Ho accolto con piacere l’invito di VivoUmbria a pubblicare e commentare le immagini del concerto di Ezio Bosso scattate in occasione dell’edizione 2016 di Todi Festival. La postazione ravvicinata nella cornice della splendida piazza ottenuta grazie all’intercessione di Carlo Rossini, al tempo sindaco della città, mi ha permesso di catturare alcune espressioni del volto che mostrano l’ebrezza mista a sofferenza sprigionate da ogni sua esibizione.
Bosso racconta in una recente intervista che ha iniziato il suo viaggio nella musica suonando il fagotto ma, dopo pochi mesi, colpito dall’asma, fu costretto a studiare il contrabbasso raggiungendo peraltro eccellenti traguardi. I segnali precoci della malattia neurovegetativa che lo ha accompagnato per il resto della vita lo costrinsero così a dedicarsi ad un nuovo strumento – il pianoforte – e poi alla composizione e alla direzione d’orchestra. Ma le dita, nonostante le fasciature, cominciano purtroppo a bloccarsi anche se il dolore e la disperazione non avranno comunque la meglio neanche di fronte a un altra terribile patologia che lo porterà infine alla morte.
In più di una occasione l’ho sentito ripetere che era la musica che lo aveva scelto perché ne aveva più bisogno di altri e, pensandoci bene, si può perfino credergli. Forse è proprio la musica che talvolta sceglie i suoi migliori talenti nel modo più inaspettato: e allora il suo concerto mi ha fatto tornare alla mente l’esibizione di un grande artista come Michel Petrucciani in occasione dello straordinario omaggio a Karol Wojtyla.
Si potrebbe continuare portando ad esempio altri artisti disperati come Frida Kahlo o sfortunati come Django Reinhardt che esprime il meglio del suo immenso talento chitarristico dopo aver perso l’uso di un paio di dita della mano sinistra nell’incendio del suo accampamento.
Perché la bellezza e la poesia si nascondono a volte dove meno te l’aspetti: perfino negli uomini e nelle donne che incontriamo ogni giorno a cui non facciamo caso, simboli invisibili di purezza che traggono dal dolore, dalla disperazione o dall’amore, la linfa per colorare il grigiore della nostra esistenza.