I racconti brevi di Carlo Favetti: “La festa della Madonna della pietà a Matterella”

L’estate non è ancora finita e dunque c’è tempo per proporvi un altro racconto breve di Carlo Favetti stavolta tratto dal suo libro edito “Pane, zucchero e vino” anche perché si riferisce alla Festa della Madonna della Pietà che si celebra proprio in questi giorni a Matterella.

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La festa della Madonna della pietà a Matterella

di Carlo Favetti
Il mio è stato un paese dedito all’agricoltura e all’allevamento, solo verso la seconda metà degli anni settanta, si indirizzò verso l’attività industriale data dalle acciaierie ternane. Tante attività o mestieri erano però rimasti in auge come ad esempio il lattaio. Io me ne ricordo alcuni…figure caratteristiche, intramontabili, molto singolari. Ninni’ Erculei detta de’ “lu scatapecchiaru”; Fulvio Rossi detto “quarantasette”; Simone Prudenzi; Massimino Falconi. Avevano diviso il paese in zone ognuno sopperiva alle esigenze del proprio vicinato. Con il secchietto in alluminio, dove appesi con una catenella tintinnavano i misurini dei quarti e mezzo litro, si presentavano alle ore 20 nelle case e vendevano il loro genuino latte. Una chiacchieretta, a volte un pettegolezzo, un saluto e via alla prossima. A noi il latte ce lo forniva Simone Prudenzi che custodiva e allevava le vacche nella stalla del casale di Lipparelli. Spesso però alla mescita mandava la sorella Giovannina tanto cara e simpatica. La figura più caratteristica, sotto vari aspetti, era per me Ninni’ de’ “lu scatapecchiaru”. Una donna minuta, simpatica, generosa, affabile… lei era la lattaio che forniva l’abitato da piazza Garibaldi via della Pace, via Roma. Ninni’ Erculei, insieme alla famiglia Fidenzoni, erano coloro che provvedevano alla novena in occasione della festa della Madonna della Pietà (questo era un lascito antico delle loro famiglie), a cui era stato dato il compito di provvedere alla organizzazione della novena e di custodire i gioielli ex voto che adornano la statuina della Madonna nel giorno della festa che cade ogni volta a settembre. (La famiglia Erculei, era una delle famiglie più antiche del paese. Ha dato importanti notai  come Paolo Erculei citato in un protocollo del 1553).
Ninnì dirigeva il rosario per tre giorni alla collegiata presso la cappella della Madonna della Pietà; pochi giorni prima della festa, ossia il giovedì, dava la farina per realizzare le pagnottine benedette. Per il resto dell’organizzazione provvedevano i Santesi. E in occasione di questo evento, vorrei raccontare un bell’episodio che mi ha coinvolto direttamente anche a me. Settembre 1971, tutti pronti per la festa della Madonna della Pietà. Giovedì il giorno della realizzazione delle pagnottine. Era Santese Antonio Argenti detto “Arago”. Le pagnottine, si realizzarono nella casa parrocchiale, e tradizione vuole, che siano le ragazze illibate del paese a realizzarle soltanto loro, in base ad una antica tradizione che aveva visto una fanciulla del paese guarita dalla tigna grazie ad una apparizione della Madonna.
Tutte le ragazze il giorno prima in fermento, parlavano e discutevano tra di loro e scommettevano a chi faceva meglio e più bello i cosiddetti “mariti” (non altro che piccoli filoncini di pane super lievitato). E così quella mattina presto, dopo aver servito la messa a don Mario, invece di andare a casa, mi nascondo sulle scale del campanile. Ed ecco che con il passare dei minuti cominciano ad arrivare tutte le ragazze del paese sia piccole, che grandi: Antonella, Paola e Silvia Argenti, Antonella Cirillo; le sorelle Laura, Fiorella, Adele Lucidi; Aurella Alpini; Fiorella Birri; Gina Vannucci; Sabatina Falconi; Caterina Spadotto; Antonietta e Laura Marchi; Teresa Marchi; Mirella Marchi; Franca Prudenzi; Nicolina Mariani; Franca Conti; Maura Giusti; Rita Felici; Rita e Lucia Argenti. Insomma erano tante e io le vedevo da dietro una crepa della porta. Avevano tutte lo zinaletto bianco, erano pronte dietro i tavoli con il mattarello e la tavoletta di legno.
Chi dirigeva il tutto era Adriana Mengozzi che la sera prima aveva già messo in opera il lievito. Volevo farle anche io le pagnottine, insieme a loro la non si poteva fare, per noi maschietti era proibito anche avvicinarci. Quello era un compito rivolto solo alla ragazze. Ma io volevo partecipare. Sarei stato l’unico maschio. E se poi fossi stato scoperto dai miei amichetti, avrei accettato anche lo sfottò di “femminuccia“…avrei rischiato anche quello, ma volevo farle le pagnottine.  All’improvviso si spalanca la porta delle scale che portano al campanile e, davanti a me, la figura per quanto alta e quanto larga di don Mario:” Che fai? ora spii pure? Che ti ho insegnato?”.
Rimasi gelato da quelle parole, e credo che il mio viso sia stato di mille colori: “Voglio fare le pagnottine anche io come loro le voglio fare anche io. Perché io no e loro si?”. Il don capi che la cosa cominciava a farsi preoccupante e non sapendo come dissuadermi si avvicinò e mi di disse:” Che dici, sei impazzito? quelle da secoli le fanno le fanciulle. Sono cose da donne. Ad esempio, come tu servi la messa e vai a giocare a pallone così loro fanno le cose di casa e anche questo, impastare la farina con il lievito è una cosa da donne…. E la tradizione vuole che siano solo donne a preparare le pagnottine e non i maschi. Quindi finiscila e va a giocare con gli altri”. Guardai di nuovo nella stanza dove c erano tutte quelle ragazze, erano felici, cantavano, ridevano… le più grandi parlottavano dei loro ragazzi che gli facevano la corte. Si urtavano tra di loro con battute ironiche, mentre impastavano il pastone che man mano diventava sempre più duro. Facevano a gara tra di loro a chi faceva più “mariti”. Era un piacere guardarle di nuovo. All’improvviso da dietro, mi arrivò con la violenza di un siluro uno scapaccione tosto che ancora me lo sento, con lo spostamento d’aria mi buttò per terra, era stato don Mario che con voce tuonante mi disse arrabbiatissimo:” Allora? Non ci siamo capiti?”.
Redazione Vivo Umbria: