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Domani il “Processo di Perugia” contro Napoleone, razziatore in Umbria d’opere d’arte

PERUGIA – Non poteva esserci momento migliore di questo, visto il clamore suscitato dal film di Ridley Scott “Napoleon”, per un bel processo all’imperatore corso e al bonapartismo che verrà celebrato domani, sabato 2 dicembre alle ore 16 alla Sala dei Notari di Perugia.

 

In particolare la corte si dovrà esprime su questo tema: “Il tesoro perduto. Le requisizioni napoleoniche a Perugia e la fortuna della ‘scuola’ umbra in Francia tra 1797 e 1815”.

La copertina del libro di Cistina Galassi che il testimone “chiave” de Processo di Perugia

Si tratta dell’undicesimo processo della serie voluta e ideata dall’avvocato Mattia Masotti che fa riferimento a episodi e personaggi che appartengono alla storia portati in giudizio ai nostri tempi. Tutto con la fattiva organizzazione del Rotary Club Fortebraccio, in collaborazione con Aiga e Ordine degli avvocati di Perugia. Rotary perché alla base c’è una finalità benefica, da qui l’ingresso di 15 euro (10 per gli studenti): i proventi saranno devoluti al Centro Speranza di Fratta Todina, struttura sanitaria riabilitativa e educativa, per il progetto di messa a dimora delle piante per un giardino sensoriale.
A dire la verità il film di Ridley Scott, che alla data 28 novembre ha pur sempre incassato nel mondo 79.052.716 dollari e 3 milioni di euro solo in Italia, non convince tutti gli storici.

“Delle 2 ore e 38 minuti, direi che 38 minuti sono accurati”, ha dichiarato a Sky News l’esperto di storia militare Andrew Roberts. Tra le scene prese di mira la Campagna d’Egitto quando, durante la battaglia delle piramidi, Napoleone spara verso una delle piramidi, cosa mai avvenuta, e soprattutto la discrepanza d’età fra Giuseppina Bonaparte che era più anziana di Napoleone mentre l’attrice che l’interpreta, Vanessa Kirby, è di 14 anni più giovane della sua controparte, l’attore premio Oscar  Joaquin Phoenix.
Al “Processo di Perugia” interverranno i magistrati Daniele Cenci, Maria Giuseppina Fodaroni e Paolo Micheli per il collegio giudicante, il procuratore generale Sergio Sottani in qualità di pubblico ministero, l’avvocato Franco Libori avrà il complicato incarico di difensore di Napoleone. Il notaio Vittoria Scattone sarà garante delle operazioni di voto. Attesissimo l’intervento del costituzionalista Mauro Volpi.

La professoressa Cristina Galassi

Figura centrale, come in tutti i processi che si rispettino, il testimone. In questo caso si tratta della professoressa Cristina Galassi, tra i tanti titoli, anche quello di direttrice della Scuola di specializzazione in beni storico artistici dell’Università di Perugia. E’ lei, in questa intervista, a instradarci riguardo il Processo di Perugia.
– Lei è dunque il testimone chiave in quanto, come si dice, informata sui fatti.
Sì, l’argomento del processo ricalca il titolo del volume che ho dedicato a questo argomento.
– Quali sono i capi d’imputazione?
Due, ed entrambi riguardano la spoliazione di opere d’arte in Umbria  in due fasi e in modalità diverse.
In particolare il primo  si riferisce alla depredazione manu militari con la quale è stato dato corso ai Trattati di Tolentino e Bologna (1796-1797). Nello specifico, in riferimento a Perugia, nel trattato si indicavano la  Pala Oddi di Raffaello, l’Incoronazione della Vergine eseguita su disegno del maestro stesso dagli allievi Romano e Penni, e la Resurrezione di Cristo del Perugino. Gli emissari di Napoleone non si  fermarono qui, infatti entrarono in luoghi di culto sottraendo complessivamente ben 31 opere.
– A chi di questi emissari di Napoleone dobbiamo dire, in particolare,  “grazie”?
Jean-Antoine Gros e Jacques-Pierre Tine.
– Il secondo capo d’imputazione?
Dopo aver nuovamente occupato Roma nel 1808 e aver annesso alla Francia lo Stato della Chiesa, ecco la seconda ondata di spoliazione.
-Stavolta cosa viene depredato?
A prendere la strada verso la Francia, nel 1812, sono le opere rappresentative della scuola umbra anteriore e posteriore a Raffaello, come le tavolette della celebre Nicchia di san Bernardino, i dipinti di Caporali, Alunno, Signorelli, degli Alfani.
– Il predatore chi era?
L’allora direttore del Musée Napoleon,  che oggi è il Louvre, Dominique-Vivant Denon.
– Sconfitto Napoleone cosa abbiamo riportato a casa?
Venne dato mandato ad Antonio Canova ma ovviamente non aveva documenti certi su quante opere erano state depredate e soprattutto dove erano state nel frattempo dislocate. I musei erano molteplici. Non c’erano solo Parigi e il Louvre, voglio dire…
– Senza voler anticipare il verdetto, di capi d’imputazione, a naso, ne sarebbe bastato uno…
Forse emotivamente, ma non storicamente:  le spoliazioni del 1797 assunsero a Perugia, come nel resto dell’Italia, i connotati del “bottino di guerra”  funzionale a una precisa strategia politico-militare. Così che i funzionari napoleonici selezionarono le opere in base a griglie di valore precostituito, andando a intaccare in modo considerevole il novero dei dipinti più celebri e più celebrati dalla storiografia artistica. Ci fu, intendo dire, una lucida sottrazione di simboli. La seconda confisca è invece sistematica perché redatta sulla base di inventari, e ancora più centralizzata perché gestita in prima persona dal direttore del Louvre di allora che insegue l’opera d’arte “esemplare” oppure utile, a fini museali, a completare una serie continua e ordinata.
– Povera difesa…
Avrà le sue armi: si dirà che Napoleone ha portato via l’arte da Stati allora tirannici,  liberandola. E che la Francia aveva una indiscutibile consapevolezza di come valorizzare l’arte. L’esempio, per tutti,  il Louvre e l’idea del museo universale.

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