Dopo 5 anni d’attesa – il precedente lavoro Seme* era infatti uscito nel 2018 – ecco il nuovo disco della band perugina Il Bacio della Medusa: Imilla.
L’album sarà presentato in anteprima il prossimo 17 agosto ai Giardini del Frontone, in occasione della prima serata della quarta edizione del Trasimeno Prog Festival.
Il gruppo è tra le formazioni più interessanti del nuovo corso del prog italiano ed ha alle spalle una carriera più che ventennale.
Si tratta del settimo disco della band (5 in studio e due live); un album non di semplice assimilazione, che in parte – dal punto di vista musicale – è abbastanza accostabile al predecessore dove s’intrecciano atmosfere prog, rock e folk; grande è l’attenzione ai testi, che assumono un’importanza fondamentale.
Il cantante Simone Cecchini in un primo momento aveva pensato ad un album solista; la band nel frattempo, rallentato il lavoro per una nuova uscita discografica a causa della pandemia, ha sposato il progetto a cui è seguito un grande lavoro d’arrangiamento che ha portato al prodotto finale; il concept, i cui testi sono stati appunto elaborati da Cecchini, è ispirato ad una storia vera, quella di Imilla, nome di battaglia di Monika Ertl, la ragazza che vendicò il Che.
Il padre Hans Ertl, fu un esploratore e cineasta tedesco costretto a trasferirsi dalla Germania in Bolivia a causa del coinvolgimento nella produzione di film di propaganda per il regime nazista.
Qui la sua storia si intreccia con quella del fuggitivo Klaus Barbie, noto per gli innumerevoli crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1969 Monika entrò in contatto con l’Esercito di Liberazione Nazionale ed allacciò una relazione con Inti Peredo, succeduto al Che, che fu ucciso per ordine del colonnello Roberto Quintanilla Pereira.
Scoperto che quest’ultimo ordinò l taglio delle mani al cadavere di Che Guevara venne individuato come bersaglio dell’esercito di liberazione nazionale ed inviato sotto copertura ad Amburgo per rivestire il ruolo di console.
Sarà qui che a Monika sarà ordinata la vendetta dei guerriglieri ed il primo di aprile del 1971, ad Amburgo, sparò 3 colpi al petto del console con una Colt Cobra 38 Special che si pensa le sia stata consegnata da Giangiacomo Feltrinelli.
L’album va ascoltato in toto anche per comprenderne bene i testi ottimamente interpretati dall’autore Simone Cecchini; tra i brani, dove c’è una grande prova del l’ultimo arrivato Andrea Morelli – fratello di Eva da sempre nella band – “La dolorida” ha un grande impatto così come le successive “Zio Klaus” e “Ho visto gli occhi di Inti virare a nero”.
Fanno subito preso il riff di “Dentro Monika qualcosa non va” e tutta la parte strumentale della finale “Colt Cobra 38 Special”.
In occasione del concerto e dell’imminente uscita del disco abbiamo incontrato alcuni membri della della band (la fiatista Eva Morelli, il cantante / chitarrista Simone Cecchini ed il batterista / tastierista Diego Petrini).
Il Bacio della Medusa compie vent’anni (al netto del fatto che sarebbero 21 ma il periodo pandemico lo cancelliamo); cosa ci raccontate in proposito?
DP: Caro Alfredo, quella del BDM è stata una bella avventura: in più di vent’anni abbiamo vissuto assieme il bello e il brutto e per fortuna incontrato moltissime persone, amici, fan e musicisti in tutto il mondo che ci hanno supportato e ci hanno dato una grande energia propulsiva nell’andare sempre avanti.
Ritengo che la nostra fortuna sia stata quella di trovarci come vero e proprio collettivo artistico (dove ognuno ha dato il suo personale contributo), forse siamo uno degli ultimi gruppi nel senso più profondo del termine a cavallo degli anni Novanta e i primi Duemila.
Abbiamo subito tutta la decadenza del mondo musicale e culturale, più in generale della società, che non riesce più ad avere un pensiero critico sulla vita e quindi anche sulla vera funzione della musica e di ogni altra manifestazione artistica.
La mia visione idealista però mi impone di avere una speranza nel futuro: da insegnante in ambito musicale cerco di trasmettere le mie conoscenze e la mia empatia affinché i bambini di oggi possano avere l’opportunità e le giuste capacità per cambiare nel profondo le cose.
SC: Francamente credo sia impossibile cancellare quell’anno di pandemia; è stato molto importante, nel bene e nel male, perché ci ha fatto rendere di conto di quanto sia vitale la nostra quotidianità fatta di incontri e di socialità.
Ci è mancato suonare tutti insieme, con costanza e senza limitazioni e nel corso del 2020 abbiamo provato molto meno ed abbiamo preso la decisione di inserire Andrea nell’organico della band.
Sicuramente 20 anni (21 se non si vuole escludere la pandemia) sono un lasso di tempo importante per una band.; qualche volta ci siamo concessi delle pause, a volte ci sono state incomprensioni o divergenze artistiche, per poi riconciliarci e ripartire di nuovo assieme.
Se si vanno a tirare le somme il bilancio è molto positivo; abbiamo realizzato cinque album in studio (con quello imminente), e due dal vivo (uno elettrico e uno acustico).
Se si pensa che comunque siamo un gruppo che si muove nelle sfere dell’underground che non ha a che fare con il mainstream, credo che sia un risultato molto soddisfacente.
Non ci lamentiamo affatto, abbiamo condiviso a volte intenti comuni mentre in altre occasioni, nel corso di questi anni, ci siamo concessi l’opportunità di sperimentare ed intraprendere strade diverse, ognuno come riteneva opportuno ma siamo sempre tornati a percorrere nuovi sentieri come collettivo.
Di tempo ne è passato e da ventenni che eravamo ci siamo ritrovati ad oggi ad essere più che quarantenni; eravamo considerati le nuove leve del progressive rock italiano, adesso sappiamo che dietro di noi c’è una folta schiera di giovani pronti ad essere loro stessi la novità.
Ogni volta che ci ritroviamo in studio, cerchiamo di riconfermare quello che sappiamo fare con l’intento di regalare sempre qualche emozione nuova al nostro pubblico; dopo tanti anni abbiamo maturato la consapevolezza che non sia semplice fare musica in modo libero e creativo, svincolati dai diktat dell’egemonia culturale imposta dalla grande industria discografica ed in questo senso possiamo solo imporci di cercare in noi le forze per continuare a resistere.
La vostra formazione ha visto ruotare alcuni elementi; nati come quintetto per un periodo siete diventati un sestetto mentre ora siete di nuovo in cinque; soddisfatti della scelta?
DP: Beh, questo è dovuto in parte alle necessità di ogni album e in parte alla nostra compatibilità con le scelte di vita delle altre persone. È innegabile che ogni musicista che ha gravitato nel BDM abbia dato un contributo importante; ora credo che sia stato raggiunto un buon equilibrio anche se ciò non esclude ulteriori collaborazioni in futuro.
SC: Nel corso degli anni abbiamo avuto diversi cambi di organico. Inizialmente abbiamo intrapreso la nostra avventura musicale come quintetto. Poi con “Discesa agl’inferi d’un giovane amante” abbiamo inserito in line up il violinista Daniele Rinchi.
Dopo la sua uscita dal gruppo siamo tornati alla formazione originale ed in occasione delle registrazioni di SEME* abbiamo ritenuto opportuno l’innesto di una seconda chitarra; ora siamo nuovamente in cinque e non escludiamo ulteriori cambi di formazione; siamo un gruppo molto dinamico.
E’ evidente che ad ogni variazione della line up dobbiamo rivedere gli arrangiamenti dei nostri brani, ma questo non ci pesa perché nel corso degli anni abbiamo sempre rimesso mano agli arrangiamenti live dei nostri cavalli di battaglia rendendo stimolante anche la rivisitazione degli stessi.
Certo è un ulteriore carico di lavoro; ora essendo nuovamente un quintetto e con un unico chitarrista elettrico, abbiamo dovuto aumentare il carico di lavoro sulla base ritmica con un doppio impegno per Diego che è ancora più diviso tra la batteria e le tastiere.
Il concerto del prossimo 17 agosto si svolgerà ai Giardini del Frontone, luogo storico per la musica nella nostra città; quali le vostre sensazioni in proposito?
DP: Siamo davvero molto contenti di aprire la quarta edizione del Trasimeno Prog Festival nella serata perugina ai Giardini del Frontone, luogo importante per quanto riguarda la musica ma anche il cinema nella nostra città!
Tra i tanti concerti visti ricordo ancora con stupore il live dei Fantomas di Mike Patton nel 2004 con il leggendario Terry Bozzio dietro una pantagruelica batteria e gli Zu in apertura! Davvero fantastico!!
SC: Almeno per quanto mi riguarda provo molto entusiasmo nel poter suonare nella location storica dei Giardini del Frontone. Abbiamo potuto assistere a numerosi concerti in quel luogo meraviglioso e presentare il nostro nuovo album in anteprima credo che sia l’occasione migliore per poter anche noi salire finalmente su quel palco.
Con la serata del 17 agosto raddoppiate la presenza al Festival (c’eravate già stati nel 2021); ma il legame con Trasimeno Prog è profondo; tant’è che avete anche suonato nel primo “vero” concerto organizzato dall’associazione da cui è stata poi tratta la vostra ormai penultima prova discografica, Animacustica; che ci raccontate in proposito?
EM: “AnimAcustica” è il frutto del nostro live acustico organizzato grazie alla collaborazione con Trasimeno Prog e registrato a Palazzo della Corgna a Castiglione del Lago.
L’esperienza di riarrangiare i nostri brani in veste acustica era già stata avviata con ottimi risultati in concerti precedenti come quello romano all’Auditorium Lo Sciamano o ancora quello realizzato nel Salone d’Apollo del Museo civico di Palazzo della Penna di Perugia in occasione dell’ultima edizione dell’evento What’s Happening organizzato dall’Associazione Il Circolo delle Menti.
L’album ha poi visto la luce durante la pandemia, un momento di profonda crisi interiore dettata dall’impossibilità di provare, di suonare dal vivo, di progettare; un blocco totale pesantissimo dal quale però non ci siamo fatti totalmente sopraffare, portando a conclusione a distanza con notevoli difficoltà i lavori di mix e master fino ad arrivare all’uscita discografica per AMS Records.
Un grande traguardo raggiunto ed una bella sfida che ci ha dato molte soddisfazioni; il pubblico ha saputo cogliere l’essenzialità dei brani, spogliati della loro veste elettrica e reinterpretati con il solo ausilio di voce, pianoforte, percussioni, fiati, chitarre e basso acustici in una meravigliosa cornice tardorinascimentale.
SC: Da uomo lacustre quale sono (permettetemi l’espressione scherzosa) fa sempre piacere onorare con la nostra presenza le manifestazioni organizzate dallo staff di Trasimeno Prog, che ritengo una realtà importante nel nostro hinterland.
Nel corso di questi anni l’associazione in questione ha organizzato diversi eventi ai quali abbiamo partecipato con grandissimo piacere, sia come pubblico che in prima persona come artisti. Come dimenticare il live acustico del BDM presso Palazzo della Corgna: un concerto riuscito alla grande in luogo bellissimo. Ricordo ancora la magia di quella serata dove ho potuto cantare al massimo delle mie potenzialità, forte delle trame sonore che i ragazzi tessevano e della partecipazione del pubblico che in quell’occasione fu particolarmente caloroso.
Tutto è sembrato riuscire alla perfezione e ogni singola nota è stata una vera e propria alchimia. Quando abbiamo riascoltato le riprese effettuate durante quella performance ci siamo subito resi conto di avere del materiale per poter dare alle stampe quello che poi sarebbe divenuto il nostro secondo album dal vivo e cioè AnimAcusticA.
Il rammarico è che a causa del lockdown e delle restrizioni non abbiamo potuto dare continuità al progetto di portare la nostra musica in teatri o luoghi di interesse culturale.
In futuro, tuttavia, ci farebbe molto piacere riproporre questo genere di eventi, magari proiettandoci alla realizzazione di quello che potrebbe essere AnimAcusticA Vol II.
Veniamo all’album nuovo, per quanto tempo ci avete lavorato?
SC: A gennaio del 2021, io e mia moglie Giulia abbiamo avuto una lieta sorpresa: abbiamo scoperto di essere in attesa di un bambino ed in marzo abbiamo ricevuto la conferma che si trattava di una bimba.
Mi ero appassionato alla lettura di un libro intrigante intitolato “La ragazza che vendicò Che Guevara – Storia di Monika Ertl” di Jürgen Schreiber; successivamente ho cercato e fortunatamente trovato un altro testo che trattava la vicenda di Monika Ertl in una prospettiva romanzata; “La Gringa – Storia di una Guerrigliera” di Régis Debray.
Così durante l’attesa dell‘arrivo della nostra bimba, ero immerso in queste storie coinvolgenti che trattavano di donne coraggiose e straordinarie come Monika Ertl, una figura affascinante; la combinazione dell’emozione della paternità imminente e dell’ispirazione tratta dalla lettura ha reso quel periodo davvero memorabile.
Ho iniziato a scrivere, come non avevo mai fatto, tutti i brani dell’album e mentre parole e note mi venivano alla mente e alle dita, ho iniziato a registrare i brani attraverso uno studio improvvisato in quella che poi sarebbe diventata la cameretta di mia figlia Ginevra (anche se a dire il vero lei non la usa molto, visto che ama dormire con me e mia moglie).
Mi sono ritrovato con una demo in mano, di un disco che inizialmente prevedeva 10 brani (invece che i 9 attuali) al quale avevo dato una veste arrangiamentale folk, cantautorale e latin con ll’idea di inserire percussioni e strumenti tipici della musica popolare andina nel mio progetto musicale. Mentre cercavo di trovare i musicisti giusti per questa avventura, ad ogni ascolto di quella demo, ho iniziato a percepire un’atmosfera simile a quella de Il Bacio della Medusa che permeava il mio lavoro.
Ho quindi deciso di mettere da parte le mie spinte egocentriche che mi avrebbero portato alla realizzazione di un album da solista e ho invitato i ragazzi del BDM a pranzo.
Andrea era già entrato nella formazione, e dopo il pranzo, ci siamo recati in auto sulle montagne circostanti, arrivando alla Rocca di Pierle, luogo dove avevamo registrato molte delle nostre opere in passato.
Durante il viaggio, abbiamo ascoltato la demo che avevo registrato, e i ragazzi hanno apprezzato avendo la lungimiranza di cogliere il potenziale di quelle registrazioni embrionali, realizzate con mezzi molto modesti, come una chitarra classica, un kazoo e una tastiera.
Nei mesi successivi Diego ha riarrangiato le mie composizioni e il risultato finale è ciò che potrete ascoltare ora. L’album Imilla è il frutto di questa collaborazione, e siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto.
Per problemi che hanno riguardato la mia famiglia, abbiamo trovato non poche difficoltà ad organizzare le prove e quindi siamo potuti entrare in studio solamente nel novembre scorso concludendo le registrazioni entro Natale. Il mixaggio ed il mastering sono stati eseguiti a Castelfidardo nei primi mesi del 2023.
Il titolo è Imilla, come nasce?
SC: Il titolo “Imilla” fa riferimento al nome di battaglia di Monika Ertl, la ragazza che vendicò Che Guevara. Il padre di Monika, Hans, era un noto esploratore e cineasta tedesco coinvolto nella produzione di film di propaganda per il regime nazista durante il Terzo Reich. Dopo essersi trasferito in Bolivia negli anni ’50, gestirà una tenuta chiamata “Dolorida” insieme alla moglie e alle tre figlie.
Durante il suo soggiorno stringe rapporti con Klaus Barbie, conosciuto come il “Boia di Lione”, che le figlie chiamano affettuosamente “Zio Klaus”. Monika cresce sotto l’influenza del padre, imparando sia l’arte della cinematografia che l’uso delle armi e dopo un matrimonio fallito si unisce all’Esercito di Liberazione Nazionale.
Poi arriverà una relazione con Inti Peredo, che aveva preso il posto del Che Guevara e sarà ucciso per ordine del colonnello Roberto Quintanilla Pereira. Monika, con le sue origini tedesche, diventa il braccio armato ideale per vendicarsi di Quintanilla.
Così, il 1° aprile 1971, Imilla (Monika) spara tre colpi al petto del console boliviano a Amburgo, lasciando un biglietto con la scritta “SIEG ODER TOD” (Vittoria o Morte); poi riesce a fuggire e torna in Sudamerica, ma viene uccisa in un’imboscata da forze di sicurezza boliviane il 12 maggio 1973 a El Alto a La Paz, forse per ordine di Klaus Barbie.
Il destino vendicativo e beffardo si abbatte anche su Klaus Barbie, il quale, durante un volo in deltaplano, vedrà il figlio precipitare su una rupe delle Ande, lasciando il suo sangue sulle rocce e generando la paura di una possibile sventura tra gli Indios locali. Inizialmente il titolo dell’album doveva essere “La Gringa” poi abbiamo optato per “Imilla” perché abbiamo ritenuto che sarebbe stato maggiormente originale.
L’album sarà disponibile al concerto del 17 agosto ?
SC: Sicuramente!!!! “IMILLA” sarà disponibile in anteprima assoluta (ricordiamo che l’uscita ufficiale è prevista per il 25 Agosto) e chi vorrà lo potrà acquistare presso il nostro stand del merchandising sia durante la serata del 17 agosto ai Giardini del Frontone, che nel corso delle tre serate a Castiglione del Lago. Sarà disponibile alla vendita la versione in CD e quella in LP per la quale sono state realizzate 300 copie in edizione limitata con vinile rosso.
Dal punto di vista musicale quali sono le differenze tra questo lavoro ed i vostri quattro album precedenti?
DP: Imilla, rispetto ai dischi precedenti, è un album prevalentemente costituito da canzoni dove la parte testuale è, per ovvie ragioni, predominante. Una spy-story dove il mio lavoro è stato incentrato, a differenza dei dischi precedenti, sull’arrangiamento dei brani portati da Simone così da renderli coerenti con lo stile del BDM. È stato molto divertente cimentarmi in questa vicenda, stavolta realmente accaduta e ricca di spunti di riflessione che, tra l’altro, oltrepassano le pagine di Storia.
SC: Naturalmente, come in ogni disco del Bacio che si rispetti ci sono sempre differenze tra l’uno e l’altro dei nostri lavori.
Quest’album, essendo stato scritto soprattutto dalla mia penna, ha degli orientamenti molto più cantautorali e folk rispetto al passato, tuttavia gli arrangiamenti di Diego e il contributo strumentale di Eva, Federico e Andrea, hanno apposto il marchio di fabbrica del BDM su questo lavoro discografico.
C’è da dire che dopo l’uscita di SEME* avevamo iniziato la stesura di un disco che sarebbe germogliato in tutti i sensi proprio da quest’ultimo. Io e Diego avevamo già iniziato ad incontrarci per confrontarci su alcune sue composizioni per le quali avrei dovuto scrivere i testi.
Tra la pandemia, la nascita di mia figlia ed i lutti che hanno riguardato la mia famiglia abbiamo scelto di lavorare ad un album già pronto come IMILLA piuttosto che imbarcarci in fatiche artistiche che mi avrebbero provato ancora di più di quello che ero.
Sarebbe stato impossibile trovare la lucidità per scrivere dei testi importanti degni delle composizioni di Diego; presto riprenderemo a lavorare a quel cantiere temporaneamente dismesso.
Con la storia, romanzata ideata da Simone su un accadimento reale sulle gesta della guerrigliera Monika Ertl c’è più attenzione ai testi; è così ?
SC: Ho curato i testi nei minimi dettagli, documentandomi e cercando sempre nuovi spunti bibliografici. Le liriche che ho scritto per l’album racchiudono due livelli di significato: il primo fa riferimento alla vicenda biografica della famiglia Ertl e può far pensare ad un micro-romanzo-storico-poliziottesco in versi e musica.
Sotto questa superficie c’è un secondo livello in cui io mi metto nei panni di un personaggio controverso come Hans Ertl, mentre allo stesso tempo gli faccio provare sentimenti di paternità che appartengono a me.
Voglio sottolineare che non mi sento affatto affine all’Hans “storico” e ai suoi rapporti con il Nazismo. Questo gioco di scambi di abiti tra me e lui, per certi aspetti, mi ha spaventato e anche disgustato. Lo stesso vale per il brano “Zio Klaus”, in cui mi sono dovuto immergere completamente nella personalità di Klaus Barbie, un criminale nazista.
Posso assicurare che farlo sia stato un gioco molto pericoloso e a tratti doloroso, soprattutto per una persona con una fervida immaginazione come la mia e che ha ascoltato le testimonianze dei nonni e dei parenti che hanno vissuto l’occupazione nazista qui in Umbria durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il vostro album precedente, Seme, aveva evidenziato un cambio di rotta a mio parere dal prog al rock pur con atmosfere molto ricercate; vuol dire che il prossimo disco sarà ancora differente?
DP: Certamente, è una nostra caratteristica quella di mutare la nostra pelle a seconda del concept e della sua rappresentazione sonica.
Prima di questo disco ero concentrato su un altro lavoro totalmente diverso, un’ideale prosecuzione di Seme* (del quale avevo già composto alcune musiche e il brano di apertura con la parte testuale di Simone); tuttavia in seguito al periodo sopra descritto non proprio sereno abbiamo deciso di sostenere l’idea di Simone nel lavorare insieme al concept Imilla, nel quale ho individuato subito tre brani che potevano essere molto adatti al sound del BDM e quindi anche al nostro repertorio live, e cioè La Dolorida, Zio Klaus e Dentro Monika qualcosa non va.
Da lì ho iniziato un’attenta e scrupolosa opera di revisione musicale allo scopo di creare scenari immaginifici dal punto di vista sonoro che potevano adattarsi nel modo migliore alle parole.
Riprenderemo comunque a breve il progetto musicale temporaneamente accantonato con lo scopo primario di dar vita ad un nuovo album ancora diverso dai precedenti ma sempre caratterizzato dal nostro sound che ormai è consolidato e considerato un vero e proprio marchio di fabbrica.
SC: Certo che si! Abbiamo un altro album in cantiere, al quale non abbiamo affatto rinunciato di lavorare. Alcuni brani erano già stati pensati da Diego, e nel momento in cui andremo a riprenderli e a metterci mano, sarà inevitabile non tenere in considerazione anche il cambio di rotta di IMILLA.
Il nostro primo album e la Discesa sono due lavori completamente diversi l’uno dall’altro; “Deus Lo Vult” è un altro disco ancora, totalmente differente dal suo predecessore e da SEME* che è venuto dopo.
Più volte ci è capitato di percepire qualche perplessità tra il pubblico del prog, ma ci sentiamo liberi di fare ciò che vogliamo, senza il timore di giudizi.
La prerogativa che ci prefiggiamo è che la nostra arte sia libera, onesta e ci rappresenti fino in fondo in quel momento storico che stiamo vivendo, di ciò che siamo e di quello che proviamo.
Ringraziando Eva, Simone e Diego, ricordiamo che la serata ai Giardini del Frontone è inserita nel cartellone degli eventi del Comune di Perugia “Destate la notte”.
Sarà ad ingresso gratuito ed inizierà alle 20:30 (prima si esibirà un’altra band locale, gli Astra Arcana) e poi Il Bacio della Medusa.
L’appuntamento quindi è per il 17 agosto alle 20:30 al Trasimeno Prog Festival e nei tre giorni successivi a Castiglione del Lago.
La tracklist del disco:
Versione CD: Un visto per la Bolivia; Amburgo 1 aprile 1971; La Dolorida; Zio Klaus; Dentro Monika qualcosa non va; Ho visto gli occhi di Inti virare a nero; Senior Service; Lo specchio di Hans Hertl; Colt Cobra 38 Special
Versione Vinile: Lato A: Un visto per la Bolivia; Amburgo 1 aprile 1971; La Dolorida; Zio Klaus; Dentro Monika qualcosa non va / Lato B: Ho visto gli occhi di Inti virare a nero; Senior Service; Lo specchio di Hans Hertl; Colt Cobra 38 Special
La formazione: Eva Morelli, flauto traverso, sax alto e soprano; Simone Cecchini, voce, chitarra acustica, kazoo e corti; Diego Petrini, Batteria, percussioni, organo, mellotron, sinth, melodica e macchina da scrivere; Federico Caprai, basso; Andrea Morelli, chitarra elettrica e steel guitar