Vi proponiamo l’analisi del direttore della Rivista Umbria Ricerche, Giuseppe Coco, che questa volta si occupa dell’immagine dell’Umbria in un contesto comunicativo che evidentemente, soprattutto in questa fase, ha la sua vitale importanza. Coco individua le peculiarità e attrattiva dei nostri festival e rassegne ormai consolidate e di grande richiamo, l’immagine “verde” che la regione ha da sempre, il richiamo religioso legato alla sua componente benedettina e francescana. Indica però altre due componenti sulle quali sarebbe opportuno puntare con maggiore determinazione: l’Umbria dell’arte contemporanea e l’Umbria dei borghi da vivere.
Ecco la sua analisi.
“Nella costruzione della sua competitività un territorio ha bisogno di poter essere identificato nelle sue potenzialità e nei suoi caratteri peculiari, ha bisogno cioè di avere una sua identità. Da qui, l’importanza dei processi di costruzione dell’immagine. Il territorio deve comunicare ciò che è, ciò che sa fare, le sue qualità, il suo valore. E ogniqualvolta non si abbiano informazioni sui caratteri di un territorio, l’esistenza di un’immagine a forte contenuto fiduciario si traduce in un vantaggio competitivo per lo stesso (Tondini, L’importanza dell’immagine nell’economia contemporanea, Focus AUR)”.
L’immagine di un territorio è traducibile con “chi sono”, che a sua volta apre le porte del dove collocarsi nell’attuale mondo globale. E l’humus dove si costruisce meglio questo “chi sono” è rappresentato sicuramente dagli stimoli culturali. Stimoli che possono avere un ampio spettro e che vanno dalla storia intrigante di uomini rappresentativi del territorio alla creazione di eventi di successo.
L’Umbria con l’immagine tutto sommato ha un buon rapporto. Sono tante quelle che la valorizzano: si pensi all’Umbria verde e/o francescana. Ma al tempo stesso si pensi anche ai grandi eventi come “Umbria Jazz”, International Journalism Festival, Eurochocolate, Festival dei 2 Mondi, ecc., che generano per questi luoghi immagini ad alto valore aggiunto. Però, perché nella vita c’è sempre un però, non è mai opportuno crogiolarsi sugli allori in quanto di fronte a noi c’è un mondo mai pago e che tende in modo spasmodico ad amplificare i bisogni di nuovi gusti e di nuove tendenze. E quindi a valorizzare certi luoghi e mandarne in oblio altri.
Proprio per questo esame continuo a cui il mondo globale sottopone i territori, di seguito verrà aperta una finestra di riflessione – nella certezza che sicuramente ogni lettore ne avrebbe da proporre altre – su due immagini di Umbria ad alto potenziale. Due immagini che potrebbero contribuire maggiormente alla nobile causa di stimolare l’arrivo in regione di più persone.
Umbria culla dell’arte contemporanea
A cavallo degli anni Quaranta/Cinquanta del Novecento alcuni artisti sconvolsero per sempre l’idea tradizionale di quadro. Si ebbe un vero e proprio salto di pagina, di linguaggio. Il dipinto che coi secoli avevamo imparato a pensare come una finestra sul mondo finì col diventare mondo esso stesso. Tra i protagonisti di questa rivoluzione c’era un umbro, Alberto Burri. Il pittore dei sacchi, ad esempio, che trasforma la iuta da tradizionale supporto dell’immagine a immagine tra virgolette. Siamo di fronte ad una rivoluzione dove l’Umbria nella sua essenza più intima, sincera e solida, ha giocato un ruolo importantissimo andando ad influenzare e incidere direttamente sulla formazione di Burri. Non c’è bisogno di un illustre critico d’arte per intuire che nel ciclo dei sacchi, giusto per rimanere nell’esempio iniziale, c’è molto di quel saio sdrucito di Francesco d’Assisi che Burri aveva visto da bambino con la madre.
In Burri c’è sicuramente l’Umbria mentre in Umbria, per chi scrive, ci potrebbe essere più spazio per il Burri protagonista della nascita dell’arte contemporanea al pari di artisti del calibro di Lucio Fontana e Jackson Pollock, giusto per fare due nomi. E questo potrebbe fungere anche da stimolo per l’intera industria culturale regionale che, come si può vedere dalla tabella sottostante, sotto un profilo di valore aggiunto e occupazione sembra meno performante, ad esempio, di Marche e Abruzzo.
Umbria dei borghi da vivere
Da quando sono arrivato in Umbria all’inizio degli anni Novanta via via ho visto rimettere a nuovo praticamente la maggior parte dei borghi umbri. Bellissimi, ma con un’alta propensione allo spopolamento. Perfetti set cinematografici che quando va via la troupe, e/o i turisti mordi e fuggi del fine settimana, rimangono vuoti, soli con loro stessi.
Eppure i borghi umbri possono far leva su una qualità della vita eccezionale. Imparagonabile, volendo fare un confronto, anche al miglior quartiere delle città più fashion del mondo. In più si trovano in Umbria, dove i servizi essenziali sono di buon livello. Dove via via le autostrade telematiche, molto in sintonia con lo smart working che ai tempi del COVID ha assunto una centralità inimmaginabile solo qualche mese fa, si stanno ampliando notevolmente sul territorio.
Ecco il punto. Su questo fronte ci sarebbe da potenziare l’immagine che la vita ci guadagna nell’abbandonare le sempre più invivibili città del mondo a favore dei Borghi umbri. Nella convinzione che ciò che resiste alle pressioni del mondo non è quello che abbiamo nascosto al mondo ma quello che abbiamo aperto al mondo e lasciato che si trasformasse con esso, chiudiamo con un detto caro al Marketing: “Le persone non si aspettano, sono i treni che si aspettano. Alle persone bisogna andargli incontro”.