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Procuratevi un bel cappone, che sia stato allevato a terra e che sia stato castrato (ahimè) a mano.
Dal vostro macellaio ve lo fate disossare, a meno che non siate in grado di farlo da soli: io non ci provo nemmeno.
La carcassa l’avrete utilizzata per il brodo dei cappelletti di cui ho parlato giorni fa.
Stendete il cappone sul piano con la parte interna sopra, la cospargete di una pennellata di marsala, una passata di pepe macinato e una spolverata di sale, la chiudete e la mettete al fresco.
In una padella con un po’ di burro, brasate una cipolla piano piano, finché non diventa cremosa e trasparente, mettete via la cipolla e nella stessa padella saltate i fegatini e le interiora ben puliti, salate, pepate e li finite con una cucchiaiata di marsala.
Prendete una ciotola di acciaio, ci posate del macinato misto, aggiungete del pane che avrete bagnato nel latte e strizzato, la cipolla brasata, le interiora tagliate a cubetti, una grattata di noce moscata e un uovo.
A parte avrete rosolato della pancetta a fette sottili, fino a farla diventare croccante, la sbriciolate all’interno della farcia e aggiungete del parmigiano a vostro gusto, io non abbondo: mia figlia non lo ama molto. Mescolate il tutto e aggiustate di sale e di pepe.
Tirate fuori il cappone, lo aprite e ponete al centro la farcia. Lo chiudete, lo cucite bene, in modo che il ripieno non fuoriesca durante la cottura e mettete il tutto a riposare in frigo.
L’ideale sarebbe di preparare il giorno prima, di modo che durante la notte i sapori potranno fondersi creando un bouquet perfetto.
Cuocete il cappone in forno, magari circondato da patate ben condite, il tempo di cottura dipende un po’ dalla grandezza, direi mediamente un’ora e mezza a 180 gradi.
Potete portarlo a tavola intero, sopra un tagliere, per affettarlo con maestria e un coltello ben affilato di fronte ai vostri ospiti.
Mi raccomando, quest’ultima operazione fatela quando l’arrosto sarà sceso di temperatura, altrimenti si sbriciolerà e non sarà divertente.
A domani.

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