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Il gatto: magica creatura tra storia, leggenda e attualità

Si avvicina la festa del gatto che si celebra il 17 febbraio. Per l’occasione approfondiamo l’argomento gatto in tutta la sua complessità e nella sua storia di felino domestico dalla leggendaria indipendenza, sino al folklore che si è formato attorno ad esso e al lunghissimo viaggio attraverso il tempo che lo lega all’uomo (oggi). In particolare ci soffermiamo sulle “gattare”, donne che non resistono alla tentazione di soccorrere, aiutare, amare questi animali. Attraverso i servizi di Francesca Verdesca Zain e Raffaella Fuso, ecco il gatto nella sua antichissima relazione con l’uomo e con chi oggi lo ama di più (domani).

PERUGIA – Sono l’anima della casa, si muovono delicati tra mobili e cuscini, una libreria diventa una montagna da scalare, un armadio lasciato aperto la porta per altri mondi e lo scatolone consegnato dal corriere il più comodo dei giacigli.
Sono i circa 7 milioni di gatti domestici che secondo le stime popolano le case degli italiani, impazzano sul web e, come affermano coloro che li amano alla follia, un giorno conquisteranno il mondo.

Il 17 febbraio, con una data esclusivamente italiana, li celebriamo con il giorno della festa dei gatti.

Istituita nel 1990 in seguito ad una votazione proposta ai lettori di “Tuttogatto” dalla giornalista Claudia Angeletti, la scelta di questa data racchiude numerose ragioni: prima di tutto febbraio è il mese dell’acquario, segno libero e artistico per eccellenza che ben si accosta all’anima indomita dei nostri amici felini.

Febbraio poi, è ricordato nella tradizione popolare come “il mese dei gatti e delle streghe” e non a caso è il mese di quelle antiche usanze di primavera che vengono ora indicate con il nome di Carnevale. Queste festività nascono per scacciare le forze del buio e della morte associate all’inverno a favore di una rinnovata fertilità attraverso canti e balli, compresa quella che viene chiamata nelle campagne la “musica di gatti” della notte. In Germania addirittura, colui che durante le feste primaverili riesce a sconfiggere il maligno diavolo invernale è detto “cavalcatore di gatti”.
Il numero 17 sinonimo di sfortuna è stato scelto invece, per sfatare la stessa vecchia e crudele nomea associata ai gatti, neri in particolare e diventando invece una vita per sette volte, tante quante la tradizione attribuisce ai mici.

Amato o odiato, anima dolce e misteriosa allo stesso tempo, capace di condurci con leggerezza verso altri mondi, forse quelli che scruta con le sue magiche pupille. E, se in passato si pensava che la rifrazione delle sue iridi fosse dovuta ad un fenomeno elettrico ed ora si è invece scoperto derivi da un fenomeno di rifrazione chiamato tapetum lucidum che consente loro di vedere in condizioni di scarsa luminosità, poco cambia. Il  loro fascino resta comunque immutato.

 

Il gatto ha da sempre un posto d’onore nell’immaginario dell’uomo e attraverso lo studio della sua iconografia è possibile ripercorrere quasi tutta la storia del mondo.

Si narra che quando nel VI secolo avanti Cristo il re persiano Cambise attaccò l’Egitto, non riuscì ad avere la meglio sugli infallibili arcieri egizi ed escogitò allora un crudele stratagemma: dotò di un gattino tutti i suoi soldati. I guerrieri egiziani preferirono una disfatta piuttosto che uccidere uno dei loro animali più sacri.

Era venerato in tutto l’Egitto, in particolar modo nella città sacra di Bubastis dove si celebravano le ricorrenze annuali dedicate alla divinità dalla testa di gatto Bast. Erodoto racconta che in quelle occasioni si riunissero più di 700.000 persone che festeggiavano la dea con canti e balli. Il nome della dea gatto significa letteralmente “signora dalle giare di unguento”, in riferimento alla sua natura lenitiva e amorevole pur essendo al tempo stesso una madre feroce.

Adorato anche nella figura della dea guerriera Sekmet, raffigurata come una leonessa o come una donna dalla testa leonina, incarna qui la duplice anima della dea, amorevole e distruttrice allo stesso tempo.
Se è nota a tutti la venerazione che questo antico popolo nutriva nei confronti dei gatti, forse non tutti sanno che il magico felino era celebrato anche nell’antica India. Nei miti indiani la grande dea Maha Shakti, parola che indica la forza e l’energia, è raffigurata spesso mentre cavalca un grosso e invincibile gatto.

Nella mitologia norrena invece la dea Freyja si muove su un carro volante trainato da due gatti interpretati in maniera diversa: maschio e femmina ad indicare la vita che nasce dall’incontro dei due sessi o rappresentati uno bianco e l’altro nero, il buio e la luce necessari per il susseguirsi della vita e delle stagioni, sicché Freyja stessa sarebbe anche la signora della distruzione e della rinascita. Il dio Odino inoltre, concede alla dea furiosa il potere sui 9 mondi (le 9 vite dei gatti in alcune culture?) che lei raggiunge sul suo tiro di gatti.

Tutt’oggi i monasteri buddisti ospitano i gatti, come protettori dei testi sacri contro il rosicchiare dei topi ma anche come compagni silenziosi che, con la loro indole calma e abitudinaria indicano ai monaci la via della meditazione, mentre la zampa alzata dei maneki neko posti all’ingresso di tutti i negozi giapponesi ci parla di fertilità e abbondanza.

In Giappone poi vige una vera e propria adorazione nei confronti di questo animale: in tutto il paese spopolano i famosi Neko Café, bar tematici la cui caratteristica è quella di essere popolati da numerosi gatti da coccolare. E, sull’onda di quella che potremmo chiamare adorabile follia nipponica, è proprio in questi bar che è stato condotto uno studio per mettere a punto una crema mani al profumo di “zampine di gatti”. Sì esiste, si chiama Puni Puni Nikukuyu e pare che il suo bouquet sia un mix tra fiori, borotalco e pop corn.

 

Gatti di tutti i colori, di razza o no, che hanno in comune il fatto di essere nati dalla parte ricca del mondo: quella fatta di cuscini, tiragraffi, letti e scatolette prelibate. Sì perché proprio come le persone questa regola vale anche per i gatti e non tutti purtroppo possono dirsi altrettanto fortunati. A fronte di una crescita esponenziale di persone che amano e farebbero di tutto per i propri pelosetti, crescono purtroppo in maniera ancor più vertiginosa i numeri del randagismo e dell’abbandono complici gli ancora troppi luoghi comuni legati a questo animale.

Il primo è sicuramente quello riguardo la sterilizzazione considerata ancora “contro natura”. I gatti oggi non vivono più “in natura”, nella migliore delle ipotesi hanno un giardinetto in mezzo ad asfalto, macchine e pericoli di ogni sorta. Non sterilizzare significa condannare migliaia di animali ad una vita di stenti molto spesso breve causa malattie trasmesse sessualmente come la Fiv o la Felv felina, malattie incurabili che debilitano il sistema immunitario del gatto.
Altro luogo comune da sfatare è la sua famigerata indipendenza. Un gatto abituato ad essere nutrito da noi e vissuto nel mondo ovattato di un appartamento non se la cava di certo da solo, è ormai a tutti gli effetti un animale domestico e sta a noi prendercene cura nel migliore dei modi.

 

 

Ne parliamo oggi con chi di felini se ne intende, Donatina Di Leo, storica responsabile del gattile di Ponte San Giovanni, che è stato recentemente al centro di ipotesi riguardanti un possibile spostamento in un’altra sede.
Una vita dedicata ai gatti più sfortunati, Donatina ci racconta le ultime notizie che hanno visto protagonista il gattile e la sua sorte affermando prima di tutto che gli ospiti del parco fanno parte ormai del tessuto sociale della città, la gente ci è affezionata ed è abituata ad incontrarli e a saperli lì. Ricorda che i gatti sono animali stanziali e molto abitudinari ed un trasferimento causerebbe loro, un forte e inutile stress sottolineando il fatto che, in 16 anni di attività, i lavori compiuti al gattile sono stati innumerevoli: dalla medicheria, alla pavimentazione e tutti i piccoli e grandi accorgimenti che servono a garantire una vita dignitosa agli oltre cento mici del parco. Lavori che sono stati possibili solo grazie al suo impegno, anche finanziario, a quello dei volontari e alle donazioni dei privati sulle quali si regge il gattile.

Fortunatamente, la storia è finita bene: è di pochi giorni fa la notizia che, in seguito ad un ordine del giorno presentato da Sarah Bistocchi, Luca Valigi, Maria Cristina Morbello e firmato dal Gruppo PD, il Comune si è impegnato non solo a far rimanere il gattile nella sua sede ma a provvedere in tempi brevi alla regolarizzazione del luogo in cui sorge anche tramite l’allaccio della corrente.

Il parco dei gatti, che si occupa di trovare famiglie amorevoli ai mici abbandonati continuerà quindi a svolgere la sua fondamentale attività di cura e assistenza a Ponte San Giovanni.

Dopo qualche mese relativamente tranquillo “ci stiamo preparando alla solita estate da incubo tra allattamenti e balie” afferma Donatina, che ci ricorda sulla pagina Facebook del parco, che è attiva su Amazon una lista dei desideri per chi volesse contribuire all’acquisto di cibo, antiparassitari e lettiere (la trovate qui https://www.amazon.it/hz/wishlist/genericItemsPage/HV6CXJTAB3AC?ref_=wl_fv_le)

Ogni donazione è importante, ma ancora più importante è la prevenzione tramite la sterilizzazione. La strada dell’adozione è sempre aperta, un atto d’amore e di impegno che fa la differenza e che ci accompagnerà per la vita.

 

Per maggiori informazioni sul gattile: www.facebook.com/parcogattipontesangiovanni/

 

                                                                                                                                                                          Francesca Verdesca Zain

 

 

 

 

 

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