GUBBIO – Musica, arti, teatro, scienze e naturalmente la storia, quella del medioevo soprattutto, ma con propaggini che arrivano ad annettere l’attualità e la contemporaneità. Tanti festival, tanti argomenti racchiusi in un solo contenitore, il festival, che nei cinque giorni di programmazione proporrà anche un giro attorno al mondo e ai suoi diretti riferimenti con il Medioevo. Un grande appuntamento culturale dal 23 al 27 settembre, ma non una rievocazione e nemmeno una delle tante feste medievali. Una manifestazione unica nel suo genere con incontri a ingresso libero con storici, scrittori, scienziati, filosofi e giornalisti per raccontare l’attualità di dieci secoli di storia, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente alla scoperta dell’America.
Ne parliamo con Federico Fioravanti che del Festival del Medioevo è stato e continua ad essere il principale ispiratore e organizzatore.
L’argomento su cui ruota la programmazione della sesta edizione del Festival del medioevo è il Mediterraneo. Cosa rappresenta il Mediterraneo nella nostra cultura?
“Il Mediterraneo rappresenta l’1 per cento delle superfici marine del mondo ma questo uno per cento è stato la culla di decine di civiltà; il mare delle religioni monoteistiche; il mare dei tre continenti, Africa, Europa e Asia; il mare degli incontri, degli scontri, dei commerci, degli scambi, il mare delle culture: per questo l’immagine che abbiamo scelto è un’immagine antica, il Satiro che riemerge dal mare. Il Mediterraneo è il mare della storia, ma non parliamo solo della storia, del Medioevo, non parliamo solo del passato ma anche del presente e del futuro, perché la storia è sempre contemporanea. Dentro il contenitore Mediterraneo ce ne sono almeno altri venti: Mediterraneo vuol dire Islam, Crociate, migrazioni dei popoli, Repubbliche marinare, le grandi città del mare su cui faremo dei focus: Amalfi è l’ospite d’onore, la repubblica marinara più piccola e meno reclamizzata, ma faremo anche dei focus su Genova, Venezia, Napoli”.
Quindi dalla storia si passa alla contemporaneità?
“Si parla dei giorni nostri non solo con gli storici, ma anche con scienziati. Per esempio noi faremo un incontro con un geografo, che farà un intervento su un argomento specifico: quando la geografia provoca la storia. Se provi a guardare una mappa dell’Europa e la rovesci e la vedi dalla prospettiva del Libano, vedrai un lago strettissimo con centinaia di isolette in mezzo, le isole greche, poi vedi l’Italia che è una sorta di molo in mezzo a questo mare, quindi noi siamo un ponte che attraversa questo lago. C’è una frase bellissima di Socrate ne Il Fedone che dice: “Noi siamo come rane che gracidano intorno a uno stagno”.
Rane ora costrette a mantenersi distanziate per non contagiarsi…
“Questo mare, questo stagno, ha anche dei fiumi da dove sono risaliti i popoli. Un mare composto da altri mari, uno su tutti è l’Adriatico, mare chiuso, un canale con in fondo una città che è stata la capitale del mondo, con i suoi scambi e i suoi commerci. Il mare della storia, una storia infinita. Il mare della memoria profonda dell’Europa, dell’Occidente e del mondo. Ancora oggi – parliamo di attualità – affronteremo anche l’argomento di questa nuova situazione mondiale che stiamo vivendo, come il Covid, nell’ottica della storia che ha visto manifestarsi decine di altre pesti”.
Anche arti e teatro saranno altre chiavi di lettura della storia…
“Ci saranno sezioni di spettacolo con dei reading teatrali. Non facciamo solo lezioni frontali, alcuni di questi storici, per esempio Amedeo Feniello e Alessandro Vanoli, due storici del Medioevo, faranno uno spettacolo teatrale con la musica nel quale si parla della lunga marcia della peste, dal 1348 e con inevitabile analogie legate ai giorni nostri. Oppure c’è un’altra lezione sulle opere d’arte legate al trionfo della morte, a come è stato interpretato nei secoli questo rapporto con il morbo che ha influenzato la storia dell’arte. Emblematico in questo senso è il Trionfo della Morte, meraviglioso dipinto che sta Palermo, di autore ignoto del Quattrocento, ma ci saranno anche musiche medievali sino a Branduardi e ai contemporanei e ai Micrologus che eseguiranno in particolare un concerto molto bello sui canti d’amore del Mediterraneo, tutti quanti di origine iberica, le Cantigas. I temi sono infiniti, dentro questo festival, ce ne sono altri cento, c’è il festival dell’Adriatico, del Mar Nero, dell’Africa, dell’Asia…”.
Un festival matrioska…
“Sì infatti. La cosa più interessante dal punto di vista giornalistico è che il Festival del Medioevo è l’unico grande festival che si fa in presenza: una sfida e speriamo che vada tutto bene. Una grande sfida anche organizzativa. Quest’anno il festival è tutto gratuito, ma mentre prima era un happening, quest’anno dobbiamo prenotare tutti i posti e di fatto avremo tutto prenotato e c’è una grande risposta in tutta Italia. Sulla nostra pagina facebook del nostro sito che è il primo in Italia nel settore storia, con sessantamila iscritti, abbiamo ad esempio scoperto con piacere che l’età media del nostro pubblico è di 35 anni, molti giovani. Un valore aggiunto per l’Umbria e Gubbio con un cospicuo pubblico che raggiunge la nostra regione da varie parti d’Italia: il grande beneficio che la cultura produce sull’economia è molto importante”.
Con la cultura si mangia insomma…
“Con la cultura si mangia perché è un cibo dell’anima, ma anche un nutrimento economico per il territorio. Tra le sezioni del festival c’è ad esempio un focus sui cosiddetti medievalismi: come il Medioevo abita il nostro immaginario collettivo: le serie tivù, le architetture medievali, ma anche i film: Brancaleone, Il Trono di Spade. Poi anche la musica con riferimenti al Medioevo, come ad esempio nelle canzoni di Guccini e De André. Da tutto questo è scaturito un libro che si intitola: “C’era una volta il Medioevo”, un’operazione editoriale legata al festival. Lo abbiamo fatto perché abbiamo aperto un crowdfunding per sostenere il festival, soprattutto perché il festival è sostenuto da sponsor che vengono per lo più da varie parti d’Italia. E quindi abbiamo cercato di turare un po’ le falle chiedendo di offrirci la somma di un caffè l’anno. Il nostro è stato un esperimento che abbiamo lanciato tardi, però abbiamo avuto un discreto riscontro soprattutto raccogliendo adesioni tra i sessantamila iscritti al nostro sito. La cosa interessante è che anche da piccoli centri mandano una cifra, magari piccola, dieci o venti euro o appunto un caffè…”.