Anno nuovo e, pure se ci stiamo avviando verso il terzo mese, tornano le recensioni dedicate al progressive rock.
Mi piace riprendere questa rubrica da dove avevo già pensato alcuni mesi fa di proseguire; precisamente da un disco non recentissimo, autoprodotto e pubblicato nel 2019; sto parlando dell’album d’esordio della band siciliana Alcàntara, “Solitaire”.
Dopo l’autoproduzione l’etichetta irlandese Progressive Gears si è interessata alla prova della formazione siciliana curando una ripubblicazione nel corso del 2020.
Il gruppo è formato da Francesco Venti alla chitarra solista e tastiere; Sergio Manfredi alla voce e testi; Alessio Basile alla batteria; Salvo Di Mauro alla chitarra e Sebastiano Pisasale al basso; nel disco sono presenti anche Gionata Colaprisca alle percussioni in “Treefingers”; Andrea Quarolli al basso in “Bad bones”; Saro Figurra alla batteria in “Treefingers” e “Solitaire” ed Alessio Bannò all’organo hammond in “Logan”.
Proprio nell’anno dello scoppio della pandemia e grossomodo nelle fasi iniziali della stessa, sono venuto a conoscenza di questo lavoro, sicuramente particolare, che con il suo fascino maliconico ben si adattava a quel momento.
E’ un disco che non ho mai smesso di ascoltare in realtà da allora; spesso mi fanno compagnia le sue tracce nella penna usb della mia auto; forse più che di progressive rock si può accostare il lavoro alla psichedelia e ad atmosfere care, per fare un nome, ai Pink Floyd e la proposta è comunque accattivante e degna di nota.
L’album è cantato in inglese e la sua tematica fotografa i momenti attuali dove i valori si stanno perdendo, tanto nei rapporti tra le persone, e la fase che stiamo vivendo ha sicuramente acuito questa problematica, come nella politica, attraverso la quale passiamo giorni davvero tristi.
Proprio per questo ci isoliamo, ci richiudiamo in noi stessi quando invece sarebbe necessario resistere per sopravvivere e lottare assieme.
Tra gli otto brani che compongono l’album mi sono piaciuti in particolare l’iniziale “Treefingers”, con la lancinante chitarra di Francesco Venti in evidenza.
“Logan”, che dopo aver dato spazio all’organo vede nel finale ancora la chitarra protagonista.
“After The Flood”, la traccia più lunga ed elaborata, dove entrambe i chitarristi della formazione danno il loro meglio.
Infine la conclusiva “Seasons” (il link a seguire per ascoltarla: https://music.youtube.com/watch?v=UQktTs4dg6c&list=RDAMVMUQktTs4dg6c), altro brano oltre i nove minuti davvero gradevole che chiude un disco misterioso, onirico, che merita più ascolti per essere apprezzato appieno; certo un bell’esordio.
Nel frattempo lo scorso anno il gruppo ha pubblicato un singolo “The visit” che spero possa presto preludere ad una nuova produzione.
Mi è capitato di conoscere, anche se solo via mail, il gruppo perchè alcuni dei componenti avrebbero voluto assistere alla scorsa edizione del “Trasimeno Prog Festival”; magari quest’anno potrà essere l’occasione per riuscirci.
#stayprog