Giorni fa, una signora molto colta in materia di cibo ha decantato, di fronte ad una platea di persone, il brodo in cui bollire i cappelletti. Ha detto che storicamente veniva diviso in quattro categorie, dove nella prima si parla solo di cappone e nell’ultima di ossa, maiale e bue grasso. In effetti il brodo di cappone è buonissimo e il cappelletto è il suo degno compare, però sono di larghe vedute e credo che ogni famiglia debba usare la sua ricetta, che cambia a seconda della latitudine, delle tasche, del contesto sociale e principalmente del gusto.
A me piace il cappone arrosto, che farcisco ogni anno a mio piacere. Lo faccio disossare e uso la sua carcassa per fare il brodo per i cappelletti.
Lo preparo il giorno prima, utilizzando anche i classici odori (sedano, carota e cipolla), il chiodo di garofano, l’alloro, un pezzo di muscolo di vitellone e altri pezzi che seleziono con molta cura tra quelli di seconda scelta, sempre di bovino.
Metto tutto in una capiente casseruola di ghisa, riempio di acqua fredda, salo e porto a bollore. Al suo debutto, abbasso la fiamma al minimo e tolgo ogni impurità che si presenta sotto forma di schiuma sul pelo dell’acqua, con un mestolo forato.
Copro e faccio bollire il tutto più a lungo possibile con la fiamma al minimo, ma talmente al minimo che basta veder salire una piccola bollicina ogni tanto.
In questo modo il liquido resterà completamente trasparente e prenderà il colore dell’ambra, più tempo lo lascerete cuocere in questa maniera, e più profumi e sapori si mescoleranno in un’inebriante pozione che supporterà alla perfezione la fatica di tanto appagante lavoro.
La sera, tolgo le ossa dal liquido e le butto, metto via la carne che posso riutilizzare in mille modi e ripongo il resto al fresco, fuori sarebbe l’ideale.
La mattina della festa, tolgo il grasso e lo filtro attraverso un panno di lino per togliere tutte le impurità: pronto.
È come un filtro magico che insieme ai cappelletti vi trasporterà immediatamente in una Madeleine.
A domani.