PERUGIA – E’ umbro, folignate, figlio quasi d’arte (suo padre Mario è il manager di Enrico Rava e vari altri grandi jazzmen), suona il piano sin da bambino. E lo suona divinamente. Tanto da conquistare in un manipolo di anni la fama di musicista europeo tra i più blasonati. La Ecm, etichetta discografica tedesca al top nel settore specifico del jazz europeo, gli ha puntato gli occhi addosso e Giovanni Guidi in quintetto è in uscita in questi giorni con il sesto album con il marchio Ecm. Si intitola “Avec le temps”, dal titolo di un brano di Leo Ferrè, anche se non si tratta di un tributo al cantautore francese, quanto piuttosto un omaggio all’amore. Quello stesso amore che spesso ricorre nelle parole di Giovanni. Amore in senso ampio: fraternità, solidarietà, mutuo soccorso. Proprio ieri Giovanni Guidi si è reso protagonista a Foligno sulle sponde del fiume Topino di un flash mob di solidarietà nei confronti della Mare Jonio, la nave con 49 migranti a bordo, bloccata a Lampedusa, anche se successivamente gli uomini e le donne a bordo, tra cui 15 minori, sono stati trasferiti a Porto Empedocle. La manifestazione organizzata ieri da Giovanni, dalle 11 alle 14, è stata una bella festa molto partecipata da tutte le fasce della popolazione, ma soprattutto da giovani che hanno vivacizzato con i loro colori, la bella giornate di sole. Ma sulle motivazioni che spingono un giovane e affermato musicista al top europeo a impegnarsi anche socialmente ecco le stesse parole di Giovanni Guidi.
Hai una spiccata sensibilità sui temi sociali, lo dimostri sia con i tuoi post su Facebook, tra l’altro recentemente anche quello sul caso dei bambini di colore umiliati dal maestro di Foligno.
“Ieri abbiano fatto un flash mob lungo il fiume Topino: è stata una grossa merenda di comunità, dalle 11 alle 14 a sostegno della nave Mare Jonio, questa nave che di fatto è stata sequestrata dal governo italiano nonostante abbia salvato delle vite. Ed è stata una grande festa che ho promosso io. Una festa per tutti le generazioni, dagli anziani ai bambini”.
Tu pensi che il ruolo del musicista, dell’artista debba necessariamente anche avere una funzione sociale?
“Penso di no. Ma per come intendo io il ruolo dell’artista, è obbligatorio. Per cui direi: il ruolo dell’artista si può svolgere in molti modi. Il ruolo con cui intendo svolgerlo io, mi impone di occuparmi dei problemi sociali. Anzi, ti dirò di più: niente di quello che faccio è scisso, non è che domani non c’è la musica, o non c’è la vita politica. In realtà la mia visione è un insieme di tante cose, dove ci sono in mezzo Liberorchestra (orchestra formata da ragazzi disabili voluta da lui stesso, n.d.r.), ci stanno in mezzo persone, amici, i ragazzi africani, colleghi musicisti. Domenica il flash mob e lunedì un concerto con Fabrizio Bosso. Ci tengo anche a dirlo, perché sembra che ci si voglia mettere al centro dell’attenzione. Ma penso che chi ha l’occasione di avere un pubblico che a volte paga per ascoltarti, in una fase come questa, se ha idee, pensieri e parole e li vuole esprimere per me è cosa sana, buona e giusta”.
Ma come definiresti l’attuale situazione politica?
“La situazione mi sembra grave. Te la riassumo con il fatto che è stata sequestrata una nave che ha salvato 49 persone ed è stata sequestrata da chi deve 49 milioni di euro agli italiani”.
Molti però ritengono che questa strategia politica serva anche per alzare la voce nei confronti dell’Europa…
“Questo lo trovo anche un po’ vigliacco. Nel senso che per alzare la voce nei confronti di una donna, tra l’altro, che è la Merkel, tu devi tenere gli ostaggi in mare. Ma la strategia vera è che si sta parlando sempre degli stessi problemi: migranti, omosessuali. Ma il vero problema è sempre quello: che un manager guadagna 150 volte più di un operaio. Ci stanno distogliendo dai veri problemi e in più ci stiamo dividendo tra poveri italiani e poveri africani o poveri migranti”.
Ma tu come interverresti?
“Io dico che non è vero che non c’è posto: di fronte a persone che altrimenti morirebbero, ci stringiamo. E l’Umbria è uno splendido esempio di inclusione e di accoglienza, perché ricordo che ci siamo stretti tantissimo anche quando non si poteva andare nei centri storici di gran parte delle città. Per cui non è una cosa che gli italiani non sanno fare, affrontare l’emergenza ed esprimere solidarietà in modo creativo e divertente. Penso che l’arte può aiutare un po’ in questo”.