Tra le uscite più attese nell’ultima parte dell’anno appena trascorso vi è certamente l’album de La Maschera di Cera, “S.E.I.”, dal doppio significato; infatti rappresenta il sesto album di studio del gruppo ma è anche acronimo di Separazione, Egolatria ed Inganno.
Il gruppo è stato fondato nel 2001 su iniziativa di Fabio Zuffanti, a cui si unirono Agostino Macor e Marco Cavani (tutti e tre già nei Finisterre), oltre al cantante Alessandro Corvaglia (che con il fondatore aveva già collaborato come interprete nell’opera rock Merlin), ed il flautista Andrea Monetti.
Hanno pubblicato lavori tra il 2002 ed il 2013 che hanno riscosso un buon successo di critica e pubblico e si sono esibiti in Italia che in importanti festival all’estero.
La band è ora un terzetto (Corvaglia/Macor/Zuffanti) che si avvale, in studio e dal vivo, di una serie di collaboratori.
Il nuovo disco, decimo tra prove in studio e live, è stato pubblicato nello scorso settembre, a circa sette anni dal precedente “Le porte del domani”, edito anche in lingua inglese, ideale seguito dell’album delle Orme “Felona e Sorona”.
L’album contiene tre sole tracce; la prima, “Il tempo millenario”, suddivisa in cinque sottotitoli; “Il cerchio del comando” e “Vacuo senso” anch’essa con cinque sottotitoli, due dei quali strumentali.
Le atmosfere sono quelle classiche del prog di miglior fattura; grande uso di tastiere, ritmica in evidenza con il basso di Zuffanti che ben si accorda con la batteria dell’ospite Paolo “Paolo” Tixi, ex Tempio delle Clessidre ed i fiati dell’altro ospite Martin Grice, già componente dei Delirium.
“Il tempo millenario”, a firma di Zuffanti inizia a spron sbattuto con tastiere e basso protagonisti, fin quando il flauto compare e l’atmosfera riecheggia sonorità che abbracciano l’ascoltatore; nel frattempo il bel cantato di Corvaglia si è affacciato sulla scena e la tensione è palpabile, si alternano momenti vorticosi ad altri più tranquilli, acustici; un’ottima apertura.
La traccia, o per meglio dire “suite” si articola senza soluzione di continuità per oltre venti minuti e mi piacciono in particolare i frammenti che compongono la seconda parte, “La mia condanna”, “Separazione” e “Del tempo sprecato”.
“Il cerchio del comando”, brano scritto da Alessandro Corvaglia e dalla gradevole parte iniziale, conferma come la voce dell’autore sia tra le più interessanti del panorama italiano.
“Vacuo senso”, di Macor, con un solenne inizio, è l’ultima traccia.
Richiami ai classici del genere ma anche tanta personalità e perfino un riferimento al jazz con una frase della ben nota “My favorite things” con Martin Grice in evidenza; davvero un bel modo per chiudere l’ennesima ottima prova del prog nostrano.
#stayprog