SPOLETO – “La gestione del patrimonio culturale in situazione di emergenza” è il titolo del convegno organizzato, a cinque anni dal terremoto, dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria in collaborazione con l’associazione Virart Odv. Questo fine settimana si è tenuta un confronto nel corso della quale i rappresentanti istituzionali sono intervenuti analizzando i punti di forza dell’esperienza del Deposito di Santo Chiodo, anche in base ai diversi ruoli svolti dagli Istituti culturali in fase di emergenza.
“Unanime – si legge nella nota stampa – il giudizio sul valore delle attività effettuate in questi ultimi cinque anni per il recupero delle opere d’arte danneggiate dal sisma, un’esperienza che è stata una sorta di apripista sia a livello nazionale che europeo e che, come ha sottolineato il Direttore Generale Sicurezza Patrimonio Culturale, Marica Mercalli, ha permesso al Ministero della Cultura di definire le linee guida per i depositi dei beni culturali non solo in caso di emergenza. Un’eccellenza su cui anche la Regione dell’Umbria si è dichiarata pronta ad investire per un ampliamento delle attività, sia sul fronte della conservazione delle opere, che per quanto riguarda le attività di ricerca e di studio.
Un quadro certamente positivo, con Spoleto ormai punto di riferimento nel settore della conservazione e recupero dei beni culturali, rispetto al quale il sindaco Andrea Sisti ha voluto avanzare alcune proposte: “Puntare ad uno sviluppo ulteriore del Deposito, prospettiva che ci trova assolutamente d’accordo, significa innanzitutto dare una connotazione precisa all’area di Santo Chiodo puntando su due punti di forza: l’alta tecnologia, settore su cui possiamo vantare alcune realtà molto importanti e la tecnologia applicata alla cultura. Non dobbiamo poi dimenticare – ha aggiunto il sindaco Sisti – che nel nostro territorio abbiamo anche il Laboratorio di Diagnostica e la Scuola di restauro del Libro, attività che se messe in connessione con il Deposito di Santo Chiodo possono costituire un vero e proprio polo dedicato al recupero, alla ricerca e allo studio dei beni culturali. L’obiettivo è quindi duplice: da una parte restituire un’identità e, quindi, una riconoscibilità all’area di Santo Chiodo attraverso un’azione di riqualificazione che permetta in prospettiva anche di attrarre nuovi investimenti e, dall’altra, fornire linfa vitale ad una rete culturale che di fatto già esiste, facendo sistema”.