiusa e quindi ho cominciato a lavoraci sopra anche se il mio lavoro è fatto fondamentalmente di ascolto, nel senso che, essendo un improvvisatore, tendo ad ascoltare molto e ad assorbire il messaggio dell’artista e il clima, clima evocativo – come dicevi tu. E cercare di passarlo attraverso la mia capacità improvvisativa, quindi sarà una bella sfida che mi piace molto. La trovo molto stimolante.
– Con il Doctor 3 tra gli anni 90 e 2000 hai rivisitato in chiave jazz quanto più possibile era suonabile, spaziando dalla lirica ai Beatles, dai Red Hot Chili Peppers a Tom Waits, ora è arrivato, in piano solo, il momento di Sakamoto.
Abbiamo fatto anche il Tè nel deserto, un brano di Sakamoto che abbiamo inserito nel secondo disco. Sì, il concerto sarà una bella cosa, poi io improvviserò tanto dentro, però insomma ci saranno tanti spunti tematici talmente evocativi che si può suonare per ore. Sarà un concerto, secondo me, diverso da quelli che faccio normalmente, però io spero sarà un bel viaggio, un viaggio tra me, il luogo e chi verrà ad ascoltarmi.
– Cosa ha lasciato come eredità Ryuichi Sakamoto?
Lui è stato geniale nel riuscire a mischiare, a trovare un’identità incredibile nell’ambito di cultura diverse. In lui c’è dentro la cultura operistica, c’è Debussy, c’è Ravel, c’è il teatro giapponese che è il Kabuki, c’è un rigore pazzesco e al tempo stesso la capacità che ha avuto di fare dischi con l’elettronica. E’ stato un innovatore incredibile, ricordo appunto che nel 2000, quando suonai a Montreux fece una prima parte tutta elettronica, prima che entrasse Morelenbaum con una violinista. In questa parte elettronica inserì anche i vocalizzi di una cantante sicuramente orientale. Quindi lui ha mischiato i linguaggi come nessuno, sicuramente uno dei primi. Lascia un’eredità di cultura al servizio della musica, di una musica totale. In un momento in cui si parla di minimalismo, lui sicuramente con il suo rigore giapponese, minimalista lo è stato, ma allo stesso tempo ha una ricchezza che oggi non si trova certo in giro.
– C’è una versione di Forbidden Colours di Sakamoto insieme a David Sylvian del 1983, due delle passioni musicali di Sergio Piazzoli, ideatore proprio di Moon in June. Il tuo concerto insieme ad altri è dedicato alla sua memoria. Conoscevi Sergio?

Sì, eravamo molto amici, una persona appassionata di musica e che lo è rimasta, perché non è detto che nel suo campo poi si resti così appassionati come lo era lui, ma un personaggio dotato di una carica di umorismo, una persona con cui diventi amica, empatica direi.
– Nelle tue rivisitazioni domina una spiccata attenzione anche agli aspetti melodici di un brano. Il tuo dedicarti anche alla lirica forse sta a dimostrarlo.
Sì, tra l’altro poi il primo disco dedicato alla lirica l’ho fatto proprio a Perugia, all’Oratorio Santa Cecilia.
– Con l’etichetta Egea?
Sì, con l’Egea. Fu un momento molto bello, perché tra l’altro non mi aspettavo una risposta di pubblico, di ascolti, come quella che ho subito ricevuto. Quello fu l’inizio di una serie di concerti nella quale andai a suonare in tutti i teatri italiani. Fui addirittura chiamato dal Santa Cecilia a Roma per aprire il Festival del Belcanto con improvvisazione. Feci il primo concerto nella sala grande dell’Auditorium di Roma, il primo concerto in piano solo della storia dell’Auditorium di Roma proprio con quel repertorio. Devo dire che l’opera lirica per me è di ispirazione continua, perché sento che nell’improvvisazione per me il punto di partenza deve essere la melodia, poi me ne vado, parto, faccio voli pindarici. E in questo anche Sakamoto è un grande ascolto perché è stato capace di melodie stupende.
– Per citare due giganti della canzone italiana, tu risulti il pianista preferito di Mina e lo eri anche di Pino Daniele.
No, non so se sono stato il pianista preferito di Pjno Daniele, in realtà ho fatto con lui solo due dischi. Poi non potei più andare in tour con lui perché a quei tempi suonavo in un gruppo che si chiama Lingomania. Potrei dire che credo di essere il pianista preferito di Fiorella Mannoia con la quale recentemente ho fatto un duo bellissimo con il quale l’anno scorso siamo partiti per fare un tour di venti concerti che poi abbiamo chiuso con oltre sessanta concerti. Ed è stato molto bello perché secondo me è una grandissima interprete. Poi ho fatto tanti tour con Gino Paoli e tanti altri.
– Quanto questa partnership con i big della canzone ti arricchisce ogni volta, da un punto di vista musicale?
Mi arricchisce tantissimo, perché cerco di trovare creatività nell’interagire con una voce. Spesso accade che i pianisti eccedano nell’accompagnamento e quindi sovraccaricano di armonia il tema che è fatto dalla voce, che può essere anche un sassofono per carità. Per quanto riguarda la voce, più del sax, ha il testo, e se si lavora con artisti come Pino, Fiorella a De Gregori e molti altri, il testo ha un’importanza fondamentale, mi ha insegnato a rispettare la melodia e a capirne l’importanza, quindi questo nel tempo mi ha aiutato anche nel piano solo perché poi alla fine spesso mi accade, ad esempio, nelle masterclass che faccio con gli studenti, mi arrivano bravissimi, ma che metto in guardia e dico loro: “Attenzione perché così facendo, voi state pensando solo alla vostra bravura, all’armonia e praticamente la melodia sparisce all’interno di quello che state tessendo sotto”. Poi c’è anche un fatto di sensibilità che se non la possiedi, nessuno te la può dare.
– Oltre alle colonne sonore dell’Ultimo imperatore, di Furyo, del Tè nel deserto eccetera eccetera, c’è un altro brano che ha reso indelebile Sakamoto nella memoria collettiva, Merry Christmas Mr. Lawrence. Lo ascolteremo all’Isola Maggiore?
Certo, ricordo questo brano nel momento in cui uscì e fu una folgorazione per tutti. Lo farò, assolutamente sì.

Claudio Bianconi: Arte, cultura, ma soprattutto musica sono tra i miei argomenti preferiti. Ho frequentato il Dams (Scienze e Tecnologie delle Arti, dello Spettacolo e del Cinema). Tra i miei altri interessi figurano filosofia; psicologia archetipica; antropologia ed etnologia; fotografia-video; grafica, fumetti, architettura; viaggi.