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Halloween, il giorno in cui si assottiglia il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti

PERUGIA – C’è chi la ama e la aspetta con trepidazione tutto l’anno, chi la considera “un’americanata” che non ha niente a che vedere con noi, chi addirittura la osteggia collegandola ad energie oscure e maligne. Fatto sta che la festa di Halloween è entrata a tutti gli effetti nella nostra vita, suscitando l’interesse di molte persone ed anche di numerosi studiosi.

Proprio grazie a questo possiamo ora saperne molto di più sulle sue reali origini e scoprire che in realtà questa festa è molto più vicina a noi di quanto ci aspetteremo.

L’etimologia della parola Halloween, deriva dalla forma contratta di “All hallow even” che significa vigilia di Ognissanti: hallow è infatti la parola arcaica inglese che significa appunto “santo”. Questo potrebbe far pensare erroneamente ad un’origine cattolica della festa ma dobbiamo andare molto più indietro nel tempo e scoprire che si tratta invece di una festa che affonda le sue radici nell’epoca dei Celti, popolazioni precristiane dell’antica Britannia, ma diffusi anche in numerose parti d’Europa.

Stiamo parlando dell’antica celebrazione di Samhain, la più importante del calendario celtico che sanciva il passaggio dall’estate all’inverno, dalla metà luminosa alla parte oscura dell’anno.

Per i celti infatti il tempo era concepito in maniera circolare ed abbracciava non solo il lato temporale ma era anche ciclo agricolo e pastorale, un tempo sacro scandito da importanti momenti carichi di magia da celebrare.

In questo cerchio di ricorrenze basate sulle energie delle stagioni, Samhain, che significa appunto fine dell’estate, (deriverebbe dal gaelico samhuinn ossia “summer’s end”) ne è la più importante, il capodanno, che segnava la fine dell’anno vecchio e l’inizio del nuovo.

Era questa un’allegoria della morte, un tempo magico nel quale si pensava che il velo tra i mondi si assottigliasse talmente tanto da mettere in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti. Nell’incantata notte del 31 ottobre quindi, la barriera che esiste tra la realtà di tutti i giorni e quella fantastica e sovrannaturale crollava e varchi si aprivano verso altri mondi.

 

Proprio da qui nascono tutte quelle tradizioni che sono giunte trasformate fino a noi, prima fra tutte quella dei travestimenti.

I Celti utilizzavano questa notte per onorare i loro antenati con grandi banchetti e libagioni dedicati ai defunti ma nello stesso tempo, credevano che dalla breccia aperta tra i mondi potessero arrivare anche spiriti malvagi. Da qui l’usanza di travestirsi con costumi spaventosi fatti di pelle, corna ed altri macabri elementi, per confondere le entità malintenzionate e allontanarle.

 

La famosa frase “trick or treat” ossia “dolcetto o scherzetto” deriva probabilmente proprio da questo collegamento cibo/morti quando nel medioevo mendicanti o indigenti bussavano alle porte delle case chiedendo cibo in cambio di preghiere per i defunti.

 

Anche se in origine erano rape e barbabietole ad essere utilizzate, la tradizione di intagliare le zucche come teste spaventose e ghignanti deriva da un lato dalla volontà di scacciare gli spiriti maligni, dall’altro, con un lumino acceso all’interno e posta sul davanzale della finestra, serviva ad indicare la strada di casa alle anime dei cari estinti che potevano far ritorno durante la magica notte. Per esempio in Galles, era abitudine non chiudere la porta di casa con la spranga, lasciare il focolare acceso e la tavola apparecchiata in modo che le anime erranti potessero rifocillarsi e riscaldarsi.

 

La zucca intagliata poi, è legata ad un’affascinante leggenda irlandese e prende il nome da “Jack o’Lantern”, un astuto ma dissoluto fabbro che riuscì una notte ad imbrogliare nientemeno che il diavolo in persona. Narra la leggenda che il furbo Jack, dopo aver intrappolato il demonio su una grande quercia incidendovi una croce alla base, scese a patti con quest’ultimo riuscendo a strappare la promessa della libertà dalla dannazione eterna. Forte di questa convinzione il fabbro trascorse la sua vita nella dissolutezza più totale fino al giorno della sua morte quando, proprio a causa dei numerosi peccati commessi, si vide interdette le porte del paradiso. Costretto quindi a presentarsi all’inferno, ne venne ugualmente cacciato in memoria del patto con il diavolo. Quest’ultimo allora, gli tirò un tizzone ardente che Jack inserì all’interno di una zucca per farsi luce nell’oscurità e gli disse che lo avrebbe fatto entrare a patto che Jack fosse riuscito a scambiare la propria anima con quella di un’altra persona.

Da allora, la notte di Halloween, quando il confine tra i mondi è sottile, è possibile vedere Jack vagare nell’oscurità con la sua zucca in cerca di qualcuno con cui scambiare l’anima… Ma se egli dovesse vedere qualcuno con la stessa zucca illuminata penserebbe sicuramente ad una persona nelle sue medesime condizioni e girerebbe al largo, senza dargli alcun fastidio.

 

Sembrerebbe un mondo molto distante dal nostro, eppure basta informarsi, sfogliare qualche libro o fermarsi a parlare con un anziano che ricorda le antiche tradizioni, per scoprire tracce di questa antica festa anche in Italia.

Da nord a sud è credenza diffusa che nel periodo di Ognissanti i morti possano tornare tra noi ed è per questo che in molte regioni si usa lasciare lumini accesi e tavole imbandite per i propri cari. Comune anche il tema della “questua”, richiesta di cibo di casa in casa  e della preparazione di alimenti dedicati alla festa: il “torrone dei morti” campano, la “piada dei morti” dell’Emilia Romagna preparata con frutta secca e mosto, il “pagnut”, pane dei morti friulano, gli “scardellini”, ossa dei morti siciliani, le “fanfulicchie” leccesi, bastoncini di zucchero aromatizzati alla menta venduti esclusivamente l’1 e il 2 novembre, il “pan co santi” senese, panini dolci con pepe frutta e noci, gli “stinchetti dei morti” marchigiani, solo per citarne qualcuno.

Altro che moderna festa americana! Un piccolo osso di pasta dolce a base di mandorle e zucchero è stato ritrovato in un tempio etrusco nei pressi di Perugia ed è da qui che vengono fatte risalire la nostrane “fave dei morti”, tipico dolce perugino che si consuma proprio in questo periodo.

Numerose sono le proposte che la nostra regione offre per il fine settimana più incantato dell’anno, prima fra tutte l’atteso ritorno della Fiera dei Morti dopo un anno di fermo, quest’anno nella versione allungata di una settimana, con quasi 600 stand tra Pian di Massiano e il centro storico.

Un evento più piccolo ma non per questo meno interessante è la “Notte Spaventosa, un laboratorio di meditazione da paura” organizzato dall’associazione Yoga Shala di Perugia (https://www.yogashalapg.org/eventi). Un’esperienza meditativa che per imparare a fronteggiare e trasformare l’emozione della paura, attraverso tecniche di meditazione antiche e moderne.

Sempre il 31, presso la “Scuola selvatica dominae herbarum” a Foligno è organizzata “In cerchio per la antenate”, una giornata particolare tra danze, racconti e la preparazione di pani rituali (https://www.facebook.com/Scuola-selvatica-dominae-herbarum).

Per i bambini, a Perugia, il 30 ottobre in via Antinori c’è “Aspettando Halloween”, festa, laboratori di arte e immagine, musiche e storie fantastiche interpretate dagli allievi de “I laboratori musicali di Giò”, a cura di Gioia Fruttini (per informazioni: 3737578410).

Mentre a Trevi presso il complesso museale di San Francesco c’è “Halloween al museo per bambini coraggiosi. La Leggenda del fantasma longobardo”, un’avventurosa caccia al tesoro con indizi e prove da superare per risolvere l’enigma del fantasma del Museo (http://www.treviturismo.it/blog/?id=halloween-al-museo-la-leggenda-del-fantasma-longobardo-31-ottobre-1530).

Il primo novembre invece, il ristorante Villa Taticchi propone “Concerto in Paradisum”, un concerto con Andrea Ceccomori al flauto e Natalia Mogilevskaja al pianoforte ma anche una preghiera e un momento di comunione con chi non c’è più, attraverso la musica, l’arte e la bellezza (https://www.facebook.com/villa.taticchi).

 

Francesca Verdesca Zain

 

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