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Giovanni Guidi: “Mio padre non voleva che facessi il musicista, Enrico Rava la mia grande guida”

FOLIGNOMario Guidi, papà di Giovanni, ci ha lasciati cinque anni fa a causa di una male incurabile.
A cinque anni dalla scomparsa, gli “Amici della musica di Foligno” ne ricordano la grande professionalità oltre alla sua grande umanità, con un concerto del figlio Giovanni, pianista e tra i migliori talenti del jazz italiano, insieme al più noto jazzman italiano, il trombettista Enrico Rava.

Il concerto si svolgerà questa sera con inizio alle ore 21 all’auditorium San Domenico di Foligno.
Mario Guidi fonda nel 1991 la MGM Produzioni Musicali, agenzia tra le migliori a livello internazionale che l’ha condotto nel 2018 alla vicepresidenza dell’Associazione nazionale IJN legata alla Federazione Nazionale Il Jazz Italiano. Tra i “suoi” musicisti ci sono grandi nomi del panorama mondiale, Enrico Rava, Doctor 3, Paolo Fresu, Stefano Bollani, John Scofield, Steve Swallow, Carla Bley e Bill Frisell.
Consolidate le collaborazioni con i più prestigiosi festival jazz, così come i tour a New York, San Paolo, Rio De Janeiro, Buenos Aires, Brasilia, Salvador de Bahia, Dublino, Berlino, Seoul, Hong Kong.
Ne parliamo con Giovanni Guidi, suo figlio.

– Cosa è stato Mario Guidi da un punto di vista anche musicale, per quanto riguarda sia i suoi gusti che la sua competenza?
Per me, se parliamo del ruolo che ha svolto nella mia vita, ovviamente fondamentale, determinante, sia all’inizio per lo sviluppo della mia passione per questa musica, per tutto l’ascolto che ho fatto addirittura prima di nascere nella pancia di mamma.
E sia perché grazie a lui ho vissuto in una condizione ideale quando neanche suonavo, quando neanche pensavo di fare il musicista o, per assurdo, incontrare i musicisti con i quali ha lavorato. E poi perché, questo non l’ho mai negato e non ho nessun dubbio, ha inciso su quella che è la mia carriera che sia meritata o no. Ho vissuto una condizione particolarissima, dicevo, perché suonavo a 20 anni con Enrico Rava, non tanto perché lui era il suo manager, ma perché io la musica di Rava la conosco da sempre, sono nato nella musica di Rava.y

Enrico Rava, foto Andrea Boccalini

– Anche perché Enrico Rava in qualche modo è stato il tuo scopritore, è lui che t’ha voluto.
Ti dico la verità: papà non era convinto per niente, non mi augurava di fare questa vita, anche se nel mio caso è andata bene, più o meno, perché poi succede che c’è il lockdown due anni, in coincidenza con la morte di papà, e ti ritrovi in una situazione completamente diversa, fare il musicista è anche questo, no? Per cui non è che mi fregava di fare questa cosa. Enrico mi chiamò nel suo primo gruppo Under 21 ma detto molto francamente, ancora prima che io fossi realmente pronto per farne parte. E quella è stata un po’ una scuola, nel senso che io, in pochissimo tempo, sono dovuto diventare da un ragazzo di talento, un professionista. E questo solo Enrico lo fa, questa cosa di rischiare anche sul futuro, non solo avere già delle cose certe.
– Sì, ma magari non lo fa e non lo ha fatto solo con te, Rava ha sempre dedicato molta attenzione ai giovani talenti.
No, no, Enrico Rava, come tutti i grandissimi, facendo un paragone con il calcio, si comporta come un grande allenatore con un giovane centravanti. Pian piano lo inserisce nel gruppo e non è da un giorno all’altro lo porta nella prima squadra. Crea della situazioni che ti fanno passare progressivamente dal gruppo dell’Under 21 alla formazione definitiva. Per fare questo ci vuole una grandissima abilità, tanto che ci sono altri musicisti, senza fare nomi, che tentano di fare quel che fa Enrico Rava. Ma nessuno riesce come lui. Ti posso dire Stefano Bollani, Petrella, io appunto… si parla sempre di noi tre; ma in realtà ci sono molti altri esempi: i batteristi, Emanuele Maniscalco, Enrico Morello, Gabriele Evangelista, Francesco Ponticelli. E’ una lista infinita che lui e solo lui è in grado di stilare come formatore.
– Tu insomma riconosci in Enrico Rava il vero mentore del jazz italiano?
Sì, infatti, perché poi con la sua musica Enrico, in realtà, ti dà tantissimo spazio.
Io avevo libertà totale di fare qualsiasi cosa volessi, anche di iniziare un pezzo senza che intervenisse lui.
Per cui ti mette in una posizione in cui compi una crescita enorme.
Intendiamoci, non che il giovane musicista va a fare il solo mentre Enrico Rava ti accompagna gentilmente, ti mette però nella posizione ottimale per poterti assumerti delle responsabilità enormi.
– Ricordi qualcosa del rapporto tra Enrico e Mario?
Io ricordo, e me lo ha detto mamma anche ieri, che l’ultima telefonata prima che papà morisse è stata di Enrico Rava. E questo dice tutto. Il papà dormiva, non riusciva a rispondere e disse a mamma: “Digli che sto dormendo così sta tranquillo”. La mattina dopo alle otto, ho chiamato Enrico per dire che papà era morto.
Già da molti anni, non vivevo a casa, ma so che quando rientravo papà si sentiva spesso con Enrico e parlavano anche di cose extra lavorative, moltissimo. C’è infine da dire che papà si è preoccupato sino all’ultimo di Enrico.
Nel senso che adesso Enrico lavora con Nicola Adriani come manager, che è da considerare un po’ l’“erede” di Mario nel settore specifico. Quindi, in questo senso, c’è ancora oggi una continuità con il lavoro di MarioSì: voglio dire che mio padre si è preoccupato che Enrico rimanesse in buone mani. Ha scelto di morire senza lasciare nulla a caso. Poi, anche per me, aveva immaginato delle cose, io le ho ripassate tutte. Per quanto riguarda Enrico, sicuramente papà adesso dorme sonni tranquilli.
– A proposito del programma musicale di questa sera, cosa farete?
Per il programma con Enrico non si sa mai: può decidere lui, posso decidere io, poi la cosa bella e che lui ed io non suoniamo da tempo insieme, anche se penso che io sia il musicista con cui ha suonato di più anche nella sua lunga carriera. Però non suoniamo assieme dal luglio 2022, a parte una breve cosetta che abbiamo fatto alla Casa del Jazz sempre per papà a dicembre. Per cui sarà bello, perché lui e io siamo come due parenti, zio-nipote-nonno, siamo un sacco di cose. Sarà come due persone che si rincontrano a cena e si ritrovano a parlare di fronte a un pubblico.
– Tra di voi c’è un quindi un rapporto che si potrebbe definire empatico.
Sì, c’è stato per tanti anni e sono curioso di vedere cosa accadrà dopo qualche tempo in cui sia io che lui abbiamo preso strade diverse. Perché poi la grandezza di Enrico Rava è soprattutto questa: non tanto quando ti tiene in gruppo ma quando ti lascia andare per iniziare le cose solistiche.
Oggi per me il regalo più grande di Enrico è stato avere tutto quello che ho avuto per poi essere lasciato andare.

Foto di coperetina: Roberto Cifarelli

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