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Grazie al Laboratorio diagnostico di Spoleto si sa ora che Raffaello usò il blu egizio

CITTA’ DI CASTELLO – Giovanni Luca De Logu, funzionario Storico dell’Arte della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, nel corso del suo intervento non lo ha affermato esplicitamente, ma ha insinuato qualche dubbio in chi lo ascoltava: il Blu egizio usato da Raffaello Sanzio nel Trionfo di Galatea è frutto di una scelta casuale originata soltanto dalle indicazioni lasciate in antichità da Vitruvio o un’idea scaturita dal fatto che il committente dell’opera, Agostino Chigi, fu un influente uomo d’affari che ebbe rapporti con le corti di tutta Europa e sinanche con Bisanzio? E ancora, il fatto che Agostino Chigi avesse una stretta relazione con Venezia, crocevia di scambi commerciali con il Mediterraneo e con il vicino Oriente, non avrebbe potuto ispirare Raffaello nella riscoperta di questo pigmento sintetico, prodotto dalla sintesi di calce e rame che fu il primo colore artificiale della storia? Il dubbio che la scelta di Raffaello non sia stata casuale è rafforzata dal fatto che questo antico pigmento ha avuto nella storia dell’arte un lungo black out per poi riapparire in epoca rinascimentale, quasi a voler tramandare questo misterioso colore ai posteri, dopo la caduta dell’Impero romano d’Oriente e di Bisanzio quale luogo emblematico dell’incontro tra le civiltà mediorientali, compresa l’antica Persia dove oggi si concentrano gli studi su alcuni reperti che attestano che già a partire dall’anno 500 avanti Cristo, il Blu egizio era conosciuto ed usato. Di tutto questo e di molto altro si è parlato durante il convegno “Da Persepoli a Raffaello, dall’antica Persia a Roma rinascimentale aspettando l’anno di Signorelli. La diagnostica come strumento di ricerca“, svolto alla Biblioteca comunale Giosuè Carducci di Città di Castello che ha offerto la possibilità di un approfondimento sugli attuali strumenti diagnostici usati per definire la materia delle opere d’arte e sulle motivazioni che hanno ispirato i grandi Maestri dell’arte ad utilizzarla spesso fornendo indizi e prove sulla stessa ideazione e realizzazione delle opere d’arte. Del blu egizio nell’antica Persepoli, capitale dell’impero Achemenide di Dario I, è collocata nella provincia di Fars nel sud dell’Iran vicino alla città di Shiraz, ha parlato la dottoressa Maria Letizia Amadori dell’Università di Urbino. Da questi scavi sono stati rinvenuti molti oggetti artigianali in metallo, vetro, pietra e ceramica nonché forni che indicano la presenza di una produzione di oggetti di artigianato direttamente nell’antica Persepoli. Grazie alle indagini diagnostiche effettuate da Maria Letizia Amadori in prossimità dei forni, sono stati rivenuti pellet di pigmenti grezzi, tra cui il blu egizio, ritrovato poi come decorazione anche nelle colonne dei palazzi più importanti dell’antica città. Ma di blu egizio si è tornato a parlare insistentemente dopo il 2020 quando il Labdia ha condotto indagini diagnostiche sul Trionfo di Galatea a Villa Farnesina a Roma, residenza di Agostino Chigi che fu il committente dell’opera. In quel contesto si appurò che Raffaello usò il blu egizio.

 

 

Mentre Alceo Macchioni, direttore del Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologia dell’Università degli Studi di Perugia ha sottolineato l’importanza dell’interdisciplinarietà che permette progressi e nuove scoperte,  Marina Balsamo, presidente del Consiglio di Amministrazione del LabDia di Spoleto e Vittoria Garibaldi, storico dell’arte e direttore scientifico del LabDia di Spoleto, hanno parlato della recente attività del Laboratorio di diagnostica che ha ha come obiettivo la ricerca sulla materia delle opere d’arte di ogni tipologia, finalizzata a sempre nuove conoscenze, funzionali alla tutela e allo studio dei Maestri che le realizzarono. E’ un’associazione tra Ministero della Cultura, Regione Umbria, Comune di Spoleto e Dipartimento di Chimica dell’Università di Perugia con il quale, in particolare, intercorre una costante collaborazione, così come con altri prestigiosi centri di ricerca italiani. Considerato un’eccellenza a livello nazionale, il Laboratorio umbro opera utilizzando un’ampia gamma di strumentazioni portatili su qualsiasi tipologia di bene e con tecniche non invasive. Il tema dell’interdisciplinarietà è stato argomento che anche Vittoria Garibaldi ha sottolineato: “Grazie alla diagnostica si è potuto sapere di più sulle opere d’arte, quindi la diagnostica è uno strumento a disposizione dello storico d’arte, del restauratore e dell’archivista che completeranno il quadro sull’eventuale intervento da condurre. Importante da questo punto di vista è stato il terremoto del 1997 che ha imposto nuove condizioni per la conservazione e il restauro delle opere d’arte. Da quell’esperienza, più tardi, nel 2016, è nato il Laboratorio di Santo Chiodo di Spoleto”.

Manuela Vagnini ha invece mostrato i risultati della campagna di analisi non invasive condotte nel 2020 dal LabDia – in collaborazione con ENEA, IRET-CNR e XGLAB-Bruker – sul “Trionfo di Galatea”, dipinto nel 1512 da Raffaello  nella Sala di Galatea a Villa Farnesina, oggi sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei.

L’Accademia ha coinvolto il Laboratorio di Spoleto in considerazione della decennale esperienza dei suoi tecnici e della disponibilità delle più aggiornate strumentazioni diagnostiche portatili e non invasive, in occasione della mostra per il V centenario dalla morte di Raffaello, che si è tenuta alla Farnesina tra ottobre 2020 e gennaio 2021.

L’uso del “blu egizio” è stato individuato in tutto il cielo, il mare e persino negli occhi di Galatea.

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