PERUGIA – Un’occasione per svelare la storia dell’antica azienda delle ceramiche di Monteluce, il quartiere storico di Perugia, ma anche un momento di riflessione per fare il punto sulla situazione dell’artigianato artistico umbro. E lanciare la proposta di una mostra con vasellame e piatti dell’antica fabbrica, in mano a tanti collezionisti privati, per farli conoscere e ammirare al grande pubblico. La presentazione del volume “Le ceramiche di Monteluce”, di Fedora Boco, ha aperto una strada importante per approfondire la storia, l’economia e l’artigianato artistico perugino. Una realtà produttiva sorta un secolo fa, che attraverso un filo rosso si lega anche all’Accademia di Belle Arti “Pietro Vannucci”, dove è stato presentato il minuzioso lavoro di ricerca. Non tutti sanno, infatti, che il primo ideatore della manifattura di Monteluce è stato uno scultore uscito proprio dalle aule dell’Accademia, di nome Alberto Moroni. Un bravo artista (sebbene finora poco indagato), appassionato di Scultura, che si era fatto conoscere e apprezzare anche fuori dai confini regionali, nominato Accademico di Merito nel 1923. Fu lui che diede avvio alla primissima forma della manifattura stessa nata nel 1920, sotto la ragione sociale “Maioliche e terrecotte Monteluce”.
Prende il via così la storia di questa manifattura che meriterebbe di essere approfondita, partendo da questa importante base tracciata dalla insigne studiosa che ha dedicato tutta la sua vita e professionalità alla valorizzazione dell’Accademia di. Belle Arti “Pietro Vannucci” e del suo patrimonio, rendendolo noto tramite pubblicazioni, mostre e convegni. Un volume, corredato di un corposo apparato fotografico, che grazie alla fine e attenta ricerca dell’autrice restituisce le peculiarità e l’importanza di queste ceramiche, attraverso i punti di forza del loro successo in Italia e in particolare all’estero. “Attraverso questo non facile lavoro – ha sottolineato Fedora Boco – è stato possibile ricostruire una realtà pressoché inedita che è uno spaccato interessante della storia economica perugina, umbra e, di riflesso, per certi aspetti anche nazionale. Ovvero uno spaccato socio-economico e produttivo, che vede la storia di una manifattura contestualizzata nella storia della nostra città e non solo”. Uno studio che ha suscitato via via anche molto interesse. “Man mano che la ricerca proseguiva – ha spiegato l’autrice -, molti di loro hanno fatto a gara per acquistare pezzi ‘nuovi’ che si trovavano all’estero (sud America) e questo ha contribuito non solo a riportare nella nostra regione quello che un secolo fa aveva attraversato l’Oceano, ma ha ampliato la conoscenza del già noto, permettendomi di avere una visione della produzione a più ampio raggio. A tale proposito sarebbe auspicabile – conclude Boco – organizzare una mostra per far vedere, per la prima volta, questi oggetti ceramici perché un conto è vederli riprodotti in fotografia, per quanto queste possano essere state ben eseguite, un altro è guardarli dal vero come oggetti tridimensionali, in modo da osservare la loro lavorazione fin nei minimi particolari”.
L’appuntamento, alla presenza di un nutrito pubblico, è stato arricchito dagli autorevoli contributi di Franco Cocchi, ceramologo, Maurizio Tittarelli Rubboli, ceramista e conservatore del Museo Rubboli. Ad esprimere le proprie congratulazioni a Fedora Boco, sono stati il presidente Aba Perugia, Mario Rampini, e il conservatore dei beni, Giovanni Manuali. Il volume, di oltre cento pagine, è stampato da Fabrizio Fabbri per conto dell’Accademia “Vannucci” (Abapress, 20 euro), con il patrocinio dell’Università degli Studi di Perugia e la Camera di Commercio (per l’occasione, era presente il presidente Giorgio Mencaroni).